Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15003 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15003 Anno 2015
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 17/07/2015

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

+1,

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

FIORUCCI MARIA
-intimatoper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale Marche 8.3.2007;
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est- .i.

ons. m. ferro

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 27 marzo 2015
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito l’avvocato dello Stato Carla Colelli per l’Agenzia delle Entrate;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Federico Sorrentino,
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale Marche 8.3.2007 che, rigettando l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza
C.T.P. Pesaro 405/01/2005, resa in tema di silenzio rifiuto nei confronti di istanza di
rimborso IRPEF per gli anni 1989-1997 per le eccedenze d’imposta trattenute sulla
pensione erogata dalla previdenza sociale del Lussemburgo, presso cui l’assegno era
maturato in capo al marito defunto di Maria Fiorucci, ne ribadì la illegittimità quanto
peraltro ai versamenti che la sentenza riferisce essere stati effettuati in tre soluzioni
nel 1998, su domanda del 2001.
Ritenne la C.T.R., riepilogata la vicenda siccome riferibile all’istanza di rimborso
presentata per l’IRPEF degli anni dal 1989 al 1997 inclusi e per euro 4.411, che
andasse confermata la sentenza della C.T.P., sul presupposto da un lato che la
domanda era stata interposta nei 48 mesi di cui all’art.38 d.P.R. n. 602 del 1973 e
dall’altro che era risultata l’effettività della doppia imposizione.
Il ricorso è articolato su cinque motivi.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art.360 co.1 n.4
cod.proc.civ., la violazione di legge ai sensi dell’art. 112 cod.proc.civ., avendo la
C.T.R. omesso di pronunciare sull’eccezione di inammissibilità della domanda di
rimborso ove riferita a pagamento — per gli anni dal 1989 al 1995 – di ritenute
aggiuntive prima versate dalla contribuente in sede di condono e poi chieste a
restituzione.
Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art.360 co.1 n.3
cod.proc.civ., la violazione di legge ai sensi dell’art.38 d.P.R. n. 602 del 1973 e
dell’art.9bis 1. n. 140/1997, avendo violato la C.T.R. il principio generale della
irripetibilità delle somme versate a seguito di domanda di condono, esercitato dalla
contribuente per gli anni 1989/1995.
Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art.360 co.1 n.5
cod.proc.civ., il vizio di motivazione, non avendo la C.T.R. indicato da dove ha
tratto il proprio convincimento in ordine alla tassazione della pensione percepita in
Lussemburgo.
Con il quarto motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art.360 co.1 n.3
cod.proc.civ., la violazione di legge ai sensi dell’art.18 par. 1 e 2 1. n.747/1982,
avendo errato la C.T.R. ove ha trascurato la differenza tra pensioni di vecchiaia
erogate dall’istituto lussemburghese a cittadino ora residente in Italia e trattamenti
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estensor

s. m.ferro

IL PROCESSO

1. Il primo e il secondo motivo, da trattare unitariamente perché connessi, sono fondati.
Al di là della connotazione più o meno specifica con cui, tra i motivi d’appello, il
rilievo dell’avvenuto condono per gli anni 1989-1995 ha riguardato i redditi prima non
dichiarati in Italia dal contribuente, circostanza comunque verificata siccome esposta a
pagina 9 terz’ultimo periodo dell’atto di appello di Agenzia delle Entrate, opera in
tema il principio per cui in materia di condono fiscale, indipendentemente dalla
diversità delle regole giuridiche dettate da ciascuna legge in ordine alle modalità di
accesso, alle condizioni e agli effetti dei benefici premiali, trova applicazione una
regola comune, in virtù della quale, mentre non è vietata in assoluto la compensazione
tra il dare e l’avere del Fisco e del contribuente, in riferimento agli anni d’imposta
oggetto di definizione agevolata, non è in nessun caso consentita, relativamente ai
medesimi anni, la restituzione delle somme versate dal contribuente. Così l’intervenuta
formazione di un nuovo titolo giuridico, a partire da un quadro normativo generale ed
astratto, ma con l’adesione volontaria del contribuente e il controllo del possesso dei
requisiti da parte dell’Amministrazione, costituisce mezzo idoneo a definire le opposte
pretese, azzerando le richieste di rimborso del contribuente così come le ulteriori
pretese del Fisco, proprio in conseguenza del fatto che il primo in parte versa, e in
parte si obbliga a corrispondere quelle somme di denaro che il secondo esige, in base
a parametri legislativi predeterminati, eventualmente applicati in concreto agli
accertamenti precedentemente eseguiti (o, si aggiunge, comunque eseguibili) dal Fisco
e ritenuti convenienti dal contribuente in base ad un suo insindacabile apprezzamento
(Cass. 20741/2006). Tale circostanza dev’essere conciliata con il parallelo principio, al
quale parimenti il Collegio intende dare continuità, per cui, nel contenzioso tributario,
ove la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di
rimborso di un tributo, come nella specie, il contribuente è attore in senso non solo
formale ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di
allegare e provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato
e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la
qualificazione ad essi attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna
preclusione processuale. Ne consegue che l’esclusione del diritto al rimborso,
derivante dall’adesione del contribuente al condono, può essere dedotta per la prima
volta anche in appello dall’Amministrazione finanziaria, trattandosi di questione che,
pur non esclusivamente processuale, partecipa a tale natura ed è, dunque, rilevabile
d’ufficio (Cass. 21197/2014). La sua decisività, in concreto, andava dunque assunta
come questione su cui emettere una pronuncia espressa che invece la C.T.R. ha del
tutto omesso.

