Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1498 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/01/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 23/01/2020), n.1498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1649-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G. COSTRUZIONI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M.

PRESTINARI 13, presso lo studio dell’avvocato PAOLA RAMADORI,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO D’ARRIGO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 209/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 29/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. STANISLAO DE MATTEIS che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso con rinvio alla CTR.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 209/64/11, depositata il 29 novembre 2011 dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, con la quale era accolto l’appello della G. Costruzioni s.r.l. avverso la sentenza della Commissione provinciale n. 30/08/2009, che aveva a sua volta accolto parzialmente l’impugnazione dell’avviso di accertamento notificato alla società, con il quale era rideterminato l’imponibile relativo all’anno d’imposta 2004 ai fini Ires ed Irap, nonchè rideterminata l’Iva dovuta.

Ha riferito che a seguito di verifica condotta presso la società erano ripresi a tassazione costi riconducibili ad operazioni inesistenti, perchè relativi a prestazioni fornite da una società, la Maltedil s.r.l., ritenuta soggettivamente fittizia. Erano pertanto disconosciuti, ai fini delle imposte dirette, i costi corrispondenti alle prestazioni fatturate dalla Maltedil, nonchè disconosciute le detrazioni operate ai fini Iva.

La società, che aveva contestato la fittizietà dei rapporti commerciali con la Maltedil, insistendo invece per la regolare operatività della stessa, aveva adito la Commissione tributaria provinciale di Brescia, che con la sentenza n. 30/08/2009 aveva accolto in parte le doglianze della contribuente, riducendo l’imponibile ripreso a tassazione.

La G., non soddisfatta dalla pronuncia, aveva adito la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia. Avverso la stessa decisione l’Agenzia aveva proposto appello incidentale per quanto soccombente. Il giudice regionale con la sentenza ora oggetto di ricorso aveva accolto l’impugnazione della contribuente, annullando del tutto l’avviso di accertamento.

L’Agenzia censura la sentenza con quattro motivi:

con il primo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, degli artt. 2727-2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto l’insufficienza della prova, offerta solo in via presuntiva dalla Amministrazione finanziaria in ordine alla inesistenza delle operazioni;

con il secondo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, degli artt. 2727-2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente considerato insufficiente la prova, offerta solo in via presuntiva, della inesistenza della Mantedil quale soggetto economico operativo;

Con il terzo per omessa od insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver adeguatamente valutato la molteplicità di elementi presuntivi allegati dalla Agenzia a dimostrazione della esistenza fittizia della Mantedil;

con il quarto per omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver adeguatamente valutato gli elementi addotti dalla Agenzia a dimostrazione che comunque la Mantedill era quanto meno soggetto dedito alla emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Ha chiesto dunque la cassazione della sentenza, con ogni consequenziale statuizione.

Si è costituita la G. Costruzione s.r.l., che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e nel merito ne ha contestato il fondamento, chiedendo il suo rigetto.

e, stata depositata memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Va preliminarmente esaminata l’eccepita inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta la controricorrente il mancato rispetto delle modalità di redazione dell’atto, sia in riferimento alle prescrizioni normative sulla sommaria esposizione del fatto, che invece è ampiamente intercalato da valutazioni ultronee, sia con riguardo al difetto di individuazione dei profili fattuali e giuridici rilevanti ai fini delle ragioni dedotte nei motivi. L’eccezione è infondata perchè, pur diffondendosi oltre il necessario nella rappresentazione della vicenda processuale, la lettura del ricorso consente agevolmente di identificare i fatti. Altrettanto agevolmente la formulazione dei motivi non compromette l’intelligibilità dei punti della sentenza criticati, in fatto e in diritto, nonchè delle ragioni giuridiche a sostegno della domanda di cassazione del provvedimento.

Esaminando allora il merito, va chiarito che l’oggetto della controversia si colloca nella contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti, con conseguente recupero ad imponibile dei costi emergenti dalle fatture emesse da una società ritenuta una “cartiera”, la Maltedil, perchè, secondo la prospettazione difensiva dell’Agenzia, al contrario di quanto deciso dalla Commissione regionale lombarda, si tratterebbe di società che ‘per caratteristiche emerse nel corso della verifica fiscale, sarebbe una operatrice economica fittizia.

La precisazione non è ininfluente ai fini della decisione, atteso che, successivamente ai fatti per cui è causa, e dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, è intervenuto il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in L. 26 aprile 2012, n. 44, il cui art. 8, commi 1 e 3, ha modificato la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, riducendo, ai soli fini delle imposte dirette, l’ambito applicativo della indeducibilità dei costi alle sole ipotesi di beni o prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo.

Con ciò si è dunque riconosciuta la deducibilità dei costi sostenuti nelle operazioni soggettivamente inesistenti, che a differenza di quelle oggettivamente inesistenti implicano la effettività della operazione economica.

La disciplina, in forza della previsione contenuta nell’art. 8 cit., comma 3, è applicabile anche ai casi pregressi, come quello di specie.

Ciò chiarito, i motivi, che possono essere trattati unitariamente perchè intrinsecamente collegati dalla critica prospettata dalla ricorrente Agenzia, sotto i profili dell’error in iudicando e del vizio motivazionale, secondo cui la sentenza non avrebbe adeguatamente apprezzato i numerosi indizi raccolti in sede di verifica, da cui dedurre l’inesistenza soggettiva delle operazioni commerciali fatturate dalla Maltedil s.r.l. alla G. Costruzioni, sono fondati e trovano accoglimento.

