Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1497 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/01/2020, (ud. 18/11/2019, dep. 23/01/2020), n.1497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17165/12 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

VA.PA. S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e

difesa, giusta procura a margine del controricorso e ricorso

incidentale, dagli avv.ti Sara Armella e Maria Antonelli, con

domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, piazza

Gondar, n. 22;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 74/9/11 depositata in data 19 maggio 2011;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 novembre

2019 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

Fatto

RILEVATO

che:

Con due distinti ricorsi la società Va.Pa. s.r.l., esercente in Cairo Montenotte attività di impresa edile, di gestione di immobili civili e industriali e di lavorazione e commercio del vetro, impugnava gli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva determinato, per l’anno 2003, maggiore IRPEG e, per l’anno 2004, un maggior reddito con conseguente recupero a tassazione di maggiore IRES e relative sanzioni, sul presupposto che la società, operante in uno dei Comuni interessati da eventi calamitosi e compreso in apposito elenco approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, non avesse i requisiti per godere delle agevolazioni previste dalla L. 9 ottobre 2001, n. 383, artt. 4 e 5, prorogata dal D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 5 – sexies, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2003, n. 27.

La Commissione tributaria provinciale, con distinte sentenze, rigettava parzialmente i ricorsi, ritenendo non sussistenti i presupposti per usufruire dei benefici ed escludendo l’applicabilità delle sanzioni irrogate, in ragione della incertezza della normativa.

Le sentenze venivano impugnate con appello principale dalla contribuente, che chiedeva l’integrale annullamento degli atti impositivi, e dall’Agenzia delle Entrate con appelli incidentali, con i quali si chiedeva la conferma degli accertamenti con riguardo alle sanzioni.

La Commissione regionale della Liguria, confermando la sentenza di primo grado, rigettava le impugnazioni.

Osservava, in primo luogo, che non risultavano violati i diritti di difesa della contribuente, in quanto l’attività svolta dai verificatori presso la sede della società era finalizzata ad accertare, tramite l’acquisizione della copia delle ordinanze sindacali relative agli eventi calamitosi, se la società versasse nelle condizioni per poter usufruire delle disposizioni agevolative.

Riteneva, inoltre, mancanti i presupposti per l’applicazione delle agevolazioni tributarie, essendo emerso che una prima ordinanza del Comune di Cairo Montenotte aveva interessato la circolazione pedonale e veicolare di strade periferiche e secondarie del Comune, lontane dalla sede della società contribuente, mentre la seconda ordinanza aveva riguardato lo sgombero di due edifici unifamiliari ubicati in zona periferica, distante dalla sede della contribuente; considerava, altresì, incontestata la circostanza che la società non avesse subito alcun danno, nè diretto nè indiretto, dagli eventi calamitosi e che fosse, conseguentemente, giustificata l’interpretazione restrittiva della norma.

Ricorre per la cassazione della suddetta decisione l’Agenzia delle Entrate, con due motivi.

La contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a sette motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex art. 380 – bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso principale la difesa erariale, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 e del D.L. n. 282 del 2002, art. 5 – sexies, convertito, con modif., dalla L. n. 27 del 2003, censura la decisione impugnata per avere ritenuto sussistente l’obiettiva condizione di incertezza sulla portata della norma agevolativa giustificativa dell’inapplicabilità delle sanzioni.

Il Comune di Cairo Montenotte era stato interessato dall’alluvione solo parzialmente, tanto che le ordinanze di sgombero avevano riguardato solo due edifici unifamiliari e la chiusura del traffico era stata disposta solo per un tratto di strada secondaria e periferica, per cui risultavano assenti i presupposti per il riconoscimento dell’agevolazione e la contribuente al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2003 era ben a conoscenza di tale situazione di fatto sottesa all’applicazione della normativa.

2. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate solleva la medesima contestazione fatta valere con il primo motivo, deducendo la carente o insufficiente motivazione della decisione in punto di ritenuta ambiguità della normativa di riferimento.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale la contribuente lamenta, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24 e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, per avere i giudici di appello ritenuto che la notifica del processo verbale di accesso e richiesta documenti fosse equivalente alla notifica di un processo verbale di constatazione, giungendo poi ad affermare che non fosse configurabile una lesione del diritto di difesa della contribuente.

Sostiene che la condotta dell’Ufficio si pone in contrasto con le norme che regolano l’attività di verifica e di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, che prevedono inderogabilmente la sussistenza di un obbligo, in capo all’Agenzia delle Entrate, di trasmettere alla parte contribuente, sia nei casi di revisione d’ufficio che nei casi di accessi, ispezioni e verifiche, i processi verbali di chiusura delle indagini, avverso i quali i contribuenti possono presentare memorie difensive, e impongono che l’avviso di accertamento non possa essere emesso prima della scadenza del termine di sessanta giorni dalla notifica del verbale di constatazione.