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estensidons. m.ferro

pensionistici volti a garantire la sicurezza sociale, prescindenti dal rapporto di lavoro
e dai contributi obbligatori.
Con il quinto motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art.360 co.1 n.3
cod.proc.civ., la violazione di legge ancora ai sensi dell’art.18 par. 1 e 2 1. n.747/1982
e dell’art.15 TUIR, avendo la C.T.R. trascurato che il meccanismo che neutralizza
l’eventuale doppia imposizione è, nel nostro ordinamento, il riconoscimento di un
credito fiscale.

ENTE DA REGISTRAZIONI
Al SENSI DEL D.P.R. 2614119t6
N. 131 TAB. ALL. W • N. 3

2. Il riportato secondo precedente integra poi, a sua volta, le ragioni di accoglimento
del terzo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento dei restanti. Posto invero il
principio per cui la pensione di vecchiaia erogata dall’istituto lussemburghese di assicurazioni
contro la vecchiaia e l’invalidità ad un cittadino italiano residente in Italia rientra nella previsione
del paragrafo 2 dell’art. 18 della Convenzione tra Italia e Lussemburgo per evitare le doppie
imposizioni del 3 giugno 1981, (ratificata con legge 14 agosto 1982, n. 747), dovendosi riconoscere
all’espressione “sicurezza sociale”, contenuta nella norma citata, un significato ampio e come tale
comprensivo tanto dei diritti di previdenza che di quelli di assistenza, con la conseguenza che essa è
sottoposta alla potestà impositiva di entrambi gli Stati, nella misura stabilita nei 1 ifp ettivi
ordinamenti tributari, fermo restando l’obbligo, previsto dall’art. 24 della medesima convenzione, di
prevedere, da parte dello Stato di residenza, strumenti atti ad evitare in concreto il verificarsi del
doppio prelievo. (Cass. 1550/2012, 12464/2014), nella specie la C.T.R. si è limitata ad
invocare la regola del divieto della doppia imposizione senza operare alcuna
distinzione circa l’origine e la causa degli emolumenti in assegnazione al pensionato
italiano già lavoratore in Lussemburgo, solo presupponendo che il pagamento delle
pensioni in quello Stato, costituendo esse a loro volta base imponibile con
conseguente tassazione, di per sé determinasse il diritto al rimborso di quanto, sulle
stesse somme, eventualmente trattenuto in Italia. In realtà, presupposto del credito
di rimborso è che la doppia imposizione sia stata effettiva, e cioè che il contribuente
— cui compete, come visto, l’onere della prova in tema — abbia pagato (o abbia
subito il prelievo) di un’imposizione tributaria in entrambi gli ordinamenti e sulle
stesse somme. Di tale prova non v’è traccia nella sentenza impugnata, la quale ha
ricostruito il quadro giustificativo della decisione solo collegando il regime astratto
delle pensioni in Lussemburgo all’insorgenza del credito di rimborso per doppia
imposizione avvenuta anche in Italia, circostanza di cui, nella sua complessità e
completezza, non si dà conto, né bastando a tale scopo un generico rinvio alla
“visione degli atti” per ricostruire come la tassazione della pensione sociale sia
avvenuta, senz’altre indicazioni documentali più specifiche che rendono del tutto
carente, in questa sede, il giudizio sulla congruità della motivazione.
Ne conseguono, accolti i primi tre motivi di ricorso e assorbiti i recanti la cassazione
DEPOSItATO I N C ELLER1A
e il rinvio alla C.T.R., anche per la liquidazione delle spese.
L

P.Q.M.

Il Funi
Marcel

udi ‘arie
ON

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa e
rinvia a C.T.R. Marche, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese
del procedimento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2015.

MATERIA TRIOUTAIM

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