Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14972 del 16/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 16/06/2017, (ud. 07/03/2017, dep.16/06/2017),  n. 14972

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco A. – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20320/2014 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

nonchè B.L., in proprio, elettivamente domiciliati in

Roma, Via Pò n. 32, presso l’avvocato Marotta Francesco, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati Ivone Giuseppina,

Luponio Samantha, Russo Valentini Maria Rosaria, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del Curatore dott.

G.E., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Gorizia n. 14, presso

l’avvocato Sabatini Franco, rappresentato e difeso dall’avvocato

Torricelli Pietro, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 500/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 13/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/03/2017 dal cons. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. LUIGI Salvato, che ha chiesto che la

Corte dichiari inammissibile il ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 19 novembre 2008, il Tribunale di Forlì ha respinto l’opposizione alla dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) srl, proposta dalla società e dal sig. B.L., legale rappresentante della medesima, sulla base di un vizio relativo all’iniziativa processuale nell’apertura della procedura, oltre che per l’insussistenza dello stato d’insolvenza e la presenza di un pactum de non petendo con il principale creditore della società fallita

2. Investita del gravame della società e del legale rappresentante in proprio, la Corte d’appello di Bologna l’ha respinto e ha regolato le spese.

2.1. La Corte territoriale, anzitutto, ha respinto la censura relativa al vizio del procedimento per la illegittimità della dichiarazione di fallimento, pronunciata sulla base di una segnalazione del PM, non espressa nelle forme del ricorso, e ritenuta, dagli appellanti, inidonea, ai sensi dell’art. 6 LF. Infatti, la richiesta in esame (atto del 13 gennaio 2015) poteva essere considerata come una segnalazione sulla cui base il Tribunale avrebbe potuto, come aveva fatto, ricorrendone i presupposti, dichiarare il fallimento d’ufficio.

2.2. In secondo luogo, sussisteva lo stato d’insolvenza della società risultando un passivo di oltre 11 milioni di Euro a fronte di un attivo costituito da crediti giudizialmente contestati e con difficoltà di realizzo (come ammesso dallo stesso legale rappresentante).

2.2.1. Nè il valore delle azioni Sitech possedute, costituente un dato puramente teorico, poteva modificare tale quadro, trattandosi di partecipazioni in una società posta in liquidazione fin dal 2003, con incerte prospettive di realizzo, ad ogni modo consegnate alla creditrice Banca Antonveneta, a garanzia della propria esposizione; e senza che vi fossero elementi in ordine al loro effettivo valore di mercato.

2.2.2. Neppure sarebbe stata fondata la censura circa l’esistenza di un pactum de non petendo con il principale creditore (la già menzionata Banca) in ragione della totale mancanza di prove in ordine alla conclusione di un accordo (avente ad oggetto il corrispettivo – pactum in favore della società per i servigi resile dal suo amministratore), essendo elementi inidonei e di scarso valore indiziario quello relativo all’andamento dei rapporti bancari della società e all’inerzia del recupero del credito da parte dell’Istituto (peraltro smentita da una ingiunzione di pagamento di rilevante importo), nonchè le dichiarazioni del direttore della BNA/Antonveneta (riguardanti la scelta del vertice aziendale di concedere gli affidamenti alla società in bonis), risultando in contrario l’avvenuta dazione di garanzie, quali la consegna delle azioni Sitech, il rilascio di fideiussioni da membri della famiglia dell’amministratore, la cessione di un credito verso tale marino.

2.2.3. Peraltro la società non sarebbe stata in grado neppure di soddisfare il diverso credito accertato in Euro 45.054,94, ove anche si escludesse la debenza di quello di dimensioni ben maggiori dovuto all’istituto creditizio.

3. Contro tale decisione la società (OMISSIS) srl ed il sig. B.L., hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

4. La curatela fallimentare ha resistito con controricorso e con memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

5. Il PG, nella persona del dr. Luigi Salvato, ha depositato memoria con la quale ha chiesto, ai sensi dell’art. 380 bis, comma 1, che la Corte dichiari inammissibile il ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo mezzo (Violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 6, 7 e 8 (nel testo anteriore alle modifiche) ex art. 360 c.p.c., n. 3), i ricorrenti si dolgono della affermazione contenuta nella sentenza impugnata e secondo cui, nella legge anteriore alla riforma, il giudice di merito avrebbe potuto dichiarare officiosamente il fallimento della società, sulla base di una semplice notizia pervenuta dal PM.

1.1. Una tale interpretazione, abbondantemente criticata anche nel vigore del testo originario della legge fallimentare ed oggetto di censure di legittimità costituzionale, è stata definitivamente archiviata con la modifica delle disposizioni in esame.