I funzionari dell’Agenzia delle entrate, nel mese di novembre 2006, avevano proceduto ad un accesso presso i locali della società al fine di acquisire notizie, atti e documenti in merito al possesso, da parte della stessa, dei requisiti previsti dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 – sexies e, in data 17 novembre 2016, avevano redatto un “processo verbale di accesso e di richiesta documenti”, nel quale si dava atto che la società si era riservata la produzione di copia delle ordinanze sindacali; tuttavia, senza attendere i tempi tecnici del rilascio e della produzione di copia delle ordinanze sindacali e senza previamente notificare un processo verbale di chiusura delle operazioni, in data 30 gennaio 2007, l’Ufficio aveva notificato gli avvisi di accertamento, in contrasto con le norme richiamate.

4. Con il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Commissione regionale omesso di pronunciarsi sul motivo di appello concernente la eccepita violazione dell’obbligo di motivazione degli avvisi di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 ed alla L. n. 212 del 2000, art. 7.

Secondo la prospettazione della controricorrente, l’Agenzia, nell’atto di accertamento, aveva eccepito la mancanza, in capo alla società, dei requisiti necessari per poter beneficiare dell’agevolazione, mentre nelle controdeduzioni, modificando la motivazione della pretesa impositiva, aveva contestato l’omesso adempimento degli obblighi formali posti a carico dei beneficiari di tale incentivo dalla L. 25 ottobre 2006, n. 29, art. 24, commi 2 e 3, ponendo in essere una mutatio libelli non consentita.

5. Con il terzo motivo del ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 5 – sexies, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto necessario un nesso immediato e diretto tra danno alluvionale e utilizzo dell’incentivo, ai fini della fruibilità della proroga delle agevolazioni di cui al decreto legge cit., art. 5-sexies, trattandosi di interpretazione errata e contraddetta dalla portata della norma e dalle circolari attuative.

Secondo la definizione normativa la fruibilità della proroga dell’incentivo era vincolata a due requisiti: 1) l’investimento effettuato dall’impresa doveva riguardare sedi operative ubicate in un Comune individuato con apposito decreto presidenziale e 2) nell’ambito del Comune doveva essere stata emanata un’ordinanza sindacale rientrante in una delle tipologie indicate dal legislatore; entrambi i requisiti previsti dalla legge sussistevano nel caso in esame, dato che la società aveva realizzato investimenti nelle proprie sedi operative ubicate nel Comune di Cairo Montenotte, che si collocava tra i Comuni interessati dagli eventi calamitosi dichiarati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 novembre 2002, e il Sindaco aveva emanato due ordinanze.

Lo scopo della norma era quello di incentivare gli investimenti nei Comuni colpiti da calamità naturali, al fine di ricreare il tessuto produttivo del territorio compromesso da tali eventi, a prescindere dall’esistenza di un rapporto diretto tra danno subito e investimento.

6. Con il quarto motivo del ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere i giudici di appello omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame con il quale era stata eccepita la violazione del principio del legittimo affidamento di cui all’art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente e l’assenza dei presupposti in presenza dei quali era consentito il recupero dell’aiuto di Stato.

L’Amministrazione finanziaria, con circolare 18 gennaio 2002, n. 4, aveva affermato che il beneficio in questione non poteva essere considerato un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 del Trattato CE, inducendo in tal modo il contribuente provvisto dei necessari requisiti a farvi ricorso.

7. Con il quinto motivo del ricorso incidentale la società contribuente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere i giudici regionali omesso di pronunciarsi sulla eccepita violazione del regolamento UE (rectius CE) n. 70/2001 e sulla applicabilità dell’esimente relativa agli aiuti a favore delle piccole e medie imprese.

Evidenzia, al riguardo, che essa rientra in tale tipologia di imprese, posto che l’incentivo fiscale ha interessato la realizzazione di un capannone aziendale, strumentale all’esercizio dell’attività d’impresa e, dunque, una immobilizzazione materiale, come previsto dal cit. Regolamento, art. 4 e che la definizione di “piccola e media impresa” è contenuta nell’allegato 1 dello stesso Reg. n. 70 del 2001, il quale stabilisce che si considerano tali le imprese con meno di 250 dipendenti e con fatturato annuo inferiore ai 40 milioni di Euro.

