Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14986 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 07/07/2011), n.14986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMEZIA 44,

presso lo studio dell’avvocato FERRI SUSANNA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BENEDETTO ANTONIO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

P0STE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

sul ricorso 21714-2007 proposto da:

POSTE POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato VELLA GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.V.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 542/2007 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 15/05/2007 r.g.n. 916/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega GIUSEPPE VELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per: inammissibilità del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 15 maggio 2007, la Corte d’appello di Genova, riformando la sentenza di primo grado, ha respinto le domande svolte da C.V. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, per ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato intercorso tra le parti dal 1 marzo al 30 giugno 2000, ai sensi dell’art. 8 del C.C.N.L. del 1994, come integrato dall’accordo nazionale del 25 settembre 1997, per far fronte ad “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del complessivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.

In proposito la Corte territoriale, dopo avere confermato la validità in astratto dell’accordo del 25 settembre 1997, che prevedeva la causale in questione a giustificazione dell’apposizione di un termine finale al contratto di lavoro, ha poi disatteso l’assunto del giudice di primo grado, secondo cui la società avrebbe dovuto fornire la prova di un nesso causale tra le esigenze temporanee connesse dal processo di ristrutturazione in atto presso di essa e l’assunzione della lavoratrice, onere probatorio non assolto.

Avverso tale sentenza C.V. propone ora ricorso per cassazione, notificato il 21 giugno 2007, affidandolo a quattro motivi, relativi : 1) alla violazione dell’art. 8 C.C.N.L. 26 novembre 1994, in riferimento alla L. n. 56 del 1987, art. 23; 2) alla violazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, per abuso di delega e per violazione degli artt. 1355 e 1375 c.c.; 3) alla violazione dell’art. 2697 c.c., L. n. 230 del 62, artt. 1 e 3; e infine 4) al vizio di motivazione nel necessario apprezzamento di un nesso di causalità tra le enunciate esigenze di riorganizzazione connesse alla creazione di nuovi servizi e al riequilibrio delle risorse umane e l’assunzione della C. per svolgere le mansioni di postino in una determinata zona per un determinato periodo dell’anno.

La società resiste alle domande della C. con rituale controricorso, proponendo altresì contestualmente ricorso incidentale condizionato relativo all’omessa motivazione in ordine alla deduzione di cessazione del rapporto di lavoro tra le parti, per mutuo consenso. La società ha infine depositato una memoria.

Motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, principale e incidentale, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., avendo ad oggetto una medesima sentenza.

Il ricorso principale è infondato, con conseguente assorbimento di quello incidentale condizionato.

Va infatti premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. S.U. n. 4588/06 e le successive conformi della sezione lavoro, tra le quali, da ultimo, Cass. n. 6913/09), la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, ha operato una sorta di “delega in bianco” alla contrattazione collettiva ivi considerata quanto alla individuazione di ipotesi ulteriori di legittima apposizione di un termine al rapporto di lavoro, sottratte pertanto a vincoli di conformazione derivanti dalla L. n. 230 del 1962 e soggette, di per sè, unicamente agli eventuali limiti e condizionamenti contrattualmente stabiliti.

Siffatta individuazione di ipotesi aggiuntive può essere operata anche direttamente, attraverso l’accertamento da parte dei contraenti collettivi di determinate situazioni di fatto e la valutazione delle stesse come idonea causale del contratto a termine (cfr., ad es., Cass. 20 aprile 2006 n. 9245 e 4 agosto 2008 n. 21063), senza necessità, contrariamente a quanto sostenuto col ricorso, di un accertamento a posteriori in ordine alla effettività delle stesse.

Quanto al tipo di contrattazione collettiva autorizzata a tale ampliamento, la citata L. n. 56, art. 23 si esprime in termini di “apposizione di un termine… consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale””.

La legge, come è evidente dal tenore letterale della stessa e dalla relativa ratio (che è quella di affidare a organizzazioni sindacali ampiamente rappresentative – ma non necessariamente col concorso di tutte – la valutazione di ipotesi di apposizione del termine che costituiscano una mediazione apprezzabile rispetto agli interessi coinvolti) e contrariamente a quanto sostenuto col primo motivo di ricorso, non distingue a seconda che si tratti di un contratto collettivo stipulato ad hoc oppure in occasione dei periodici rinnovi della disciplina collettiva dei rapporti di lavoro a livello nazionale ed eventualmente locale.

Va infine ricordato che questa Corte, nel decidere fattispecie analoghe alla presente, ha ripetutamente negato (cfr., per tutte, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866 e 20 marzo 2009 n. 6913), sulla base della considerazione dell’autonomia delle ipotesi aggiuntive la cui previsione è affidata dalla L. n. 56 del 1987 ai contraenti collettivi indicati, la necessità che quella di cui all’accordo in questione debba essere istituzionalmente contenuta in limiti temporali predeterminati, ove ciò non sia stabilito dai contraenti collettivi medesimi.

Poichè nel caso in esame la ricorrente non ha mai dedotto nel giudizio di merito l’esistenza di siffatti limiti di origine contrattuale collettiva, il ricorso principale va respinto, con conseguente assorbimento di quello incidentale.

Il regolamento delle spese di questo giudizio si uniforma al criterio della soccombenza sostanziale e la relativa liquidazione è effettuata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta quello principale, assorbito l’incidentale, condanna C.V. a rimborsare alla società le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 20,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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