1.2. In sostanza, l’eccezionalità dei poteri ufficiosi del giudice, limitati alla sola ipotesi prevista dalla L. Fall., art. 8 (ora abrogato e contenente la regolazione dell’insolvenza risultante da un giudizio civile) ed al suo raccordo con l’art. 6, avrebbe imposto una interpretazione restrittiva di tali poteri e costituzionalmente adeguata agli artt. 24 e 111 Cost..

1.3. Perciò, l’interpretazione della Corte territoriale sui poteri ufficiosi del giudice sarebbe del tutto erronea, nella parte in cui ritiene che la mera segnalazione da parte del PM di una notitia decoctionis sia sufficiente a giustificare la dichiarazione di fallimento anche in assenza della pendenza di un giudizio civile.

1.4. Nella previgente disciplina, insomma, sarebbe mancata – al di fuori dell’ipotesi di cui alla L. Fall., art. 8 – la possibilità da parte del PM di richiedere una dichiarazione di fallimento, al di fuori della specifica ipotesi di cui alla L. Fall., art. 7.

2. Con il secondo (Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sulla ritenuta inesistenza di un pactum de non petendo con il principale creditore della società dichiarata fallita) i ricorrenti espongono tutti gli elementi (trascurati o mal compresi dal giudice del gravame) che, a loro dire, proverebbero l’esistenza del misconosciuto patto.

2.1. In particolare, il giudice non avrebbe valutato le varie anomalie nella gestione del rapporto bancario intrattenuto con la società in bonis.

3. Il P.G., con le sue conclusioni scritte depositate ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, in data 13 febbraio 2017, ha chiesto che la Corte dichiari l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto contro la sentenza della Corte territoriale in quanto tardivo, perchè notificato (il 4 agosto 2014) oltre il termine (di trenta giorni) stabilito dal novellato L. Fall., art. 18, comma 14, (essendo stata notificata il 3 giugno 2014 la sentenza della corte d’appello.

3.1. Il difensore della (OMISSIS) srl e di B. ha depositato, ad h. 10, 15 del 7 marzo 2017 (ossia dopo l’inizio dell’adunanza camerale), una “nota difensiva”, palesemente tardiva poichè, ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., “Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio. In camera di consiglio la Corte giudica senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti”.

4. Va esaminata, in quanto pregiudiziale di rito, l’eccezione di inammissibilità sollevata con le sue conclusioni dal PG.

4.1. A tal riguardo, infatti, essendo stata pronunciata nel 2008 la sentenza dichiarativa di fallimento da parte del Tribunale, ma nel 2014 – da parte della Corte territoriale – quella sul reclamo, al procedimento in esame si applica il principio di diritto che questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 17273 del 2014), con una pronuncia in termini, ha così formulato: “Il ricorso per cassazione avverso la pronuncia della corte d’appello conseguente ad una sentenza dichiarativa di fallimento depositata in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 169 del 2007, va dichiarato inammissibile laddove proposto oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata di cui alla L. Fall., novellato art. 18, comma 14. Invero, l’art. 22, del menzionato decreto legislativo dà piena attuazione al principio processuale del “tempus regit actum”, secondo il quale la normativa sopravvenuta trova applicazione anche ai processi in corso. (Nella specie, la sentenza di appello era stata depositata successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 169 del 2007, ma resa, a seguito di rinvio ad opera della S.C., secondo la disciplina previgente)”.

4.2. Con riferimento alla fattispecie notificatoria è dato rilevare che:

a) la Cancelleria della Corte territoriale ha eseguito a mezzo PEC una “comunicazione di cancelleria”, il 13 febbraio 2014, relativa alla sentenza in questa sede impugnata, oggetto di trasmissione in allegato, diretta “all’attore principale: (OMISSIS) s.r.l. in persona del legale rapp.te B.L.”;

b) la Curatela fallimentare, in data 3 giugno 2014, ha chiesto all’Ufficiale giudiziario, ed ottenuto, la notificazione della sentenza reiettiva del reclamo, sia nei riguardi della società e sia nei confronti del suo legale rappresentante, sig. B., presso il comune difensore domiciliatario, come da doc. n. 3 del fascicolo della curatela e come da copia della sentenza impugnata allegata dagli stessi odierni ricorrenti (a cui ha fatto riferimento il PG nelle sue conclusioni).

