Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14985 del 28/05/2021

Cassazione civile sez. II, 28/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 28/05/2021), n.14985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24577/2019 R.G. proposto da:

D.A., c.f. (OMISSIS), rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Vincenzo Vaiti,

ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Innocenzo XI, n. 8,

presso lo studio dell’avvocato Alberto Galati.

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, c.f. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge.

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro n. 1855/2019;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 14 gennaio 2021 del

Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. D.A., cittadino del Gambia, formulava istanza di protezione internazionale.

In sede di audizione – nel (OMISSIS) – dinanzi alla competente commissione territoriale, esponeva che era a casa di tre amici omosessuali, allorquando la polizia aveva fatto irruzione; che nella circostanza era fuggito attraverso una finestra (cfr. decreto impugnato, pag. 3); che si era indotto a lasciare il paese d’origine, siccome l’omosessualità in Gambia costituisce reato ed aveva ragione di temere che fosse considerato omosessuale ed ingiustamente condannato a pena carceraria.

2. Con provvedimento in data 6.11.2017 la competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con decreto n. 1855/2019 il Tribunale di Catanzaro respingeva il ricorso proposto da D.A. avverso il provvedimento della commissione.

Evidenziava il tribunale che le dichiarazioni del ricorrente dovevano reputarsi inattendibili, siccome a vario titolo incongrue.

Evidenziava che, a motivo della ritenuta inattendibilità, era da escludere il pericolo sia di persecuzioni sia di trattamenti carcerari inumani e degradanti.

Evidenziava che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Evidenziava segnatamente che il rapporto di lavoro all’uopo documentato costituiva indice di per sè non sufficiente di inserimento nel tessuto socioeconomico italiano.

4. Avverso tale decreto ha proposto ricorso D.A.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente ai soli fini dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.

5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e dell’art. 115 c.p.c..

Deduce che è persona diversa dall’omonimo richiedente asilo che ebbe a comparire dinanzi alla Commissione Territoriale di Crotone nel 2014.

Deduce che siffatta circostanza non è stata per nulla contestata dal Ministero dell’Interno, allorchè si è costituto dinanzi al Tribunale di Catanzaro; che in pari tempo per nulla era tenuto, a sua volta, a contestare eventuali elementi di valutazione desumibili dalla documentazione prodotta ex adverso, siccome non riguardanti la sua persona.

Deduce quindi che ha errato il tribunale ad opinare per la reiterazione della domanda di protezione internazionale ed a concludere per l’inattendibilità delle sue dichiarazioni, siccome contrastanti con quanto ebbe a dichiarare nel 2014 l’allora e diverso richiedente asilo.

6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. b).

Deduce che in ogni caso il tribunale ha reputato inattendibili le sue dichiarazioni immotivatamente, con motivazione del tutto “apparente”.

Deduce che del resto il tribunale per nulla ha tenuto conto dei rilievi formulati a riscontro della coerenza e dell’attendibilità delle sue dichiarazioni.

Deduce che ben avrebbe dovuto il tribunale avvalersi dei suoi poteri istruttori officiosi e vagliare le sue dichiarazioni in relazione alla situazione generale del suo paese d’origine.

Deduce che il timore di essere arrestato per la supposta sua omosessualità e quindi di subire in carcere un trattamento inumano e degradante si giustifica pur nel nuovo corso politico istituzionale del suo paese, successivo all’elezione del nuovo presidente.

7. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5, 6 e 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3.

Deduce che ha errato il tribunale a disconoscere la protezione umanitaria.

Deduce in particolare che il tribunale avrebbe dovuto, anche ai fini dell’invocata protezione umanitaria, avvalersi dei suoi poteri istruttori officiosi, onde acquisir riscontro del rischio di menomazione, nel suo paese d’origine, dei suoi diritti fondamentali nonchè del rischio di sottoposizione a trattamenti carcerari inumani e degradanti.

8. I rilievi, che la delibazione dei motivi di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea degli esperiti mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare.

9. Con precipuo riferimento alle ragioni di doglianza veicolate dal primo motivo, il tribunale ha puntualizzato che il ricorrente – D.A., nato in (OMISSIS) – è stato sentito dinanzi alla Commissione Territoriale di Crotone nel corso del 2017 (cfr. decreto impugnato, pag. 3) e successivamente è stato sentito in sede giudiziale, nell’ambito dunque del presente procedimento (cfr. decreto impugnato, pag. 1).

Ebbene, su tale scorta, va debitamente rimarcato che il Tribunale di Catanzaro ha, in ogni caso, atteso al vaglio autonomo – in sè e per sè – delle dichiarazioni rese nelle suindicate occasioni dal ricorrente.

Ed in questi termini ne ha postulato l’incongruenza e l’inattendibilità.

Cosicchè non ha valenza addurre che il tribunale ha opinato per la reiterazione della domanda di protezione internazionale già proposta in precedenza, per l’inattendibilità delle dichiarazioni all’uopo rese siccome contrastanti con quanto dichiarato (da omonimo ma diverso richiedente asilo) nel 2014. E parimenti non ha valenza invocare la corretta operatività – nella fattispecie asseritamente disattesa – del principio di “non contestazione”.

