Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14975 del 28/05/2021

Cassazione civile sez. II, 28/05/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 28/05/2021), n.14975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25478/2019 proposto da:

O.N.L., rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE

LUFRANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE ROMA (OMISSIS)

SEZIONE DI ANCONA;

– intimati –

avverso il provvedimento n. cronol. 9807/2019 del TRIBUNALE di

ANCONA, depositato il 23/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2020 dal Consigliere CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Il ricorrente, cittadino della Nigeria, adiva il Tribunale di Ancona, sezione specializzata in materia di immigrazione, a seguito del rigetto da parte della Commissione territoriale, sezione di Ancona, della sua domanda di protezione. A sostegno della domanda, aveva dichiarato di avere lasciato il proprio paese in quanto, dopo avere lavorato per sei anni come impiegato presso la (OMISSIS), era stato “sorpreso in attività omosessuali con la persona che frequentava” e il suo compagno era stato picchiato a morte prima che arrivasse la polizia, mentre lui era riuscito a fuggire.

Il Tribunale, con decreto 23 luglio 2019, n. 9807, ha respinto il ricorso.

2. Avverso la decisione del Tribunale di Ancona propone ricorso

per cassazione O.N.L..

L’intimato Ministero dell’interno non ha proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

1) Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per avere il Tribunale omesso di fornire adeguata motivazione in relazione alla mancata applicazione del principio dell’onere della prova attenuato”, in particolare il Tribunale avrebbe omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ossia la dichiarazione del ricorrente riguardante la propria relazione con un uomo anziano ad Ancona.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale, come d’altro canto riconosce lo stesso ricorrente (cfr. pp. 4-5 del ricorso), ha preso in esame l’allegazione della circostanza, ma non l’ha ritenuta decisiva al fine di escludere la lacunosità e contraddittorietà del racconto del ricorrente (v. p. 3 del provvedimento impugnato), lacunosità e contraddittorietà che, elidendo la credibilità di quanto dichiarato, esclude il dovere del giudice di esercitare il proprio dovere di cooperazione istruttoria al riguardo (ex multis, v. Cass. 8367/22020).

2) Il secondo motivo contesta “violazione e falsa applicazione in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per avere escluso l’esistenza nel paese di provenienza di una situazione di violenza indiscussa e incontrollata”, in quanto il tribunale avrebbe escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria “in modo del tutto disancorato dal contesto di informazioni di sorta”.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha escluso, sulla base di informazioni precise e aggiornate, come prescrive del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che nel sud della Nigeria, che comprende lo stato Edo da cui proviene il ricorrente, il territorio sia “interessato da conflitto armato tale da comportare un grado di violenza talmente generalizzato e permanente da costituire per i civili, per la sola presenza nell’area in questione, il rischio della vita”.

3) Il terzo motivo fa valere “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, per art. 5, comma 6, non avere ritenuto sussistenti le condizioni di vulnerabilità del ricorrente”.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha sottolineato, alla luce dei documenti prodotti (attestati di attività sportiva, di partecipazione a corsi di formazione e di apprendimento della lingua italiana, contratti di assunzione a tempo determinato, con salario al di sotto dell’importo dell’assegno sociale), la non compiuta integrazione sociale del ricorrente nel nostro paese. Al riguardo il ricorrente si limita a genericamente ribadire di essere “riuscito a creare in Italia un tessuto di convivenza sociale e un’esistenza lavorativa tutt’ora stabile, percependo regolare retribuzione e tale condizione gli può permettere una vita dignitosa, situazione impossibile da ricreare in patria”, senza rapportarsi con quanto rilevato sul punto dal Tribunale.

II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, non avendo il Ministero proposto difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021

 

 

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