Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14980 del 28/05/2021

Cassazione civile sez. II, 28/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 28/05/2021), n.14980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22598/2019 proposto da:

U.S., rappresentato e difeso dall’Avvocato ALESSANDRO

FABBRINI, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in

BOLZANO, VIA CARDUCCI 13;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12 è

domiciliato;

– resistente –

avverso il decreto n. 1153/2019 del TRIBUNALE di TRENTO, depositato

in data 11/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/01/2021. dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

U.S. proponeva opposizione avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale, chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o, in ulteriore subordine, della protezione umanitaria.

Sentito dalla Commissione Territoriale, il richiedente aveva riferito di essere cittadino nigeriano, di etnia (OMISSIS), di religione cristiana; di essere nato in (OMISSIS) e di essersi poi trasferito a (OMISSIS); di aver perso la madre nel (OMISSIS) per cause naturali; di avere il padre in vita e di essere il primo di quattro fratelli; di aver frequentato la scuola primaria per sei anni; di aver lavorato come commesso in un negozio; che all’età di 10 anni, dopo la morte della madre e, non potendo vivere con il padre affetto da disturbi psichici, si era trasferito con i fratelli a (OMISSIS), dove viveva la nonna materna; nell'(OMISSIS) era insorto uno scontro violento tra i mandriani e la gente della comunità di residenza; che egli, assieme alla famiglia, aveva cercato riparo a casa dello zio, che viveva a (OMISSIS); che lo zio non aveva grandi possibilità economiche, per cui il ricorrente decideva di andare a (OMISSIS), dove, però, la vita risultava molto dura; lasciata la Nigeria raggiungeva l’Italia; temeva, in caso di rimpatrio, di subire conseguenze personali a causa della guerriglia in corso nel suo villaggio.

Con decreto n. 1153/2019, depositato in data 11.6.2019, il Tribunale di Trento rigettava il ricorso, deducendo di condividere la decisione della Commissione Territoriale in merito alla non credibilità del racconto reso dal ricorrente, in quanto generico, poco circostanziato e contraddittorio (in un primo momento aveva affermato che anche la propria abitazione era stata attaccata, mentre poi aveva sostenuto di essere scappato prima che i mandriani arrivassero in casa e non aveva riferito alcun problema specifico tra la sua famiglia e i mandriani). Per tali motivi il suo presunto timore non poteva dirsi fondato su una persecuzione personale e diretta. Anche la domanda di protezione sussidiaria non poteva essere accolta in quanto nella zona di Enugu State, oltre al fatto che i familiari del ricorrente continuavano a vivere lì, dalle fonti internazionali risultava che non vi fosse violenza indiscriminata nei confronti della popolazione, ma solo fatti di criminalità comune. Infine, anche la domanda di protezione umanitaria doveva essere rigettata. Il ricorrente aveva dichiarato di aver svolto in Italia tirocini in una lavanderia industriale e di essere in cerca di occupazione, oltre ad aver frequentato corsi di lingua italiana e sulla sicurezza sul lavoro e ad aver svolto un periodo di tirocinio e attività di volontariato. Tali circostanze non consentivano la richiesta forma di protezione atteso che non può essere riconosciuto allo straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (Cass. n. 4455 del 2018).

Avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione U.S. in base ad un motivo. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente al solo fine dell’eventuale partecipazione alla udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 4, con conseguente violazione, falsa ed erronea interpretazione e/o applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, artt. 3 e 25 della CEDU, artt. 2 e 10 Cost. – motivazione assente nonchè errata valutazione dei presupposti e mancata concessione della protezione umanitaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.

Viene dedotta l’assenza di motivazione in merito alla sussistenza di una situazione di vulnerabilità, causata dal pericolo di rimpatrio di fronte a emergenze umanitarie, anche di carattere socio-economico. Va infatti posto in rilievo che, nella Nigeria, è presente una conflittualità che, se non è tale da definirsi di conflitto armato, comporta insicurezza e rischi, non evitabili a causa dell’inefficienza delle Forze Armate. Inoltre, la Nigeria è tra i paesi più poveri al mondo e con un accesso ai servizi minimi garantito solo ai più abbienti.

Peraltro, i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno (individuati, alternativamente in “seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato Italianol non sono definiti in maniera altrettanto analitica. In particolare, non viene fornita alcuna indicazione normativa, sul modo e soprattutto sui limiti entro i quali debba essere circoscritta la nozione di “motivi umanitari”; la cui protezione deve essere riconosciuta in capo a quei soggetti che si trovino esposti a particolari condizioni di vulnerabilità per cause dipendenti da fattori soggettivi, come ad esempio motivi di salute o di età, oppure per ragioni di carattere oggettivo connesse, in particolare, alla situazione sociale, economica, politica, umanitaria nella quale si trova il paese di provenienza del migrante (come, ad es., una grave instabilità politica, violenza generalizzata, persistenti violazioni dei diritti umani, carestie, disastri naturali o ambientali o altre situazioni similari). D’altronde, l’ampio margine di discrezionalità che il legislatore sembra avere riservato nella interpretazione della norma richiamata rende necessario l’impiego di un rigoroso vaglio critico da parte del giudice, al fine di non vanificarne la ratio di protezione ed evitare, al tempo stesso, un estensione dell’istituto.

Nella specie, il ricorrente ha riferito di avere svolto in Italia dei tirocini in una lavanderia industriale e di essere in cerca di occupazione, oltre ad aver frequentato corsi di lingua italiana e sulla sicurezza sul lavoro ed avere svolto un periodo di tirocinio e attività di volontariato. Ma tali circostanze non erano ritenute idonee per consentire l’attribuzione della richiesta forma di protezione, atteso che non può essere riconosciuto allo straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia. Tale assunto, però, si scontra con l’affermazione di una identica opposta valenza circa la concessione in concreto della protezione umanitaria, allorquando la situazione soggettiva e oggettiva del ricorrente con riferimento al Paese d’origine lascia presumere, in caso di rimpatrio, il rischio di violazione di diritti di carattere universale, violazione tanto più grave in ragione dell’alto grado di inserimento in Italia.

3. – Il ricorso, pertanto, va accolto, nei limiti di cui in motivazione; va cassato il decreto impugnatato, con rinvio del processo al Tribunale di Trento, in diversa composizione, che, attenendosi al principio enunciato, procederà ad un nuovo esame del merito e liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio al Tribunale di Trento, in diversa composizione, che, attenendosi al principio enunciato, procederà ad un nuovo esame del merito e liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021

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