Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14966 del 01/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14966 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 13988-2012 proposto da:
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI SRL 05541630728 in
persona dell’amministratore unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL
BABUINO 107, presso lo studio dell’avvocato SCHIANO ANGELO R., che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDI LUCIO, giusta mandato in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
VENERE MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv. GAROFALO PIETRO, giusta procura
alle liti a margine del controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 3946/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI del 7.6.2011,
depositata il 13/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/05/2014 dal
Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;

,T9

Data pubblicazione: 01/07/2014

udito per la ricorrente l’Avvocato Angelo R. Schiano che si riporta agli scritti.
Fatto e diritto
Con la sentenza impugnata del 13 giugno 2011 la Corte d’appello di Bari ha rigettato il
gravame proposto dalle Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.1., succeduta alla
Gestione Commissariale Governativa Ferrovie del Sud Est, avverso la sentenza del
Tribunale della medesima città, nei confronti di Venere Michele, dipendente cessato dal

del lavoratore avente ad oggetto il pagamento di differenze del trattamento di fine servizio
per omesso computo di alcune voci retributive.
La Corte ha ritenuto fondata la domanda di computo, nell’indennità di buonuscita
(calcolata al 31 maggio 1982) e nel tfr, di dette voci, atteso il loro carattere retributivo,
fisso e continuativo, ai sensi dell’art. 2121 c.c. nel testo anteriore alla L. n. 297 del 1982.
La Corte di Bari precisava che il locale Tribunale aveva emesso sentenza non definitiva il
23 marzo 2006, con cui aveva rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione, aveva
dichiarato la legittimazione passiva delle Ferrovie, escludendo quella del Ministero delle
Infrastrutture e della Regione Puglia; aveva dichiarato il diritto del Venere al computo
nella indennità di buonuscita e nel TFR dei compensi per lavoro straordinario e delle altre
indennità richieste; ed aveva disposto la prosecuzione del giudizio sul quantum.
Alla prima udienza successiva il procuratore del lavoratore aveva formulato richiesta
d’appello, mentre nessuna riserva avevano formulato le Ferrovie; indi il Tribunale, con la
sentenza definitiva aveva condannato le medesime Ferrovie al pagamento della somma di
10.394,63 euro oltre accessori;
Affermava la Corte d’appello che, non avendo le Ferrovie né fatto riserva d’appello
avverso la sentenza non definitiva, né avendo proposto appello contro di essa, si era
formato il giudicato sulla giurisdizione e sull’an debeatur.
La Corte d’appello rigettava poi l’eccezione di giudicato, fondata sulla sentenza del
Consiglio di Stato n. 8720 del 2010, la quale aveva confermato la sentenza di rigetto della
domanda di tenore del tutto analogo, proposta dal Venere e da altri lavoratori, rilevando
che non vi era prova del suo passaggio in giudicato.

servizio successivamente al 30 giugno 1998, confermando l’accoglimento della domanda

In relazione ai conteggi, la Corte affermava che la società aveva
lamentato solo che l’indennità di presenza mensile per 30.000 lire era
già stata inclusa nel computo del TFR. L’eccezione era inconferente
perché la CTU esperita in primo grado non aveva tenuto conto di
detta voce in quanto, appunto, già corrisposta.

Avverso questa decisione la società’ ha proposto ricorso per
Cassazione.
Il lavoratore resiste con controricorso.
Tanto premesso si osserva quanto segue.
Con il primo motivo la società eccepisce la formazione del giudicato e
produce sentenza del Consiglio di Stato n. 8270 6824/2011 che ha
confermato la sentenza del Tar Puglia, la quale aveva rigettato la
medesima domanda proposta nel presente giudizio dall’attuale intimato
e da altri lavoratori.
Con il secondo denunzia difetto di motivazione, quanto alla continuità
dei compensi di cui si chiede l’inclusione nella indennità di anzianità e
nel TFR.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto al primo motivo, in ricorso non si censura la sentenza
impugnata nel punto in cui ha ravvisato la formazione del giudicato
sull’ an della pretesa fatta valere ( non essendo stata impugnata la
sentenza non definitiva) , e quindi, quale che sia la rilevanza da
attribuire alla sentenza del Consiglio di Stato, consegue che la ratio
decidendi su cui si fonda la statuizione della Corte d’appello non è stata
impugnata e quindi vale a sorreggere la decisione.

9

Parimenti infondato è il secondo mezzo, giacché la continuità degli
emolumenti di cui si chiede la inclusione nel TFR e nella buonuscita è
questione nuova dedotta solo in questa sede, avendo affermato, la
sentenza impugnata che in appello era stata fatta questione solo in

ro

ordine alla inclusione della indennità di presenza, e neppure questa
parte della sentenza è stata censurata.
In conclusione e sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso deve
essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo sulla base del d.m. n.
55 del 2014, vanno poste a carico della soccombente e distratte in

PQM
LA CORTE
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità liquidate in € 3000,00 per compensi professionali
in € 100,00 per esborsi oltre al 15% per spese generali forfetarie. Iva e
Cpa come per legge. Spese da distrarsi in favore dell’avvocato che se
ne dichiara antistatario.
Così deciso in Roma il 12 maggio 2014

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

favore dell’avvocato antistatario

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