Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14980 del 16/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 16/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.16/06/2017),  n. 14980

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11592/2011 proposto da:

C.M.B. Società Cooperativa a r.l. (p.i. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Viale Giulio Cesare n. 14 A-4, presso l’avvocato Pafundi

Gabriele, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Maisetti Davide, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) Spa;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PADOVA, depositato il 18/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/04/2017 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con decreto del 18 marzo 2011 il Tribunale di Padova ha respinto l’opposizione allo stato passivo proposta da C.M.B. Società Cooperativa a r.l. nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.p.A. e volta ad ottenere l’ammissione non già in chirografo, bensì in privilegio, ai sensi dell’art. 2751 bis c.c., n. 5, del proprio credito dell’importo di Euro 88.749,08, quale corrispettivo per prestazioni lavorative dei propri soci in favore della società fallita.

A fondamento della decisione il Tribunale ha osservato:

-) che la cooperativa aveva prodotto l’atto costitutivo della società, il regolamento interno della stessa, la visura camerale, un elenco dei soci, un modulo C17 attestante la permanenza delle condizioni di mutualità prevalente, il bilancio al 31 dicembre 2008 e al 31 dicembre 2009 e un estratto registro cespiti;

-) che l’elenco soci era un semplice prospetto senza data e senza alcuna ufficialità; che non vi era prova alcuna che il modulo C17 prodotto fosse effettivamente quello allegato al bilancio; che i bilanci erano privi della nota integrativa; che l’estratto registro cespiti era privo dell’attestazione della sua autenticità e conformità alle scritture contabili;

-) che non era ammissibile l’istanza dell’opponente diretta ad essere autorizzata alla produzione delle copie autentiche ed integrali dei documenti già depositati;

-) che il Fallimento non aveva infatti semplicemente contestato la conformità delle copie agli originali, bensì la radicale inidoneità della documentazione prodotta, in quanto incompleta e priva dei requisiti di ufficialità e autenticità, a dare prova della sussistenza del privilegio invocato;

-) che le prove orali proposte erano state formulate in termini generici ed erano sostanzialmente dirette a confermare i documenti prodotti, e perciò non erano idonee a superare la carenza di prova derivante dall’inidoneità della documentazione già esaminata.

2. – Per la cassazione della sentenza C.M.B. Società Cooperativa a.r.l. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi.

Il Fallimento (OMISSIS) S.p.A. non ha spiegato attività.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene quattro motivi.

1.1. – Il primo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 101 c.p.c., L. Fall., art. 98, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”.

Si sostiene che:

1) il Fallimento si era limitato ad eccepire l’inopponibilità per carenza di data certa della documentazione fornita da essa creditrice ai fini della dimostrazione della sussistenza del privilegio, mentre il Tribunale aveva affermato la inidoneità della stessa documentazione a dar prova dell’applicabilità del privilegio, con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato;

2) il Tribunale aveva violato la regola stabilita dal secondo comma dell’art. 101 c.p.c., secondo cui, se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice deve sollecitare in proposito il contraddittorio delle parti;

3) il Tribunale era incorso in violazione della L. Fall., art. 98, comma 7, il quale prescrive che le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio debbono essere proposte nella memoria di costituzione, memoria con cui il Fallimento aveva dedotto soltanto la non opponibilità dei documenti e non anche che essi non fossero conformi all’enunciato ovvero non autentici.

1.2. – Il secondo motivo è rubricato: “Errore nel procedimento per violazione della L. Fall., art. 99, art. 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”.

Si sostiene che il Tribunale avrebbe errato a negare l’autorizzazione al deposito delle copie autentiche dei documenti contestati dal Fallimento ed avrebbe altresì errato a giudicare generiche e meramente confermative dei documenti prodotti i capitoli di prova testimoniale di cui era stata richiesta l’ammissione.

1.3. – Il terzo motivo è rubricato: “Violazione dell’art. 2719 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Lamenta la ricorrente che il Fallimento non avrebbe avanzato alcuna contestazione sulla ritualità delle produzioni fatte con l’opposizione allo stato passivo, nè avrebbe contestato la conformità delle copie prodotti agli originali ex art. 2719 c.c..

