Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14968 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/06/2017, (ud. 10/05/2017, dep.15/06/2017),  n. 14968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2401-2016 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. RAMUSIO,

6, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO TINARI, rappresentato e

difeso dall’avvocato NICOLA TARIDDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 494/6/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO – SEZIONE DISTACCATA DI PESCARA, depositata

il 19/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/05/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara n. 494/06/2015, depositata in data 19/05/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso, a seguito di rideterminazione dei ricavi per il periodo d’imposta 2004 sulla base dell’applicazione degli studi di settore L. n. 427 del 1993, ex art. 62 bis, per maggiori imposte IRPEF, IRAP ed IVA, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente. In particolare, i giudici di appello hanno accolto il gravame dell’Agenzia delle Entrate, in quanto, a fronte dei rilievi mossi dall’Ufficio (con riguardo specifico alla spiccata antieconomicità gestionale ed alle gravi incongruenze emergenti), il contribuente non aveva addotto alcuna prova contraria.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c., denunciando l’omessa pronuncia sull’eccezione pregiudiziale dell’appellato di inammissibilità del gravame proposto dall’Agenzia delle Entrate, per tardività ed intempestività del medesimo, con conseguente temerarietà della lite ex art. 96 c.p.c. in secondo grado.

2. La censura è inammissibile, alla luce del costante orientamento di questa Corte secondo il quale il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo a vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, potendo profilarsi, invece, al riguardo, un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data da detto giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. 3927/2002; Cass. 22860/2004; Cass. 4191/2006; Cass. 321/2016);

3. Il ricorrente, con il secondo motivo, lamenta, inoltre, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54, comma 1 e art. 23, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la C.T.R. dichiarato tardiva la costituzione di esso appellato, in difetto dei presupposti di legge (atteso che l’atto di appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e notificato a mezzo servizio postale il 23/01/2013 era pervenuto il 25/01/2013, cosicchè la costituzione in giudizio dell’appellato era avvenuta nel rispetto dei termine di 60 giorni normativamente previsto), e conseguentemente omesso di esaminare l’eccezione, sollevata con le controdeduzioni in appello, di inammissibilità del gravarne dell’Ufficio e di condanna dell’appellante per lite temeraria.

4. La suddetta censura è assorbita,. stante l’inammissibilità del primo motivo di censura, processualmente preliminare al secondo.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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