10. Ovviamente la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c); tale apprezzamento “di fatto” è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. Cass. (ord.) 5.2.2019, n. 3340).

11. Su tale scorta, nel solco dunque della previsione di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, non può che rappresentarsi quanto segue.

Per un verso, il Tribunale di Catanzaro ha dato compiutamente conto della incongruenza e della inverosimiglianza delle dichiarazioni rese (nel corso del 2017 e nel corso del presente procedimento) dal ricorrente.

Tra l’altro, il tribunale ha specificato che il documento prodotto – afferente alla posizione del ricorrente di leader di un movimento di sostegno degli omosessuali – faceva riferimento ad una vicenda mai rappresentata e per nulla coerente anche con i fatti riferiti nel 2017 (cfr. decreto impugnato, pag. 10).

Per altro verso, il tribunale ha ineccepibilmente vagliato nel loro complesso le dichiarazioni del ricorrente (cfr. Cass. (ord.) 2.11.2020, n. 24183 – specificamente in tema di omosessualità – secondo cui il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e), là dove prevede che, ai fini della valutazione di credibilità, si deve verificare anche se il richiedente sia “in generale attendibile”, va interpretato nel senso che il racconto debba essere considerato credibile “nel suo insieme”, attribuendo all’espressione “in generale” utilizzata dalla norma il valore semantico di “complessivamente” o “globalmente”, benchè non si possa escludere, in astratto, che una specifica incongruenza, per il ruolo della circostanza narrata, possa inficiare del tutto la valutazione di credibilità del ricorrente).

Per altro verso ancora, il ricorrente senza dubbio sollecita questa Corte a far luogo ad una “diversa lettura” delle sue dichiarazioni (“va da sè che nessuna rilevanza può avere un’eventuale divergenza tra quelle che erano le ragioni che il ricorrente reputava fossero a base del suo mandato di arresto (…) ed il contenuto del relativo documento depositato in giudizio (laddove la ragione dell’arresto è determinata dal suo essere leader della campagna per i diritti degli omosessuali)”.ò così ricorso, pag. 13).

12. Si tenga conto che nel giudizio relativo alla protezione internazionale del cittadino straniero, la valutazione di attendibilità, di coerenza intrinseca e di credibilità della versione dei fatti resa dal richiedente, non può che riguardare – ben vero al di là dell’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) – tutte le ipotesi di protezione prospettate nella domanda, qualunque ne sia il fondamento; cosicchè, ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda, non è necessario far luogo a un approfondimento istruttorio ulteriore, attivando il dovere di cooperazione istruttoria officiosa incombente sul giudice, dal momento che tale dovere non scatta laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (cfr. Cass. (ord.) 20.12.2018, n. 33096; Cass. 12.6.2019, n. 15794).

13. In tal guisa, ritenute inattendibili le dichiarazioni di D.A. (nato in (OMISSIS)), del tutto legittimo è stato, anche ai fini dell’invocata protezione umanitaria, il mancato esercizio dei poteri istruttori officiosi.

In tal guisa, ritenute inattendibili le dichiarazioni di D.A. (nato in (OMISSIS)), del tutto legittimo è stato il disconoscimento e dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2014, art. 14, ex lett. a) e b).

14. Va debitamente soggiunto che nessuna censura il ricorrente ha formulato in ordine alla denegata protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c), (comunque nessuna “anomalia motivazionale” rilevante alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite si scorge in ordine alle motivazioni in parte qua dell’impugnato dictum: il tribunale ha dato atto, peraltro, che il rapporto “E.A.S.O.” del dicembre 2017 ed il rapporto “Human Rights Watch” del gennaio 2018 davano conto del progressivo miglioramento della situazione sociopolitica del Gambia all’esito dell’elezione del nuovo presidente, sicchè era insussistente il pericolo di violenze indiscriminate e generalizzate).

15. In tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, questa Corte spiega senza dubbio che la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello status di “rifugiato” o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione (cfr. Cass. 15.5.2019, n. 13079; cfr. Cass. 23.2.2018, n. 4455).

16. In questo quadro non può che darsi atto di quanto segue.

In primo luogo, in punto di “umanitaria”, il ricorrente si è limitato a dolersi per il mancato esercizio da parte del tribunale dei poteri di cooperazione istruttoria, con riferimento per giunta a profili rilevanti ai fini della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. b).

Cosicchè rileva, come si è premesso, la riscontrata, argomentata inattendibilità del ricorrente.

In secondo luogo, il ricorrente adduce che ben avrebbe potuto il tribunale apprezzare la partecipazione a corsi di lingua italiana ed “il comportamento positivo mantenuto durante la permanenza nel centro” (così ricorso, pag. 18) come indici dell’intrapreso percorso di inserimento nel tessuto socioeconomico italiano.

E tuttavia in tal guisa il ricorrente si duole per l’omessa valutazione di esiti istruttori rilevanti sul piano del giudizio “di fatto” inevitabilmente postulato dalla valutazione comparativa, caso per caso, necessaria ai fini del riscontro della condizione di “vulnerabilità” – e soggettiva e oggettiva – del richiedente.

Cosicchè sovviene l’insegnamento di questa Corte secondo cui il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

17. Il Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione. Di fatto dunque non ha svolto alcuna difesa. Nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.

18. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021

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