1.4. – Il quarto motivo è rubricato: “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Sostiene la ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto esaminare i documenti prodotti e precisare la loro influenza al fine del decidere indicando, ove ritenuti incompleti, perchè la parte omessa avrebbe privato di valore probatorio la parte presente.

Aggiunge la stessa ricorrente che il Tribunale sarebbe incorso in contraddizione giacchè, dopo aver affermato l’assenza di prova della sussistenza del privilegio, non aveva ammesso le prove orali volte a confermare il contenuto dei documenti e quindi i fatti da essi riprodotti, che erano invece rilevanti perchè attenevano alla iscrizione alla sezione speciale, al numero dei dipendenti soci, alla prevalenza del lavoro sul capitale ed agli altri requisiti soggettivi indispensabili per la sussistenza del privilegio.

2. – Il ricorso va respinto.

2.1. – Il primo motivo va disatteso.

2.1.1. – Vale anzitutto rammentare che il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato comporta il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda di merito.

In giurisprudenza è stato in tal senso più volte affermato che il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum, rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass. 19 giugno 2004, n. 11455; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19475; Cass. 11 gennaio 2011, n. 455; Cass. 24 settembre 2015, n. 18868).

A ciò deve aggiungersi che in sede di legittimità occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda, o la pronuncia su una domanda non proposta (od altresì, occorre aggiungere, l’adozione della decisione sulla base del rilievo d’ufficio di un’eccezione in senso stretto) dal caso in cui si censuri l’interpretazione data dal giudice di merito della domanda stessa (ovvero, nel nostro caso, di quella che, secondo la ricorrente, sarebbe stata un’eccezione in senso stretto rilevata d’ufficio): solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c., per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prospettandosi che il giudice di merito sia incorso in un error in procedendo, in relazione al quale la Corte di cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziari onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiestale. Nel caso in cui venga invece in contestazione l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda (nel nostro caso dell’eccezione), tali attività integrano un tipico accertamento in fatto, insindacabile in cassazione salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (Cass. 20 agosto 2002, n. 12259; Cass. 5 agosto 2005, n. 16596; Cass. 7 luglio 2006, n. 15603; Cass. 18 maggio 2012, n. 7932).

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che il Fallimento non avesse formulato (soltanto) un’eccezione (peraltro rilevabile d’ufficio: Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2013, n. 4213) di inopponibilità della documentazione prodotta dalla creditrice per difetto di data certa, ma avesse in radice contestato la sua efficacia probatoria della sussistenza dell’invocato privilegio.

Va da sè che C.M.B. Società Cooperativa a r.l. avrebbe dovuto impugnare sul punto la pronuncia del Tribunale non già puramente e semplicemente sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, bensì anzitutto sotto l’aspetto motivazionale, così da demolire la premessa ricostruttiva del ragionamento del giudice di merito: orbene, anche a ritenere che una simile doglianza sia stata proposta, quantunque non esplicitata in rubrica, essa sarebbe palesemente infondata, avendo il Fallimento espressamente affermato, nella propria comparsa di costituzione, che la documentazione depositata dalla controparte “oltre ad essere del tutto inopponibile alla procedura, si ritiene sia comunque inidonea a dimostrare quanto assunto dalla controparte. Non vi sono infatti elementi per poter ritenere nè l’effettività e pertinenza del lavoro dei soci all’attività mutualistica svolta dalla cooperativa…, nè soprattutto la prevalenza del lavoro dei soci rispetto a quello dei non soci”. Sicchè l’assunto del Tribunale secondo cui il Fallimento aveva radicalmente contestato l’efficacia probatoria della documentazione prodotta trova evidente riscontro nelle difese da esso spiegate.

Di qui l’infondatezza del motivo volto a denunciare violazione dell’art. 112 c.p.c..

2.1.2. – In ogni caso, non incorre nella violazione dell’art. 112 c.p.c., il Tribunale che, esercitando il proprio potere d’ufficio di accertare la fondatezza della domanda proposta, rigetti l’opposizione allo stato passivo proposta dal creditore, dovendo l’accertamento sull’esistenza del titolo dedotto in giudizio essere compiuto dal giudice ex officio in ogni stato e grado del processo, nell’ambito proprio di ognuna delle sue fasi, in base alle risultanze rite et recte acquisite nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole processuali (Cass. 6 novembre 2013, n. 24972; Cass. 19 settembre 2013, n. 21482).

