Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14999 del 28/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 28/05/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 28/05/2021), n.14999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11032/2015 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE I n. 209, presso lo studio dell’avvocato LUCA SILVESTRI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ERNESTO MARIA CIRILLO;

– ricorrente –

contro

E.N.A.C. – ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1865/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 20/10/2014 R.C.N. 896/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/03/2021 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte d’Appello di Palermo ha respinto l’appello proposto da G.S. avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento che aveva rigettato la domanda formulata nei confronti dell’ENAC – Ente Nazionale per l’Aviazione Civile volta ad ottenere l’accertamento del diritto ad essere inquadrato nell’area C, posizione economica C1, o in via subordinata nell’area B, posizione economica B2, a decorrere dal 1 giugno 2007, e la conseguente condanna dell’ente al pagamento delle differenze retributive;

2. il ricorrente, ex dipendente dell’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici, era stato illegittimamente trasferito alle dipendenze dell’IRITEL e con sentenza n. 436/2006 il Consiglio di Stato aveva accertato il suo diritto a rimanere alle dipendenze della Pubblica Amministrazione ed aveva ordinato ai Ministeri delle Telecomunicazioni e della Funzione Pubblica di attivare la procedura di mobilità, all’esito della quale era transitato alle dipendenze dell’ENAC, che l’aveva inquadrato nel livello B, posizione economica B1;

3. la Corte territoriale ha evidenziato che nella missiva del 21 agosto 2006 lo stesso G. aveva dichiarato di essere stato inquadrato alle dipendenze dell’IRITEL quale “operatore TLC”, qualifica sostanzialmente coincidente con la declaratoria contrattuale prevista per il livello B1 dal c.c.n.l. per i dipendenti del comparto enti pubblici non economici nonchè con la V qualifica funzionale prevista dal D.P.R. n. 285 del 1998;

4. ha aggiunto che l’assunto dell’appellante, secondo cui gli era stata attribuita dall’ente pubblico la VI qualifica, corrispondente al livello superiore qui rivendicato, non trovava riscontro nella documentazione prodotta, in parte inammissibilmente depositata solo in grado di appello, che si riferiva all’inquadramento riconosciuto sulla base del c.c.n.l. per i dipendenti SIP;

5. infine il giudice d’appello ha escluso la rilevanza della prova testimoniale, richiesta per dimostrare le mansioni svolte, in quanto l’inquadramento doveva essere effettuato operando il raffronto solo fra i contenuti professionali dei profili di inquadramento;

6. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.S. sulla base di un unico motivo, al quale ha opposto difese l’ENAC.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorso denuncia, con un unico motivo formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti; sostiene il ricorrente che la Corte avrebbe letto male le buste paga prodotte, dalle quali risulta che nel periodo antecedente il passaggio alle dipendenze dell’Iritel s.p.a. l’Azienda di Stato lo aveva inquadrato nella 6a qualifica funzionale, prima come perito e poi come revisore;

addebita al giudice d’appello di avere erroneamente ritenuto che la busta paga del marzo 1994 fosse riferibile all’Iritel, conclusione, questa, smentita dal fatto che a quella data egli prestata ancora servizio alle dipendenze dell’Azienda di Stato;

2. il ricorso è inammissibile perchè: sollecita una rivalutazione della prova documentale ed un giudizio di merito non consentito in sede di legittimità; non indica le ragioni per le quali la sentenza gravata sarebbe affetta da nullità; non specifica, nei modi indicati da Cass. S.U. n. 8053/2014, il fatto storico decisivo che il giudice d’appello avrebbe omesso di valutare;

2.1. è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui una censura relativa all’errata applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può essere formulata per lamentare un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice d’appello, perchè la violazione può essere ravvisata solo qualora il ricorrente alleghi che siano state poste a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o che il giudice abbia disatteso delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. fra le più recenti Cass. n. 18092/2020; Cass. n. 1229/2019, Cass. n. 23940/2017, Cass. n. 27000/2016);

2.2. è stato anche affermato, ed il principio deve essere qui ribadito, che la censura di violazione delle norme processuali predette non può legittimare una “trasformazione” in error in procedendo del precedente vizio di motivazione per “insufficienza od incompletezza logica”, vizio non più denunciabile in sede di legittimità (Cass. n. 23940/2017) e ciò perchè, all’esito delle modifiche apportate al codice di rito dal D.L. n. 83 del 2012, “il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. n. 11892/2016 e negli stessi termini Cass. n. 23153/2018);

2.3. quanto al vizio di omesso esame le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 34476/2019, nel rinviare a Cass. S.U. n. 8053/2014, Cass. S.U. n. 9558/2018, Cass. S.U. n. 33679/2018, hanno ribadito che “l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”;

3. applicando alla fattispecie i principi di diritto sopra richiamati si perviene alla necessaria dichiarazione di inammissibilità del ricorso perchè, come evidenziato nello storico di lite, la Corte territoriale ha valutato complessivamente le risultanze probatorie ed ha escluso che fosse stato provato l’inquadramento nella VI qualifica funzionale presso l’ente di provenienza, sicchè nessun omesso esame è ravvisabile nella fattispecie;

4. alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo;

5. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 11 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021

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