Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1497 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 23/10/2020, dep. 25/01/2021), n.1497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13756/2019 proposto da:

A.P., rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzo Trucco,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1605/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/10/2020 dal cons. Dott. CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1605/2018 depositata il 16-10-18, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da A.P., cittadino della (OMISSIS) – (OMISSIS)-, avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha rilevato che l’appellante non aveva contestato il giudizio di inattendibilità espresso dal primo Giudice e in ogni caso ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito dal suo Paese per il timore di essere perseguitato in quanto omosessuale. La Corte territoriale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale dell'(OMISSIS), descritta nella sentenza impugnata, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: (i) con il primo motivo la violazione e/o erronea applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione alla sua mancata audizione, lamentando la violazione del dovere di cooperazione ufficiosa, con ampi richiami alla giurisprudenza di questa Corte e della Corte di Giustizia, e del principio dell’onere probatorio attenuato, nonchè dolendosi del mancato svolgimento, da parte della Corte territoriale, di un ruolo attivo nell’istruttoria sulla sua situazione personale, mediante la sua audizione personale, in considerazione della ragione posta a base della richiesta di protezione, ossia il suo orientamento sessuale, e sulla situazione della (OMISSIS); (ii) con il secondo motivo la violazione e/o erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 10 Cost., per avere la Corte territoriale, con scarna motivazione, negato la protezione umanitaria, senza considerare la sua condizione di vulnerabilità, stanti le terribili esperienze subite e la sua giovane età all’epoca dei fatti, e l’attuale situazione di instabilità sociale e politica del suo Paese, caratterizzata anche da ripetute violazioni dei diritti umani, nonchè senza effettuare alcuna comparazione tra le sue condizioni di vita in Italia e quelle in cui si troverebbe in caso di rimpatrio, in base ai principi affermati da questa Corte con la pronuncia n. 4455/2018.

2. Il primo motivo è inammissibile.

2.1. La Corte territoriale ha affermato: “l’appellante non contesta in alcun modo il giudizio di inattendibilità espresso dal primo giudice, che pertanto deve considerarsi definitivamente accertato” (pag. n. 3 sentenza) e detta affermazione, in cui si sostanzia la prima ratio decidendi, non è censurata in ricorso, nel quale neppure si riporta specificamente il tenore dei motivi di appello.

La Corte territoriale ha di seguito aggiunto “per completezza”, alcune considerazioni sulla credibilità del narrato, quale seconda ratio decidendi. La sentenza impugnata configura, dunque, una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sè sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso (da ultimo Cass. n. 17182/2020). Peraltro, il ricorrente non pone in discussione il fatto di essere stato sentito personalmente dalla Commissione Territoriale e che il relativo verbale fosse a disposizione dei Giudici di merito (Cass. n. 5318/2020 e Corte giust. UE 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko, sull’interpretazione dell’art. 46 della direttiva 2013/32), nè deduce di aver allegato fatti nuovi oppure di aver addotto argomentazioni idonee a giustificare le carenze rilevate nella sentenza impugnata, ossia non deduce di aver formulato una circostanziata istanza di rinnovazione dell’audizione (Cass. n. 21584/20).

Ne consegue l’inammissibilità delle censure espresse con il primo motivo riguardanti l’attendibilità del narrato, il mancato esercizio del potere istruttorio ufficioso e la mancata audizione del ricorrente sulla sua vicenda personale, sia perchè non si confrontano con la prima e autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata di cui si è detto, sia perchè non sono espresse in modo circostanziato, non avendo alcuna specifica e concreta attinenza al racconto del ricorrente, limitandosi quest’ultimo solo a dedurre che la (OMISSIS) è un paese notoriamente omofobo.

3.2. Ugualmente inammissibile è la doglianza relativa alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) atteso che, secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. ord. 30105 del 2018). La Corte d’appello ha escluso, indicando le fonti di conoscenza, che sussista siffatta situazione nel Paese di provenienza del ricorrente, il quale, peraltro, richiama lo stesso rapporto Easo del giugno 2017 citato nella sentenza impugnata, che neppure è censurata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 citato.

4. Parimenti inammissibile è il secondo motivo.

4.1. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Ciò posto, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, richiama diffusamente la normativa di riferimento e sentenze di merito e di legittimità, allega di essere soggetto vulnerabile perchè omosessuale, ossia in ragione della vicenda personale ritenuta inattendibile dal Tribunale con statuizione non efficacemente censurata in appello, aggiunge di aver lasciato il suo Paese in giovane età provenendo da una regione devastata dalla povertà, senza precisare alcun ulteriore elemento individualizzante di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019).

Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia neppure è stato compiutamente allegato in ricorso, riferendosi genericamente il richiedente ad “elementi di integrazione sul territorio collegati al percorso di accoglienza” (pag. 16 ricorso), sicchè nessuna valutazione comparativa può farsi rispetto alla condizione in cui il ricorrente si troverebbe in caso di rimpatrio, ed inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

5. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate, considerato che le difese svolte dal Ministero non sono specificamente riferibili alla concreta fattispecie scrutinata e si risolvono in deduzioni generiche e di stile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione civile, il 23 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

 

 

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