Chiede, ove permangano dubbi interpretativi, di rivolgere il seguente quesito, ai sensi dell’art. 267 TFUE, alla Corte di Giustizia: “Dica codesta ecc. ma Corte di Giustizia se gli aiuti percepiti sotto forma di minori imposte versate, da parte di una piccola-media impresa, avente i requisiti di cui all’allegato 1 del reg. 70/2001, non rientrano nel campo di applicazione del divieto di cui agli artt. 107 e 108 TFUE, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima la revoca e il relativo recupero delle agevolazioni fiscali fruite”.

8. Con il sesto motivo del ricorso incidentale (erroneamente indicato con il n. 7) la contribuente censura la decisione gravata per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere i giudici di appello omesso di pronunciarsi in relazione all’eccepita violazione del regolamento UE (rectius CE) 12 gennaio 2001, n. 69/2001, relativo agli aiuti de minimis.

Con decisione del 20 ottobre 2004, n. 2005/315/CE la Commissione Europea aveva dichiarato incompatibile con il mercato comune il regime di aiuti di Stato previsto dalla legge Tremonti bis; tuttavia, nella medesima decisione era stato stabilito che “gli aiuti concessi in base al provvedimento di cui trattasi non costituiscono aiuti di Stato se soddisfano le condizioni poste dal Regolamento CE n. 69/2001 della Commissione e delle norme de minimis vigenti al momento della loro concessione”.

Il Reg. CE n. 69 del 2001, art. 2, richiamato dalla decisione della Commissione, precisa che gli aiuti non eccedenti un massimale di Euro 100.000,00 su un periodo di tre anni, non incidendo sugli scambi tra gli Stati membri, non sono idonei a falsare la concorrenza e non rientrano pertanto nel campo di applicazione dell’art. 87, par. 1, del Trattato UE; ad avviso della ricorrente, la norma è applicabile al caso in esame, quanto meno in relazione al periodo d’imposta 2003 nel quale la società aveva percepito un aiuto, sotto forma di minori imposte versate, pari ad Euro 29.195,00.

Chiede, in ogni caso, qualora permangano dubbi interpretativi, di rivolgere il seguente quesito alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE: “Dica codesta ecc.ma Corte di Giustizia se gli aiuti percepiti sotto forma di minori imposte versate, non eccedenti un massimale di Euro 100.000,00 su un periodo di tre anni, non costituiscano, in ogni caso, aiuti di Stato, ai sensi degli artt. 107 e 108 TFUE, con la conseguenza che deve ritenersi illegittima la revoca e il relativo recupero delle agevolazioni fiscali fruite”.

9. Con il settimo motivo del ricorso incidentale la contribuente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere i giudici regionali omesso di pronunciarsi in ordine all’invocata legittimazione della società alla proposizione della domanda di risarcimento del danno nei confronti dello Stato per inadempimento degli obblighi derivanti dal diritto comunitario.

10. La controricorrente pone pure in rilievo, con riferimento alle sanzioni, che ha invocato l’applicazione del principio di colpevolezza di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, comma 1 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2 e che anche su queste domande manca una pronuncia del giudice di merito, che le ha ritenute assorbite dalla ritenuta illegittimità delle stesse sanzioni.

11. Occorre esaminare previamente, per ragioni di ordine logico, i motivi articolati con il ricorso incidentale.

12. La censura dedotta con il primo motivo del ricorso incidentale è infondata.

12.1. Va, in primo luogo, evidenziato che questa Corte ha precisato (Cass. 22 giugno 2018, n. 16546) che l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria non deve necessariamente concludersi con la redazione di un processo verbale di constatazione, essendo sufficiente un verbale attestante le operazioni compiute.

Si è pure precisato che, in tema di violazioni di norme finanziarie, il processo verbale di constatazione, redatto dagli organi accertatori in occasione di verifiche presso il contribuente e previsto dalla L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24, non deve necessariamente contenere le contestazioni, potendo avere una molteplicità di contenuti, valutativi e meramente ricognitivi di fatti o di dichiarazioni, che, per la libera valutazione dell’amministrazione finanziaria prima e dell’autorità giudiziaria poi, possono comunque dare luogo alla emissione di avvisi di accertamento (Cass. 29 dicembre 2017, n. 31120).

La previsione di cui alla L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24, quindi, non impone sempre l’adozione di un processo verbale con il quale siano contestate le violazioni finanziarie e, poichè il contenuto del processo verbale deve fare riferimento alla specifica attività compiuta dall’Amministrazione finanziaria, in caso di accesso mirato, ben può essere redatto il verbale di accesso con il quale si dà atto che, in quella occasione, è stata richiesta la esibizione di documentazione.

