Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1497 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/01/2017, (ud. 18/10/2016, dep.20/01/2017),  n. 1497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente –

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ISA Claudio – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8657-2014 proposto da:

S.N. domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato MAURIZIO VILLANI con studio in LECCE V.LE CAVOUR 56

(avviso postale ex art. 135) giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/2013 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 05/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. D’ISA CLAUDIO;

udito per il ricorrente l’Avvocato VILLANI che si riporta agli

scritti difensivi;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Commissione Tributaria Regionale delle Pugile – sezione distaccata di Lecce – con la sentenza, indicata in epigrafe, ha deciso gli appelli, proposti rispettivamente, in via principale dal contribuente S.N., e, in via incidentale dall’Ufficio finanziario, avverso più sentenza, i cui procedimenti sono stati riuniti, rese dalla Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi (nn. 74/01/04, 130/3/04, 131/3/04, 164/3/06, 54/3/06 e 165/3/06), con le quali era stati parzialmente accolti i ricorsi, proposti da S.N., avverso gli avvisi di accertamento per Irpef ed IVA rispettivamente in relazione agli anni 1996-1997, 1998 e 1999, emessi dall’Agenzia delle Entrate di Brindisi, sulla base del p.v.c. della Guardia di Finanza di Francavilla Fontana, all’esito di una verifica fiscale, eseguita nel periodo a cavallo tra il 200 ed il 2001, con controlli dei movimenti bancari del contribuente, che avevano portato a rideterminare il reddito di lavoro autonomo.

La CTR ha così deciso i gravami:

a) circa l’IVA 1996, l’Irpef 1996 e l’IVA 1997, ha rigettato gli appelli principali del contribuente avverso le sentenze nn. 74/1/04, 130/3/04 e 131/3/04 e, in accoglimento degli appelli incidentali, ha rigettato i ricorsi introduttivi del contribuente;

b) circa l’Irpef 1997, ha accolto l’appello dell’Ufficio e l’appello incidentale del contribuente – nei limiti della correzione dell’errore materiale di Euro 3.456.904 tra gli accrediti in evasione – avverso la sentenza n. 164/3/04, per l’effetto, il ricorso introduttivo nel resto;

c) circa l’IVA/Irpef 1998, l’IVA/Irpef 1999 ha accolto gli appelli dell’Ufficio avverso le sentenza nn. 54/3/06, 165/3/06 e, per l’effetto, ha rigettato il relativo ricorso introduttivo:

d) ha rideterminato le sanzioni irrogate nella complessiva misura di Euro 114.364,74.

2. Propone ricorso in cassazione per sentire cassare la predetta sentenza di secondo grado lo S.N. affidandolo ad un solo motivo, diversamente articolato.

Si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento alla disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si censura la illegittimità dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata la formulata eccezione di parte circa il mancato riconoscimento della validità degli atti notori.

Si argomenta che, tranne l’affermazione per cui le dichiarazioni di terzi non possono assurgere a prova idonea a giustificare i movimenti bancari, sottoposti a verifica dalla G.d.F., i giudici dell’appello non hanno adeguatamente motivato il loro convincimento circa la non idoneità di tali atti notori, provenienti da terzi (fratello e cugino del ricorrente), atti a giustificare la provenienza del danaro movimentato. Si richiama la giurisprudenza di questa Corte in merito alla utilizzabilità delle dichiarazioni di terzi con cui si afferma che il divieto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, si riferisce alla sola prova testimoniale nella sua accezione tipica: orale, a iniziativa di parte, richiedente la formulazione di capitoli e il giuramento dei testi. Tale divieto non pregiudica l’utilizzazione da parte del giudice tributario di dichiarazioni di soggetti terzi acquisite dalle parti processuali.

Diversamente, si evidenzia, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, n. 4, dispone che, in corso di verifica, l’Ufficio può “invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, documenti e fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi ricevute ed a fornire ogni informazione relativa alle operazioni stesse”. Di analogo tenore è il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 8 bis.

3. Si è costituita con controricorso l’Agenzia delle Entrate evidenziando l’inammissibilità del primo motivo del ricorso attesa la esaustiva e congrua motivazione della sentenza impugnata in ordine alle ragioni per cui non sono stati ritenuti idonei gli atti notori esibiti da parte avversa per giustificare i movimenti di danaro rilevati sul conto corrente dello S..

4. All’odierna udienza, dopo la relazione del giudice designato, il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso i difensori delle parti si sono riportati ai propri scritti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso è inammissibile.

Invero, relativamente al punto ritenuto decisivo, la CTR ha svolto logiche e condivisibili argomentazioni, a prescindere dalla utilizzabilità o meno degli atti notori esibiti dal ricorrente, il cui contenuto è stato ritenuto non credibile “…per la numerosità degli importi a debito e credito, senza alcun rilascio di ricevute, assegni o dichiarazioni con data certa…”.

In sostanza, il ricorrente cerca di fuorviare l’indagine di questa Corte sulla coerenza del ragionamento logico della CTR, posto a base del convincimento, dalla questione della credibilità del contenuto delle dichiarazioni di terzi rese in atti notori alla questione della credibilità del loro contenuto, questione, questa del tutto diversa ed è la sola, come evidenziato, affrontata dal giudice tributario dell’appello.

Ritiene, pertanto, il Collegio che i motivi di contestazione investono il merito della pretesa tributaria e risulta evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalla disposizione di legge di cui il ricorso lamenta la violazione.

Alcuna illogicità o contraddittorietà della motivazione è dato rilevare.

E’ opportuno rilevare che, con riguardo al paradigma dell’art. 360, comma al n. 5, il riferimento al “fatto controverso e decisivo per il giudizio” implica che la motivazione sulla ricostruzione della quaestio facti, evidenziata come contraddittoria, insufficiente od omessa, sia stata oggetto di una valutazione tale da parte del giudice del merito da essere affetta da contraddittorietà, insufficienza o mancata considerazione, non già nel senso dell’evidenza della mera possibilità della contraddizione o della mera possibilità dell’insufficiente considerazione o della mera possibilità di rilievo del fatto omesso, in modo tale da rendere soltanto possibile in via alternativa una motivazione diversa da quella resa dal giudice di merito sul fatto controverso, bensì nel senso che la contraddizione, l’insufficienza o l’omissione debba determinare la logica insostenibilità della motivazione resa da quel giudice (V. di recente: Sez. 3, Sentenza n. 17037 del 20/08/2015, Rv. 636317).

Alla soccombenza segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della costituita Agenzia delle Entrate che si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in complessivi Euro 2.200,00, oltre accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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