Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14980 del 15/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/07/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 15/07/2020), n.14980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 21784 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

Società cooperativa edizioni Winner a r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura

speciale a margine del ricorso, dall’avv. Giovanni Puoti, presso lo

studio del quale in Roma, alla via Panama, n. 68;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata in data 30 gennaio 2014, n.

507/38/14;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

26 novembre 2019 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale De Renzis Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e l’accoglimento di quello incidentale;

sentita per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo.

Fatto

FATTI DI CAUSA.

Si legge nella narrativa della sentenza impugnata che l’Agenzia delle entrate ha rettificato, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, la dichiarazione presentata dalla società contribuente indicata in epigrafe per l’anno 2005 e ha recuperato maggiore materia imponibile ai fini ires, irap e iva.

La contribuente ha impugnato il relativo avviso di accertamento, ottenendone il parziale annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, limitatamente alla presunzione d’inesistenza delle operazioni documentate da fatture della s.a.s. Marina.

Quella regionale del Lazio ha respinto sia l’appello principale dell’Agenzia, sia quello incidentale della società.

In relazione al primo, ha ritenuto che la contribuente abbia documentalmente provato l’effettività delle operazioni controverse, in tal modo superando gli elementi di sospetto valorizzati dall’ufficio.

Quanto all’appello incidentale, la Commissione ha considerato inadeguata la prova offerta dalla società in ordine alla natura della fornitura, facendo leva sull’elevato costo dell’attività di tutoraggio, che l’ha indotta a qualificare l’operazione come prestazione di servizi, soggetta in quanto tale all’applicazione dell’iva con aliquota ordinaria.

Contro questa sentenza propone ricorso principale la società, che articola in tre motivi, cui replica l’Agenzia con controricorso e ricorso incidentale strutturato in due motivi, contrastato con controricorso dalla contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE.

1.- Il primo motivo del ricorso principale, col quale la società lamenta l’omissione di pronuncia in ordine alla censura, proposta in primo grado e reiterata in appello, di nullità dell’avviso per difetto di motivazione e per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è inammissibile.

Come la stessa società segnala, la Commissione tributaria regionale ha preso in considerazione la censura, della quale ha dato conto in narrativa; sicchè la mancanza di argomentazioni per confutarla si è tradotta in un rigetto implicito, e non già in un’omessa pronuncia.

2.- Infondato è il secondo motivo del ricorso principale, col quale la contribuente lamenta la nullità della sentenza per apparenza della relativa motivazione in ordine all’applicabilità dell’aliquota agevolata dell’iva del 4%. Il giudice d’appello ha difatti adeguatamente giustificato il proprio convincimento, là dove ha qualificato l’operazione non già come cessione di beni, specificamente di libri, sibbene come prestazione di servizi, alla quale è applicabile l’aliquota iva in misura ordinaria.

3.- Inammissibile è il terzo motivo del ricorso principale, col quale la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 12 e art. 16, comma 2, e dell’allegata tabella A, parte seconda, n. 18, là dove il giudice d’appello non ha valutato se le prestazioni riguardanti la didattica e la cessione delle dispense dovessero configurarsi come prestazioni autonome, assoggettabili a differenti regimi, oppure se esse fossero legate da nesso di accessorietà, per cui il trattamento impositivo della principale si estende alla prestazione accessoria.

3.1.- Ciò perchè, come la stessa ricorrente sottolinea, si denuncia l’omessa ricostruzione della volontà delle parti.

L’accertamento del contenuto effettivo della volontà delle parti contraenti, che l’interprete deve ricercare in concreto, tuttavia, costituisce una valutazione di fatto rimessa al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se condotto alla stregua dei criteri dettati dagli art. 1362 e ss. c.c. e sorretto da motivazione immune da vizi logico-giuridici (principio pacifico, in espressione del quale si veda, tra varie, Cass. 22 agosto 2019, n. 21686).

3.2.- Per conseguenza, la società avrebbe dovuto lamentare la violazione delle regole ermeneutiche previste dagli artt. 1362 e ss. c.c., oppure, Ilei limiti in cui è ancora consentito, dedurre vizio di motivazione della sentenza.

4.- Il ricorso principale va quindi respinto.

5.- Parimenti inammissibili sono i due motivi nei quali si articola il ricorso incidentale, coi quali l’Agenzia rispettivamente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., e conseguentemente del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 41-bis, 21 e 54 (primo motivo) e l’omesso esame di fatti decisivi (secondo motivo), perchè volti a una rivalutazione del merito, anche dietro lo schermo della violazione delle regole di riparto dell’onere probatorio; laddove l’affermata pretermissione del fatto storico secondario indicato col secondo motivo al più potrebbe evidenziare l’insufficienza della motivazione, irrilevante a seguito della riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, al regime del quale l’impugnazione della sentenza è soggetta.

6.- Va quindi respinto anche il ricorso incidentale.

6.1.- Il complessivo esito del giudizio comporta la compensazione delle spese.

PQM

rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese.

Dichiara la sussistenza, in relazione al ricorso principale, dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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