Il processo verbale, redatto ai sensi della L. n. 4 del 1929, art. 24, deve, quindi, attestare le operazioni compiute dall’Amministrazione, sicchè, nel caso di accesso mirato all’acquisizione di documentazione fiscale, è sufficiente l’indicazione, in esso, dei documenti prelevati, ferma restando la decorrenza del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, dal rilascio di copia del predetto verbale, senza che sia necessaria l’adozione di un ulteriore verbale di contestazione delle violazioni successivamente riscontrate (Cass., sez. 5, ord. n. 12094 del 8/5/2019).

12.2. Come riconosciuto dalla stessa contribuente in controricorso, l’accesso effettuato dai verificatori presso la società era esclusivamente finalizzato all’acquisizione di copia delle ordinanze sindacali di sgombero e di interdizione al traffico delle principali vie di accesso al territorio comunale, documentazione rilevante e decisiva a verificare il possesso, da parte della società, dei requisiti previsti dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 – sexies, per poter usufruire delle agevolazioni fiscali ivi disciplinate; all’esito dell’accesso è stato redatto “processo verbale di accesso e richiesta documenti” che è stato regolarmente portato a conoscenza della società.

La circostanza che tra la consegna del verbale in oggetto, avvenuta in data 17 novembre 2006, e l’adozione dell’avviso di accertamento, pacificamente avvenuta in data 30 gennaio 2007, è decorso un lasso di tempo superiore ai sessanta giorni posto a tutela del diritto di difesa del contribuente porta ad escludere la sussistenza della violazione denunciata ed a ritenere, di conseguenza, che siano state assicurate le garanzie, di natura costituzionale e comunitaria, previste dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, atteso che, secondo l’orientamento espresso da questa Corte, “il termine dilatorio di cui all’art. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo” (Cass. 2 luglio 2014, n. 15010).

Del resto, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, imponendo la redazione e la notifica o la consegna al contribuente di un “verbale di chiusura delle operazioni”, utilizza una locuzione generica che comprende tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione nei locali e comunque molto più ampia di quella adottata dalla L. n. 4 del 1929, art. 24, che prevede, invece, la redazione di un “verbale di constatazione”.

Tale diversità rende evidente che l’approntamento di un processo verbale scritto, come ultimo atto precedente l’eventuale adozione di un atto impositivo, da cui far decorrere il termine dilatorio, deve avvenire anche per gli “accessi brevi” finalizzati all’acquisizione di documentazione (Cass., ord. n. 30026 del 21/11/2018) e che, laddove l’attività istruttoria si risolva nella mera richiesta di documentazione o nella acquisizione di documentazione, il verbale di accesso e acquisizione documenti, che indica tale finalità come sua esclusiva motivazione, assolve le funzioni proprie del “verbale di chiusura delle operazioni” ai sensi della L. n. 212 del 2000, ex art. 12, restando ogni altra attività svolta in ufficio non rilevante ai fini del richiamato art. 12 (Cass., ord. n. 27732 del 30/10/2018).

La Commissione regionale, ritenendo non violati i diritti di difesa della contribuente, non si è discostata dai superiori principi.

13. Merita, invece, accoglimento il terzo motivo del ricorso incidentale.

La Commissione regionale ha escluso la sussistenza, in capo alla società, dei requisiti necessari per fruire dell’agevolazone in esame sia perchè le ordinanze adottate dal Comune di Cairo Montenotte avevano interessato la circolazione pedonale e veicolare di tratti di strade periferiche, secondarie e lontane dalla sede della società, e non delle vie principali di accesso al territorio comunale, nonchè lo sgombero di soli due edifici ubicati in zone periferiche, sia perchè risultava pacifico che la contribuente non avesse subito un effettivo nocumento dagli eventi calamitosi.

Le argomentazioni dei giudici di appello non sono condivisibili.

Il D.L. n. 282 del 2002, art. 5-sexies, dispone: “1. A valere sulle maggiori entrate recate dal presente decreto, le disposizioni di cui alla L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 4, comma 1, sono prorogate fino al secondo periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 25 ottobre 2001, limitatamente agli investimenti realizzati fino al 31 luglio 2003 in sedi operative ubicate nei comuni interessati dagli eventi calamitosi dichiarati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 ottobre 2002, del 31 ottobre 2002, dell’8 novembre 2002 e del 29 novembre 2002 e nei quali sono state emanate, entro il 31 dicembre 2002, ordinanze sindacali di sgombero ovvero ordinanze di interdizione al traffico delle principali vie di accesso al territorio comunale”.

