Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14993 del 16/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 16/06/2017, (ud. 17/11/2016, dep.16/06/2017),  n. 14993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9945-2011 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO VITTORIO

EMANUELE II 287, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO IORIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FALCONE giusta delega

a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 111/2010 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata l’08/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito per il ricorrente l’Avvocato FALCONE FRANCESCO per delega

dell’avvocato FALCONE GIUSEPPE che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’avvocato COLELLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.M. propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ha confermato il fondamento della pretesa avanzata con l’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF per l’anno 2003, con il quale gli era stata contestata la percezione, dalla srl Scatolificio Sandra, di compensi in nero.

Il giudice d’appello ha infatti rilevato che dal verbale di constatazione redatto in sede di verifica si riscontrava il ritrovamento, presso la srl Scatolificio Sandra, di un quaderno ove erano contabilizzate operazioni in nero effettuate dalla verificata e pagamenti in nero fatti a ” B.”, e di un libretto di deposito, intestato a un dipendente, recante pagamenti riconducibili a quelli del quaderno, e che l’indicazione della percentuale del 3% riferita alle somme indicate nel quaderno, corrisposte con cadenza quasi trimestrale, aveva fatto pensare a provvigioni sulle vendite che B. ed altri percepivano. In mancanza di indicazioni del legale rappresentante della società verificata, l’identificazione della persona corrispondente al nome B. aveva portato a B.M., amministratore della B. spa, perchè con tale soggetto la società verificata era risultata intrattenere regolari rapporti d’affari.

Ed ha ritenuto che da una siffatta ricostruzione risultava provato che il nome B. non poteva che corrispondere a B.M., il quale era il percettore delle somme indicate nel brogliaccio ed escluse dalla contabilità legale.

L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con i tre motivi del ricorso il contribuente si duole, rispettivamente sotto il profilo dell’error in procedendo, della violazione di legge e dell’omessa motivazione, della mancata indicazione della prova in base alla quale il giudice d’appello ha ritenuto che la somma indicata nell’avviso è stata percepita dalla persona fisica B.M..

I tre motivi del ricorso, da trattare congiuntamente siccome strettamente legati, sono infondati.

Nell’accertamento delle imposte sui redditi – come questa Corte ha in più occasioni avuto mododi affermare – “IL D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c), consente di procedere alla rettifica del reddito anche quando l’incompletezza della dichiarazione risulta “dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti”, da cui derivino presunzioni semplici, desumibili anche da documentazione extracontabile ed in particolare da “contabilità in nero”, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 c.c. e ss. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta” (Cass. n. 2094 del 2014: fattispecie relativa ad accertamento fondato sulla documentazione extracontabile di altro contribuente, reperita in sede di verifica nei confronti di quest’ultimo; Cass. n. 9210 del 2011).

Si è più volte chiarito come la cd. contabilità in nero, “costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39. Ne consegue che detta “contabilità in nero”, per il suo valore probatorio, legittima di per sè, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli” (Cass. n. 24052 del 2011 e n. 4080 del 2015).

Una prova siffatta nella specie, secondo il giudice d’appello, non è stata offerta dal ricorrente.

Con riguardo all’individuazione del soggetto percipiente i pagamenti in nero, infatti, la tesi della “assoluta mancanza di un elemento di collegamento tra il documento extra contabile e la persona fisica di B.M.” non sembra poggiare su solide basi.

La sentenza impugnata ha accertato, davanti all’asciutta indicazione del destinatario ” B.” nei documenti extra contabili, che “i verbalizzanti hanno proceduto ad identificare la persona corrispondente al nome B. e sono pervenuti al sig. B.M. che – come si evince dallo stesso ricorso per cassazione, a pag. 1, era della B. spa (oltre che socio) legale rappresentante; a pag. 2 il ricorso si riferisce alla stessa persona rilevando invece che “esiste una persona fisica B.M., attuale ricorrente” – risultava essere amministratore della B. spa, con la quale “la verificata (la srl Scatolificio Sandra) intratteneva regolari rapporti d’affari”.

In altri termini, davanti alla denominazione ” B.”, l’ufficio si è dapprima mosso nell’ambito dei soggetti con i quali lo Scatolificio già intratteneva regolari rapporti d’affari, e, una volta individuata la srl B., al soggetto denominabile ” B.” a quest’ultima più prossimo, vale a dire il suo legale rappresentante B.M. – vale a dire alla persona fisica che, in forza del rapporto organico, di quella società era espressione nella gestione dei regolari rapporti d’affari.

Il giudice d’appello ha ritenuto che dalla ricostruzione di cui sopra, sulla base di presunzioni logicamente coerenti fondate sulla prossimità commerciale, considerate gravi, precise e concordanti, risultava provato che il nome B. non poteva che corrispondere al sig. B.M., che sicuramente era il percettore delle somme indicate nel brogliaccio ed escluse dalla contabilità legale.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.000 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2017

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