Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14983 del 20/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2016, (ud. 08/04/2016, dep. 20/07/2016), n.14983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 64/2014 proposto da:

P.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

G. MAZZINI 140, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI LUCATTONI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO

MAMBELLI, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO FAURO

43, presso lo studio dell’avvocato UGO PETRONIO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ROBERTO PINZA, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il provvedimento della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

24/05/2013, depositato il 15/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’08/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 64/2014;

“La ricorrente, sig.ra P.F., figlia della sig.ra F.F., adiva il Giudice tutelare del Tribunale di Fora perchè fosse nominato un Amministratore di sostegno per la madre, ritenuta non più in grado di agire autonomamente nella gestione del SUO patrimonio e della sua persona.

Il Giudice tutelare, dopo aver acquisito le prove documentali di entrambe le parli e dopo aver disposto CTU, rigettava la domanda della P. e la condannava a rifondere alla F. le pese di lite. In particolare, il giudice tutelare ha fondato la sua decisione sulle seguenti considerazioni:

– l’Amministrazione di sostegno è un istituto che mira a proteggere il beneficiario che, per malattia o altra infermità, non sia in grado di occuparsi da solo dei propri interessi, e non risulta che la sig.ra F. versi in tali situazioni;

– il CTU ha escluso l’esistenza di patologie tali da compromettere la capacità della F. di agire liberamente e di gestire i propri interessi;

– dall’istruttoria non è emerso che la F. fosse influenzata da terre persone in grado di condizionarne la volontà in termini pregiudizievoli per il suo patrimonio. Avverso il decreto del Giudice tutelare del Tribunale di Forlì proponeva reclamo la P., insistendo perchè, eventualmente anche mediante rinnovazione della CTU, fosse nominato un amministratore di sostegno alla madre F., e anche contestando la condanna alle pese del primo grado, venendosi in tema di giurisdizione volontaria.

La sig.ra F.F. si costituiva nel grado e resisteva al reclamo, chiedendone la reiezione e domandando la condanna della reclamante per temerarietà di lite.

La Corte d’appello respingeva il reclamo della P., confermando la condanna alle spese per il doppio grado di giudizio, senza, però, accogliere la domanda della F. per il risarcimento danni ex art. 96 c.p.c..

Il Giudice di secondo grado fondava il suo convincimento in particolar modo sulle seguenti considerazioni:

– la valutazione delle risultanze istruttorie (in specie le dichiarazioni dei familiari e dei medici che, a vario titolo, hanno seguito la sig.ra F.) per come operata dal primo Giudice è appropriata, esaustiva e priva di omissioni;

– le censure della reclamante al contenuto e alle conclusioni della CTU, di cui correttamente si è servito il Tribunale, e le osservazioni del consulente di parte non sono condivisibili in quanto non idonee a rappresentare un quadro patologico compatibile con la necessità di tutela posta a base dell’amministrazione di sostegno; – la consulenza del CTU pro G. è approfondita e non lascia adito a dubbi: non sussistono i presupposti di patologia che devono supportare l’apertura di una procedura di amministrazione di sostegno, “la cui finalità consiste nella tutela del beneficiario (…) e non nel controllo sulle scelte di vita”. – è emerso che la F. fisse in grado di gestire le proprie risorse economico patrimoniali;

Avverso il provvedimento della Corte d’appello ha proposto ricorso per Cassazione la sig.ra P., affidandosi ai seguenti motivi:

I. Violati atte dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fritto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non essersi la Corte d’appello pronunciata sulla doglianza avente ad oggetto la mancata effettuazione da parte del (TU di accertamenti strumentali, indispensabili ai fini di una corretta diagnosi (a fronte, per contro, dell’effettuazione di test non idonei a verificare lo stato della perizianda) e sulle erronee valutazioni da parte del CTU (che non avrebbe preso in considerazione le diagnosi depositate dai colleghi dell’AU in palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica;

2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 194 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere il CTU, nell’espletamento dell’incarico assegnatogli, rispettato le garanzie del contraddittorio. In particolare, viene sottolineato che il consulente tecnico d’ufficio non ha svolto test diagnostici che aveva in precedenza stabilito di eseguire insieme ai consulenti di parte e non ha consentito la partecipazione dei consulenti di parte alle valutazioni testistiche.

Si è costituita la sig.ra F., depositando controricorso con cui chiede il rigetto del ricorso, sia in via preliminare, perchè esso sarebbe stato avviato dia notifica oltre i termini di legge e perchè avrebbe ad oggetto provvedimenti non suscettibili d’essere impugnati per Cassazione; sia nel merito, perchè inammissibile/infondato.

Le eccezioni preliminari della controricorrente sono prive di pregio. In primo luogo, infatti, la sig.ra F. eccepisce la non tempestività della notifica del ricorso in Cassazione sul preteso assunto della decorrenza del termine breve, mentre deve considerarsi il termine lungo (in riferimento al quale il ricorso della P. è tempestivo), perchè la notifica via PEC che la Cancelleria fa alle parti non è idonea a far decorrere il termine breve, a fallirle necessitandosi di un atto di parte.

Anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per non ricorribilità in Cassazione del decreto della Corte d’appello non ha pregio, perchè il decreto che nega l’apertura dell’Amministrazione di sostegno non può che essere considerato alla stregua del decreto di apertura dell’Amministrazione, e questidlimo, secondo la stessa giurisprudenza della Suprema Corte citata dalla controricorrente (Cass. civ., sez. 6^, n. 10187 del 2011; e comunque Cass. civ., sez. 6^, n. 13747 del 2011), deve ritenersi senz’altro ricorribile per Cassazione.

Per ciò che concerne i motivi del ricorso principale, il primo deve ritenersi inammissibile in quanto, posto che, per consolidata opinione di questa Corte (ex multis, v. Cass. civ., sez lav., n. 10552 del 2003), il mero dissenso diagnostico non è censurabile in sede di legittimità, con esso la ricorrente mira esclusivamente a sostituire all’accertamento peritale d’ufficio condiviso dalla Code d’Appello, sulla base di ampia ed adeguata motivazione, non priva di puntuali riferimenti alle osservazioni delle consulenze di parte, una diversa valutazione del quadro clinico e della condizione psichica della F., la quale, secondo l’incensurabile valutazione del giudice di merito, versa in una condizione psicofisica del tutto fisiologica con la sua età.

Il secondo motivo è manifestamente infondato: nel provvedimento impugnato si dà intatti ampio conto delle ragioni per le quali il consulente tecnico e la Corte d’Appello hanno ritenuto di disattendere talune richieste di approfondimento diagnostico dei consulenti di parte, ed, infine non viene neanche dedotto come la partecipazione alle valutazioni testistiche avrebbe potuto modificare le conclusioni della consulenza d’ufficio, peraltro complessivamente eseguite, con la conseguenza che la dedotta violazione del principio del contraddittorio è da escludersi.

Conseguentemente, qualora si condividano le suesposte considerazioni, si converrà sulla reiezione del ricorso”.

Il collegio, condivide le conclusioni della relazione depositata ed osserva preliminarmente che è stata depositata memoria per parte ricorrente da parte di difensore che non risulta munito di procura speciale ex artt. 83 e 365 c.p.c.. Se ne deve pertanto rilevare l’inammissibilità. Si dà atto che è stata depositata, altresì memoria di parte resistente adesiva alla relazione depositata. In ogni caso si osserva che il contenuto della memoria di parte ricorrente appare riproduttivo delle difese già svolte.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e per l’effetto condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio da liquidarsi in Euro 2.500,00 per compensi e Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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