Questa Corte ha già chiarito che il legislatore con la normativa in questione ha inteso riconoscere le agevolazioni tributarie alle sedi operative ubicate nei Comuni che, a seguito di eventi calamitosi, abbiano subito rilevanti limitazioni al traffico veicolare e che l’espressione “principali vie di accesso” va riferita al territorio comunale nel suo insieme e non alle vie di accesso al singolo insediamento produttivo, dovendo presumersi comunque che una sede operativa risenta comunque di danni a seguito di ordinanze sindacali di interdizione al traffico veicolare (Cass., sez. 6-5, n. 8336 del 25/5/2012).

Tale indirizzo è stato anche di recente confermato, precisando che “ove un evento calamitoso rilevante colpisca le principali vie di accesso al territorio comunale, impedendone la transitabilità veicolare e pedonale, è ragionevole ritenere che quel territorio nella sua interezza venga a trovarsi in una situazione critica e che tutte le attività economiche risentano di una fase di stasi dal momento che operatori, fornitori, potenziali clienti, diretti verso quel Comune e verso ditte colà site, verosimilmente, se ne asterranno, annullando i loro programmi o orientandoli altrove” (Cass. n. 6811 del 8/3/2019).

Si è altresì sottolineato che, anche da un punto di vista letterale, la norma in esame depone nel senso suindicato giacchè essa pone, come unici requisiti per la fruizione dell’agevolazione, l’inclusione del Comune nell’apposito elenco predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’adozione di ordinanze dei relativi Sindaci di sgombero o indicanti la rete viaria di accesso coinvolta dall’evento calamitoso. Non prevede, invece, alcuna ricognizione circa la diretta incidenza dell’evento sulla singola unità produttiva. Nè il riferimento contenuto nelle ordinanze sindacali alle conseguenze sulle principali strade di accesso al territorio comunale può essere intesa, nel silenzio della norma, come limitativo del beneficio alle sole unità produttive ricomprese in quell’ambito viario, ma costituisce soltanto il sintomo confermativo del pregiudizievole coinvolgimento di quel Comune a causa della calamità naturale (Cass. n. 6811 del 2019 cit.).

La decisione impugnata non si pone in linea con l’orientamento di questa Corte e, pertanto, va cassata.

14. Le considerazioni che precedono comportano l’assorbimento dei motivi del ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate riguardanti le sole sanzioni conseguenziali a una interpretazione del D.L. n. 282 del 2002, art. 5-sexies, opposta a quella che questa Corte ha ritenuto corretta.

15. I restanti motivi del ricorso incidentale, e precisamente il secondo, il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo, con i quali la contribuente si duole dell’omessa pronuncia dei giudici di secondo grado su motivi di appello da essa formulati e non esaminati, in quanto ritenuti implicitamente assorbiti dal giudice d’appello, sono inammissibili.

Infatti, nel giudizio di cassazione, sono inammissibili le questioni, poste al giudice di appello e riproposte in sede di legittimità, che siano rimaste assorbite nel giudizio di merito, avendo il giudice di appello attinto la ratio decidendi da altre questioni di carattere decisivo, in quanto quelle dichiarate o considerate assorbite, in caso di cassazione della sentenza impugnata, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio dal momento che per esse non vi è stata soccombenza, presupposto necessario per l’impugnativa, nè su di esse si è formato il giudicato (Cass., sez. 1, n. 3796 del 15/02/2008; Cass. n. 134 del 5/1/2017; Cass. n. 8817 del 1/6/2012).

16. In conclusione, va rigettato il primo motivo del ricorso incidentale, accolto il terzo motivo, e vanno dichiarati inammissibili i restanti motivi del ricorso incidentale ed i motivi del ricorso principale.

La sentenza va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame in relazione alla censura accolta, tenendo conto del principio secondo cui “l’agevolazione fiscale per gli investimenti prevista dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 – sexies, conv. dalla L. n. 27 del 2003, è compatibile con il diritto unionale in tema di aiuti di Stato (art. 107 TFUE) solo nella misura in cui sia volta a tenere indenni i beneficiari dei danni effettivamente e direttamente subiti da ciascuno di essi a causa di eventi calamitosi, calcolati al netto di eventuali importi ulteriori ricevuti a titolo assicurativo o in forza di altri provvedimenti” (Cass., sez. 5, ordinanza n. 24986 del 10/10/2018).

La Commissione regionale dovrà, altresì, provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara inammissibili il secondo, il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo del ricorso incidentale.

Dichiara assorbito il ricorso principale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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