Quale che fosse, dunque, l’atteggiamento assunto dal Fallimento in ordine all’efficacia probatoria della documentazione posta dalla creditrice a dimostrazione della titolarità del privilegio, ciò non esimeva il Tribunale dal verificare la fondatezza della domanda proposta, sotto il profilo dell’assolvimento, da parte di C.M.B. Società Cooperativa a r.l., dell’onere probatorio cui era sottoposta ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 1.

2.1.3. – Quanto alla violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, anch’essa è palesemente insussistente, non avendo il Tribunale posto a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, ma avendo doverosamente provveduto alla verifica dell’efficacia probatoria della documentazione depositata a sostegno della domanda, espressamente contestata, come si è visto, dal Fallimento.

2.1.4. – E’ infine insussistente la dedotta violazione della L. Fall., art. 98, comma 7, per la ridetta ragione che il Tribunale, lungi dal decidere sulla base di un’eccezione in senso stretto non tempestivamente proposta, ha doverosamente proceduto alla verifica dell’efficacia probatoria della contestata documentazione prodotta dalla creditrice.

2.2. – Il secondo motivo va disatteso.

2.2.1. – Esso, nella parte in cui lamenta che il Tribunale avrebbe errato a negare l’autorizzazione al deposito delle copie autentiche dei documenti contestati dal Fallimento, muove da un evidente fraintendimento della ratio decidendi posta dal giudice di merito a fondamento della decisione, giacchè il Tribunale non ha affatto affermato che la documentazione prodotta da C.M.B. Società Cooperativa a r.l. fosse priva di efficacia probatoria perchè prodotta in copia non autentica, ma ha singolarmente analizzato i documenti depositati osservando, come si è già visto, che l’elenco soci era un prospetto informale, che non vi era prova alcuna che il modulo C17 prodotto fosse effettivamente quello allegato al bilancio, che i bilanci erano privi della nota integrativa, che l’estratto registro cespiti era privo dell’attestazione non solo della sua autenticità, ma anche della conformità alle scritture contabili.

E’ dunque palese che il Tribunale ha giudicato priva di efficacia probatoria perchè insufficiente la documentazione prodotta da C.M.B. Società Cooperativa a r.l., ed ha conseguentemente respinto non già la semplice istanza di produzione in copia autentica dei documenti già prodotti in copia informale (e del resto la produzione di copia autentica di documenti in se stessi privi di efficacia probatoria non avrebbe avuto alcun senso), bensì quella di integrazione della documentazione altrimenti insufficiente a dimostrare la fondatezza della domanda, istanza correttamente ritenuta inammissibile stante la previsione della L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4.

2.2.2. – Quanto alla prova testimoniale, a parte il capitolo primo, volto alla conferma delle fatture emesse dalla creditrice nei confronti della società in bonis, conferma ovviamente superflua, dal momento che il credito era stato già ammesso, quantunque in chirografo, i capitoli secondo, terzo e quinto hanno effettivamente ad oggetto la conferma di risultanze dell’elenco soci, dei bilanci e del libro cespiti, mentre il capitolo quarto verte sulla circostanza che l’attività della cooperativa era limitata alla saldatura ovvero ad altre lavorazioni di materie prime o semilavorati di società terze, circostanza, quest’ultima, anch’essa diretta ad integrare le risultanze dei bilanci non accompagnati dalla nota integrativa.

Sicchè anche al riguardo il decreto impugnato va confermato.

2.3. – Il terzo motivo va disatteso.

Si è difatti già detto che il Fallimento aveva integralmente contestato l’efficacia probatoria della documentazione prodotta dalla creditrice e che, comunque, il giudice di merito era tenuto a verificarla.

2.4. – Il quarto motivo va disatteso.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale ha esaminato i documenti prodotti e, con congrua motivazione, come tale insindacabile in questa sede, ha ritenuto che essa non costituisse prova della sussistenza del privilegio.

D’altro canto si è già visto che il giudice di merito ha motivatamente rigettato l’istanza di prova testimoniale.

3. – Nulla per le spese.

PQM

 

rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2017

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