Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15004 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15004 Anno 2015
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 17/07/2015

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

DE TOMASO GIOVANNI, rappr.e e dif. dall’avv. Maurizio Villani, con elezione
di dom. presso lo studio di questi in Lecce, via Cavour, n.56, come da procura a
margine dell’atto
-ricorrente Contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in persona
dei 1.r.p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi
uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
P

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estensore ons. m. ferro

-controricorrenti4

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale Puglia 26.4.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 27 marzo 2015
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Federico Sorrentino,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

IL PROCESSO
Giovanni Detomaso impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale Puglia 26.4.2007 che, accogliendo l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza
C.T.P. Bari 263/21/2006, resa in tema di silenzio rifiuto nei confronti di istanza di
rimborso IRPEF per le eccedenze d’imposta trattenute sulla pensione erogata dalla
previdenza sociale del Lussemburgo, presso cui l’assegno era maturato in capo al
predetto contribuente, ne affermò la legittimità.
Ritenne la C.T.R., riepilogata la vicenda siccome riferibile all’istanza di rimborso
presentata per l’IRPEF per euro 2.122,26 relativa al 2002 e 756,76 in autotassazione
d’acconto versati per il 2003 in Italia, nonostante l’erogazione della pensione
provenisse dal Lussemburgo, che andasse riformata la sentenza della C.T.P., sul
presupposto che il temperamento del principio di divieto della doppia imposizione,
come sancito dall’art.18 della Convenzione tra Italia e Lussemburgo, implicava una
circostanza, la tassazione effettiva della pensione, nella specie assente, perché sulla
pensione pagata all’estero nessuna ritenuta a titolo d’imposta era stata operata, stante
la classe dell’importo corrisposto al beneficiario cittadino italiano.
Il ricorso è articolato su due motivi, cui resiste Agenzia delle Entrate (con il
Ministero dell’Economia e delle Finanze) con unico controricorso.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art.360 co.1 n.5
cod.proc.civ., il vizio di omessa motivazione circa fatto controverso e decisivo
attinente alla tassazione.
Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di legge ai sensi
dell’art.18 par. 1 e 2 1. n.747/1982, avendo errato la C.T.R. ove ha trascurato che la
Convenzione Italia — Lussemburgo presuppone il rispetto, da parte del nostro
ordinamento, del sistema impositivo dello Stato erogante, nella specie la regola di
non tassazione in concreto seguita stante l’importo della pensione erogata, non
potendo allora il medesimo emolumento essere tassato per ciò solo in Italia.
1. Va premesso che il controricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze
è inammissibile poiché, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, divenuta
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estensore con

.ferro

udito l’avvocato dello Stato Carla Colelli per l’Agenzia delle Entrate;

2. Il primo motivo è inammissibile, in quanto — oltre a riportare, al pari della narrativa,
passi di una pretesa motivazione della sentenza della C.T.R. del tutto assenti nel
relativo testo e comunque riferibili a diversa questione e normativa, il credito
d’imposta di cui all’art.8 legge n.388 del 2000, estraneo alla vicenda — la censura è
strutturata in modo generico, omettendo di cogliere l’evidente relazione, espressa nella
sentenza impugnata, tra l’art.18 1. n.747/1982 e il principio della tassazione anche in
Italia dei redditi conseguiti all’estero (oggetto di riassunto quanto alle tesi dell’Ufficio,
cui esplicitamente la C.T.R. aderisce) e comunque non rispettando il principio per cui
non è esaminabile, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., per le cause ancora ad esso
soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
qualora non sia stato formulato il quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo
di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo
controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la ratio che
sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze nomofilattiche dell’accesso
alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del
solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (Cass. 24255/2011).
3. Il secondo motivo è infondato, ove da un lato non coglie la ratio della decisione
impugnata che, nel riportare (per due volte) la circostanza dell’omessa imposizione in
Lussemburgo della pensione in quello Stato maturata e riscossa dal contribuente
cittadino italiano, interseca tale elemento tra quelli implicitamente interni al perimetro
di operatività dell’art.18 della citata Convenzione con l’Italia, non potendosi per
definizione negare che innanzitutto si ponga una questione ancor preliminare al
divieto della doppia imposizione se, come avvenuto nella specie, la pensione oggetto
di controversia nemmeno sia stata oggetto in fatto di tassazione presso lo Stato di
erogazione e dunque dovendosi riconoscere corretta l’applicazione del più generale
worldwide principle. In ogni caso, e dall’altro lato, la sentenza dà conto di un’adesione alla
tesi cd. impositiva dell’Ufficio, riportata diffusamente in parte narrativa e dunque
potendosi affermare rispettato il principio per cui la pensione di vecchiaia erogata
dall’istituto lussemburghese di assicurazioni contro la vecchiaia e l’invalidità ad un cittadino italiano
residente in Italia rientra nella previsione del paragrafo 2 dell’art. 18 della Convenzione tra Italia e
Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni del 3 giugno 1981, (ratificata con legge 14 agosto
1982, n. 747), dovendosi riconoscere all’espressione “sicurezza sociale”, contenuta nella norma citata,
un signOcato ampio e come tale comprensivo tanto dei diritti di previdenza che di quelli di assistenza,
con la conseguenza che essa è sottoposta alla potestà impositiva di entrambi gli Stati, nella misura
stabilita nei rispettivi ordinamenti tributari, fermo restando l’obbligo, previsto dall’art. 24 della
medesima convenzione, di prevedere, da parte dello Stato di residenza, strumenti atti ad evitare in
concreto il verificarsi del doppio prelievo. (Cass. 1550/2012, 12464/2014). Né nella specie il
contribuente, pensionato italiano già lavoratore in Lussemburgo e di cui va predicata
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estensore