4.3. Con riguardo alla prima fattispecie (sul piano formale) comunicatoria ma, nella sostanza, notificatoria (avendo la cancelleria trasmesso l’intero provvedimento, sebbene qualificando l’atto come una semplice comunicazione), si pone il problema dell’efficacia della sua trasmissione alla sola società (ossia, “all’attore principale: (OMISSIS) s.r.l. in persona del legale rapp.te B.L.”) e non anche al B. in proprio, pur difeso dallo stesso difensore.

4.3.1. La sostanziale notificazione dell’atto, ovviamente, ove ritenuta regolare comporterebbe, di per sè stessa, la tardività dell’impugnazione odierna notificata assai oltre il termine di trenta giorni da essa.

4.3.2. Il D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 3, lett. c), convertito con modificazioni nella L. n. 221 del 2012, ha modificato il 2 comma dell’art. 45 disp. att. c.p.c., disponendo, per la parte che qui interessa, che il biglietto di cancelleria debba contenere “il testo integrale del provvedimento comunicato”, ed al comma 4, che “Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”.

4.3.3. Del resto, questa stessa Corte, nella già menzionata sentenza n. 10525 del 2016, ha già avuto modo di spiegare che il nuovo testo dell’art. 133 c.p.c., comma 2, non si applica ove norme speciali stabiliscano diversamente dalle norme di carattere generale, artt. 325 e 326 c.p.c., come per la sentenza di fallimento, L. Fall., ex art. 18, commi 14 e 15, e, nella ricostruzione sistematica, tale conclusione si ancora altresì al disposto del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, convertito nella L. n. 221 del 2012, che ha previsto che nei procedimenti civili le “comunicazioni e notificazioni da parte della cancelleria” avvengano, per via telematica, all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni.

4.3.4. Quanto alla questione se sia sufficiente che la notifica telematica, come si è visto, diretta, in unica e-mail di PEC, “all’attore principale: (OMISSIS) s.r.l. in persona del legale rapp.te B.L.”, possa spiegare effetti anche nei riguardi dello stesso rappresentante legale, sig. B.L., difeso – al pari della società – dallo stesso difensore, la soluzione positiva è stata di recente affermata da questa stessa Corte (Sez. 1), addirittura con riguardo al socio illimitatamente responsabile, con la sentenza n. 23430 del 2016, dove si affermato il principio di diritto secondo cui: ” Nel caso di dichiarazione di fallimento di una società di persone e del socio illimitatamente responsabile, il termine breve per la proposizione del reclamo da parte del socio decorre, ai sensi del combinato disposto della L. Fall., artt. 17 e 18, solo dalla data in cui la sentenza, nella sua stesura integrale, gli è stata notificata. Tuttavia, anche in virtù di un ragionevole bilanciamento delle esigenze di tutela del diritto di difesa e di concentrazione e celerità dello svolgimento delle procedure concorsuali, deve ritenersi che, nel caso in cui il socio dichiarato fallito sia il legale rappresentante della società, la notificazione della sentenza ricevuta in quest’ultima veste gli assicuri la piena conoscenza della decisione anche con riguardo alla dichiarazione di fallimento personale, con la conseguenza che da detta notifica decorre il termine breve per proporre reclamo anche nella qualità di socio”.

4.3.5. Di conseguenza, in applicazione del principio di diritto già posto da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10525 del 2016) (e secondo cui “la notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi della L. Fall., art. 18, comma 13, dal cancelliere mediante posta elettronica certificata (PEC), D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16, comma 4, conv., con modif, dalla L. n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione L. Fall., ex art. 18, comma 14, non ostandovi il nuovo testo dell’art. 133 c.p.c., comma 2, come novellato dal D.L. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla L. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c.”), deve affermarsi la tardività dell’odierno ricorso per cassazione, in quanto proposto oltre il termine di trenta giorni, avuto riguardo al giorno in cui la sentenza da impugnare sia stata notificata dalla cancelleria, in via telematica, mediante spedizione della stessa a mezzo PEC, ai sensi del D.L. n. 179 del 2012 (conv. nella L. n. 221).

4.4. La sufficienza delle suesposte considerazioni, in ordine all’affermata tardività (e perciò all’inammissibilità) del ricorso, fanno ritenere superfluo anche l’esame della seconda fattispecie e questione pregiudiziale di rito, vale a dire se la notificazione della sentenza, compiuta con modalità ordinaria (ossia a mezzo dell’ufficiale giudiziario), dalla parte contro interessata (nella specie: la curatela fallimentare) sia idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, così come previsto dalla L: Fall., art. 18, commi 14 e 15.

5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso seguono sia la condanna, delle parti ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali (liquidate come da dispositivo) e l’enunciazione della sussistenza del presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2017

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