La doglianza della difesa dell’Amministrazione finanziaria, per la quale il giudice regionale avrebbe disatteso gli elementi indiziari allegati a sostegno dell’avviso di accertamento, si traducono infatti in una sostanziale denuncia di malgoverno delle prove presuntive sia in riferimento alla natura di società cartiera della Maltedil, sia in riferimento alla natura di operazioni (soggettivamente) inesistenti poste in essere tra la G. e la stessa Maltedil.

In ordine alle concrete modalità di utilizzo e valorizzazione delle prove indiziarie, compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, poichè se è devoluto al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, nel violare i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (cfr. Cass., ord. n. 10973/2017, Cass., sent. n. 1715/2007).

Peraltro, aì fini dell’utilizzo degli indizi, mentre la gravità, precisione e concordanza degli stessi permette di acquisire una prova presuntiva, che, anche sola, è sufficiente nel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti accertati dalla amministrazione (Cass., sent. n. 1575/2007), quando manca tale convergenza qualificante è necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova.

La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ‘ancorchè preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perchè è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; ord. n. 5374/2017). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente di fornire la prova contraria.

Quanto alla denuncia del vizio di motivazione, nella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ratione temporis vigente, questa Corte ha affermato che la sua deduzione non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal, giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.

Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cfr. Cass., ord. n. 12967/2018; 19547/2017; 17477/2007).

Perimetrati i principi cui attenersi nella valutazione del giudizio formulato dalla Commissione regionale, nella sentenza si è negata la esistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, sostenendo che: 1) la Maltedil fosse ditta effettivamente operativa e attiva sul mercato; 2) alcuni dipendenti della Maltedil avrebbero lavorato nei cantieri della ricorrente in qualità di collaboratori della Maltedil; 3) sono state allegate bolle che evidenziano l’acquisto da parte della Maltedil di materiale da una società terza quale la Fassa s.r.l.; 4) non risponde al vero che la Maltedil fosse inesistente, perchè gli accertatori si erano recati presso la vecchia sede, dalla quale la società, presunta cartiera, si era trasferita nella nuova, ubicata in Lonato, alla via (OMISSIS).

Le argomentazioni del giudice d’appello, astrattamente accompagnate da rigorosa logica, in realtà evidenziano limiti oggettivi, laddove mostrano di apprezzare gli elementi addotti dalla contribuente, senza tuttavia soffermarsi sulle opposte e per certi aspetti contrapposte argomentazioni offerte dall’Amministrazione.

Così, in riferimento alla sede della Maltedil, di cui si afferma che il mancato rinvenimento all’indirizzo comunicato all’Ufficio, e visitata dagli accertatori, era giustificato dal fatto del suo trasferimento in altra sede, trascura del tutto che l’Agenzia aveva evidenziato che gli accertatori si erano recati anche presso il nuovo indirizzo dichiarato alla Camera di Commercio, parimenti senza rinvenire traccia della società.

Circa l’operatività e l’attività esercitata dalla Maltedil, riconosciuta in sentenza, non è dedicata una parola alla constatazione, in sede di accertamento, che essa, a fronte della emissione di fatture nei confronti della G. per Euro 521.500,00 aveva dichiarato per quel medesimo anno corrispettivi per soli Euro 39.200,00. Inoltre, sempre in tema, nulla si dice sulle circostanze emerse in sede di verifica, secondo cui: a) aveva un unico socio; b) sempre nel corso del 2004 non risultava avere dipendenti; c) aveva fatto versamenti di Iva solo simbolici nel corso degli anni 2003 e 2004, e nulla più dal 2005; d) nel 2004, a fronte della imponente fatturazione nei confronti della G., aveva acquistato materie prime per l’irrisorio importo di Euro 2.000,00 circa.

Ebbene, si tratta di elementi, tempestivamente prodotti in giudizio, sui quali non risultano valutazioni ponderate nella sentenza, nè può ritenersi che tale comparazione critica possa rispondere alla generica negazione della valenza probatoria delle ragioni addotte dall’Ufficio, atteso che alla specificità degli elementi allegati dalla contribuente e valorizzati dal giudice regionale doveva corrispondere un seppur minimo giudizio critico sugli elementi allegati dalla Amministrazione.

In conclusione emerge che la Commissione non ha fatto buon governo delle regole sulle prove presuntive e sulla coerenza logico-formale della motivazione.

Ne discende che la decisione è viziata dal malgoverno delle regole di valutazione delle prove indiziarie, con violazione degli artt. 2729 e 2697 c.c.. Per gli stessi limiti di ragionamento la motivazione è palesemente insufficiente.

Pertanto i motivi vanno accolti.

La decisione va dunque cassata e il giudizio va rinviato alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, che in diversa composizione provvederà, oltre che a liquidare le spese del giudizio di legittimità, alla rivalutazione dei fatti e delle rispettive prospettazioni difensive, alla luce di tutti gli elementi allegati nella vicenda processuale, tenendo conto dei vizi evidenziati nella presente sentenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia il giudizio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, che in diversa composizione provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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