s. m.ferro

operativa dal 10 gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della
stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione
tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione ad causam e ad
pro cessum nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetti
esclusivamente all’Agenzia (Cass. s.u. 3118/2006).

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DfQ D P K. 96/4/19%

la qualità di attore in senso sostanziale in tema di domanda di rimborso di credito
d’imposta (Cass. 21197/2014), ha diversamente argomentato sulla regola del divieto
della doppia imposizione almeno introducendo una distinzione circa l’origine e la
causa degli emolumenti in assegnazione, limitandosi ad invocare un regime di
intangibilità assoluta di quanto ricevuto, poiché meramente connesso alla regolazione
lussemburghese del pagamento della pensione in quello Stato, ciò di per sé
costituendo — a suo avviso — la condizione giuridica per determinare il diritto al
rimborso di quanto, sulle stesse somme, eventualmente e per la prima volta trattenuto
in Italia. In realtà, presupposto del credito di rimborso è che la doppia imposizione sia
stata effettiva, e cioè che il contribuente — cui compete, come visto, l’onere della prova
in tema — abbia pagato (o abbia subito il prelievo) di un’imposizione tributaria in
entrambi gli ordinamenti e sulle stesse somme. Di tale prova non v’è traccia nella
sentenza impugnata, la quale anzi ha negato la circostanza.
4. Né diversa sorte può infine essere riservata alla richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia,
per una corretta interpretazione del citato art.18, non solo per la collocazione del tutto
impropria della generica sollecitazione (inserita tra le conclusioni e non tra i motivi di
ricorso, né anticipata da alcuna illustrazione critica), ma per la totale assenza di
motivazione, correlata alla ratio decidendi della pronuncia impugnata, alla cui stregua il
Collegio possa vagliare la manifesta contrarietà dell’interpretazione seguita dalla
C.T.R. rispetto all’ordinamento comunitario, di cui non è stato indicato quale
disposizione o principio giurisprudenziale possano fungere da parametri comparativi e
di confronto. Va poi osservato che, in tema, può farsi applicazione del principio per
cui “non sussistono i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione
europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ove la parte si
limiti a censurare direttamente l’incompatibilità con il diritto dell’Unione delle conseguenze “di fatto”
derivanti dall’interpretazione del diritto interno senza sollecitare un’interpretazione generale ed
astratta di una normativa interna.” (Cass. 6862/2014).
Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna della parte al pagamento delle spese
secondo le regole della soccombenza e come meglio liquidato in dispositivo.

P.Q.M.

N. 131 (AH. ALL. B. – N.5
A1ERIA TRIBUTARIA

La Corte dichiara inammissibile il controricorso del Ministero dell’Economia e delle
Finanze; rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento in favore di Agenzia delle Entrate, liquidate in euro 1.800, oltre alle
eventuali spese prenotate a debito. P’7 .ITA1O IN CANCELLERIA
IL

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2015.

LUEL

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