Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15000 del 02/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15000 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso 20959-2011 proposto da:
BALISTRERI SRL 00583510862, in persona del proprio legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 90,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI VACCARO, rappresentata
e difesa dall’avvocato MINACAPILLI ANTONINO giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore in carica,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/07/2014

avverso la sentenza n. 309/21/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO SEZIONE
DISTACCATA di CALTANISSETTA del 17/05/2010, depositata il
15/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consi

BOGNANNI;
udito l’Avvocato Vaccaro Giuseppe (delega avvocato Vaccaro
Giovanni) difensore della ricorrente che si riporta agli scritti e chiede il
rinvio alla P.U.

Ric. 2011 n. 20959 sez. MT – ud. 08-05-2014
-2-

dell’08/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Sesta (Tributaria)
R.G. ric. n. 20959/11

Ricorrente: società Balistreri srl.
Controricorrente: agenzia entrate

Ordinanza
Svolgimento del processo

1. La società Balistreri srl., già Balistreri Paolo srl. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Sicilia, sez.
stacc. di Caltanissetta, n. 309/21/2010, depositata il 15 giugno
2010, con la quale, accolto l’appello dell’agenzia delle entrate
contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione relativa
all’avviso di accertamento in rettifica per l’Iva, inerente
all’anno d’imposta 1997, veniva rigettata. Si trattava di commercio di articoli di abbigliamento ed affini. In particolare il giudice di secondo grado osservava che alcuna prova era stata • n’ta
dall’appellata in ordine ai dedotti finanziamenti dei so p ripianare le perdite a fronte dei maggiori ricavi riscontrati dalla
Guardia di finanza in sede di verifica, come pure delle pretese
detrazioni per note di credito, peraltro giusta i rilievi evidenziati dagli stessi militari, i quali avevano tenuto conto anche
degli sconti praticati per ammodernamento di magazzino, applicando
una media ponderata abbastanza contenuta per il ricarico, tenuto
anche conto del verbale di assemblea, nel quale le maggiori somme
figuravano invece indicate come finanziamenti in conto capitale,
ma nessuna attribuzione ad incremento di esso risultava dal conto
economico e dal bilancio, come pure alcuna documentazione, sia pur
minima, veniva offerta, in ordine ai tempi, modalità, o titolo,
con cui essi sarebbero stati effettuati. Inoltre oltre alle giacenze iniziali si era tenuto conto degli acquisti, come pure di
quelle finali. Pertanto non poteva non scattare la prova presuntiva, per la quale l’onere di quanto addotto a sostegno della conte3

Oggetto: opposizione ad accertamento per maggior reddito,

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stazione non poteva non spostarsi sulla contribuente. L’agenzia
delle entrate resiste con controricorso, mentre la ricorrente ha
depositato memoria.
Motivi della decisione

2. Preliminarmente va rilevato che la statuizione del giudice

C27.960,00 con riferimento ai maggiori ricavi e alla indetraibilità delle note di credito, non impugnata dalla contribuente, non
costituitasi in appello, ormai risulta coperta dal giudicato interno ex art. 56 D.lgs. n. 546/92 e 346 cpc.
3. Ciò premesso, col primo motivo la ricorrente deduce vizi di
omessa e insufficiente motivazione, in quanto la CTR non enunciava, se non in modo apodittico, le ragioni, in virtù delle quali
perveniva al convincimento che le contestazioni originarie
dell’appellata società fossero infondate, e comunque sfornite di
prova, nonostante che esse fossero state esplicitate nel ricorso
introduttivo, come pure nella memoria dell’8.5.2006, mentre la
pretesa erariale poggiava in sostanza unicamente su una presunzione di secondo grado: “praesumptio de presumpto”.
Il motivo è inammissibile perché generico, dal mom o che la
ricorrente non ha riportato il tratto del ricorso introduttivo,
attinente al punto riguardante la prova del suo assunto, ed in
particolare quello del ricorso in appello dell’agenzia avente ad
oggetto proprio la questione relativa alla dimostrazione delle ragioni addotte dinanzi al giudice di primo grado, senza che al riguardo si possa costringere la Corte in sede di legittimità
all’esame degli atti concernenti i giudizi di merito. Invero l’onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art.
366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.), qualunque sia il tipo di
errore (“in procedendo” o “in judicando”) per cui è proposto, non
può essere assolto “per relationem” con il generico rinvio ad atti
del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto,
essendovi il preciso onere di indicare, in modo puntuale, gli atti
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di primo grado, attinente alla ripresa a tassazione della somma di

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processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché
le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente
considerate, ad una diversa decisione e dovendo il ricorso medesimo contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di
legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo del-

cienza della motivazione della decisione impugnata (Cfr. anche
Cass. Sentenze n. 11984 del 31/05/2011, n. 20454 del 2005). Del
resto la Balistreri era già incorsa in decadenza nel non avere
sollevato contestazioni in sede di appello, per non essersi costituita, a mente dell’art. 56 D.lgs. n. 546/92).
4. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di norma di legge, e precisamente dell’art. 7 D.lgs. n. 546/92, giacchè
il giudice di appello non considerava che l’appellata aveva già
prodotto idonea documentazione per dimostrare la non debenza di
quanto preteso in più dall’appellante, come pure la CTR doveva acquisire semmai nuovi elementi nell’esercizio dei suoi pote istruttori, sicché l’appello doveva essere rigettato.

<---' La censura è doppiamente inammissibile. Infatti il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, ovvero violazione di legge, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice, e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all'art. 360, comma primo, nn. 3 ovvero 5), cod. proc. civ. In caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una ri3 la decisività dei punti controversi e della correttezza e suffi- 4 chiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di • cassazione, come nella specie (V. pure Cass. Sentenze n. 9233 del 20/04/2006, n. 26351 del 2005). Peraltro poi nel processo tributario, l'art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto norma eccezio- sioni tributarie, tra i quali la facoltà di ordinare il deposito di documenti necessari ai fini della decisione, trova applicazione solo quando l'assolvimento dell'onere della prova a carico del contribuente sia impossibile o sommamente difficile. Tale indefettibile condizione richiede, a carico della parte, l'allegazione e l'accertamento della specifica situazione di fatto che, nel caso concreto, abbia reso impossibile o sommamente difficile l'assolvimento dell'onere della prova, essendo insufficiente la mera affermazione dell'esistenza del presupposto, priva dell'allegazione relativa all'avvenuta sollecitazione del giudice del merito all'esercizio del predetto potere, come nel caso in esame (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 4589 del 26/02/2009, n. 4617 del 2008). Dunque su tale punto la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto. 5. Quindi anche in rapporto alle corrette vaIlitazio giuridiche del giudice di appello, le doglianze della ricorrente non riescono ad intaccare quelle del medesimo, onde queste vanno complessivamente condivise, con il conseguente rigetto del ricorso. 6. Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore della controricorrente, che si liquidano in complessivi €2.500,00(duemilacinquecento/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito. Roma, così deciso il 8 maggio 2014. nale attributiva di ampi poteri istruttori officiosi alle commis-

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