Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14989 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 07/07/2011), n.14989

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso lo studio dell’avvocato TRIFIRO1 & PARTNERS,

rappresentata

e difesa dall’avvocato CORNA ANNA MARIA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 468/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/06/200, r.g.n. 3/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato PAOLO ZUCCHINALI per delega ANNA MARIA CORNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per: nuovo ruolo e in subordine

inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 6163/2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Milano accoglieva la domanda proposta da C.L. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane dichiarando la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti dal 13- 6-2002 al 31-8-2002, con conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato e condannando la società al pagamento delle retribuzioni maturate a decorrere dalla messa in mora della società.

In particolare il primo giudice affermava la genericità delle causali indicate nel contratto e comunque la assenza di una effettiva ricollegabilità della singola assunzione alle causali medesime (“esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002”).

La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda.

L’appellato si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata il 22-6-2006, respingeva l’appello, rilevando che le causali indicate erano generiche, non collegate in maniera più concreta al contratto individuale ed inoltre alternative.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con cinque motivi.

Il C. è rimasto intimato.

Infine la società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e vizio di motivazione, in sostanza deduce che “in nessun caso la norma in questione vieta il richiamo a plurime motivazioni o, comunque, dispone che il contratto debba indicare un’unica ragione giustificatrice del termine” e che non sussiste “alcuna astratta impossibilità che ricorrano più cause giustificatrici dell’assunzione a termine”, ben potendo le stesse essere tutte presenti al momento dell’assunzione stessa, come nella fattispecie.

Al riguardo la ricorrente rileva che “non è certo immaginabile che il processo di riorganizzazione in atto si sospendesse nel momento di attuazione del processo di mobilità interna cui fanno riferimento gli accordi richiamati nella lettera di assunzione” e che “anzi, a ben vedere, il richiamo agli accordi di mobilità contenuto nella lettera di assunzione non è altro che una specificazione delle esigenze tecniche connesse alla riorganizzazione in atto comprendenti anche il riposizionamento di risorse umane nel territorio, cui la procedura di mobilità mirava”.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando parimenti violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 deduce che “la causale indicata nel contratto è senz’altro sufficientemente specifica poichè precisa che le ragioni poste alla base dell’assunzione a termine del sig. C. sono la riorganizzazione aziendale, l’introduzione di nuove tecnologie, prodotti e servizi, nonchè l’attuazione degli accordi di mobilità, tutte circostanze notorie e comunque provate documentalmente”.

Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, deduce che la sentenza impugnata erroneamente ha ritenuto che essa società non avesse dimostrato la sussistenza nel merito delle allegate ragioni giustificative, essendo risultato “provato per tabulas” il contenuto degli accordi richiamati nella lettera di assunzione (v. doc. da 6 a 12 del fascicolo di primo grado e pag. 12-13 del ricorso con le parti salienti degli accordi richiamati), del resto notorio e non contestato, peraltro senza neppure dar corso all’istruttoria testimoniale richiesta al riguardo.

I detti primi tre motivi, connessi tra loro, risultano fondati e vanno accolti come di seguito.

Innanzitutto, come è stato affermato da questa Corte “l’indicazione di due o più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è in sè causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificatrice dello stesso, restando tuttavia impregiudicata la valutazione di merito dell’effettività e coerenza delle ragioni indicate” (v. Cass. 17-6-2008 n. 16396).

Tanto premesso, come è stato enunciato da Cass. 1-2-2010 n. 2279 e va qui ribadito, “in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (cfr. sentenza del 23 aprile 2000, in causa C-378/2007 ed altre; sentenza del 22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto; tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti” (come accordi collettivi richiamati nello stesso contratto individuale).

In particolare, poi, come è stato precisato da Cass. 27-4-2010 n. 10033, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell1 assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto”.

Con riguardo a questi ultimi questa Corte ha altresì chiarito che, “seppure nel nuovo quadro normativo … non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale”.

Orbene la sentenza impugnata, in contrasto con tali principi e con motivazione insufficiente, limitandosi a rilevare semplicemente il carattere “generico” e “alternativo” delle causali indicate, in realtà ha omesso di esaminare in concreto gli elementi di specificazione emergenti dal contratto de quo, attraverso i richiami agli accordi collettivi ivi contenuti, alla luce delle deduzioni della società, al fine di valutarne l’effettiva sussistenza nonchè la sufficienza sul piano della ricorrenza o meno del requisito di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. citato.

Vanno così accolti i primi tre motivi, restando assorbiti il quarto e il quinto (riguardanti le conseguenze della nullità del termine), e la impugnata sentenza va cassata, con la precisazione che, ove il giudice di rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, valuti come sufficientemente specificata la causale del contratto de quo, l’onere probatorio relativo alla effettiva ricorrenza nel concreto degli elementi così individuati, graverà sulla società datrice di lavoro e dovrà essere assolto sulla base della documentazione ritualmente acquisita al processo e della prova testimoniale dedotta (della quale erroneamente la Corte territoriale neppure ha valutato la specificità e la rilevanza alla luce dei principi sopra indicati).

Il giudice di rinvio statuirà anche in ordine alle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi, assorbiti gli altri, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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