Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14963 del 14/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/07/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 14/07/2020), n.14963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – rel. Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

O.S., rappr. e dif. dall’avv. Mario Battisti del foro di

Latina, elett. dom. presso lo studio dell’avv. Giovanni Profazio,

sito in Roma, alla via G.De Vecchi Pieralice n. 20,

avvmariobattisti.puntopec.it come da procura spillata unita

all’atto;

– ricorrente –

Contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappr. e dif.

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma,

via dei Portoghesi n. 12, è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto Trib. Roma n. 366/2019 del 10.01.2019,

R.G. 32633/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Presidente relatore Dott.

Ferro Massimo alla camera di consiglio del 2.7.2020;

il Collegio autorizza la redazione del, provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. O.S. impugna il decreto Trib. Roma n. 366/2019 del 10.01.2019, R.G. 32633/2018 che ha rigettato il ricorso con cui O.S. ha impugnato il provvedimento emesso il 09.04.2018, con il quale la competente Commissione Territoriale gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato e di forme complementari di protezione, oltre al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. il tribunale ha rilevato: a) l’assenza dei requisiti minimi per poter concedere all’interessato ogni forma di protezione richiesta, considerando l’area di provenienza del Paese del richiedente (Gambia) non attinta da violenza generalizzata e il caso proprio di una migrazione esclusivamente economica; b) il difetto di circostanze di particolare vulnerabilità che possano assumere rilievo ai fini della protezione umanitaria;

3. il ricorso è su due motivi, cui resiste con controricorso il Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il ricorso è inammissibile; esso risulta introdotto con atto notificato solo il 14 giugno 2019, nonostante il decreto impugnato sia stato comunicato al difensore Maria Visentin (che patrocinava il richiedente avanti al tribunale) già il 10 gennaio 2019 e senza che in ricorso la circostanza sia stata menzionata, anche negativamente; ne consegue la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, che, nel suo comma 13, prevede che il ricorso per cassazione sia proposto entro 30 giorni dalla comunicazione del decreto;

2. la stessa questione del termine ridotto ha trovato reiezione in Cass. 17717/2018 e conferma in successive pronunce (Cass. 22598/2019), avendo riguardo alla previsione di 30 giorni per il ricorso per cassazione, a far data dalla comunicazione del decreto, scelta che “rientra senza dubbio nell’ambito della discrezionalità del legislatore, e trova giustificazione in esigenze di urgenza, analoghe a quelle che lo stesso legislatore ha reputato sussistenti in diverse fattispecie (v. p. es. L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 17, comma 2; L. Fall., art. 99, u.c.)”, cui si può aggiungere, per recente sistematizzazione del quadro impugnatorio, Cass. 30201/2019, per la quale il decreto che ha provveduto sull’omologazione del concordato preventivo potrà essere impugnato nel costante termine di 30 giorni dalla notificazione compiuta a cura della cancelleria, istituendosi una portata generale della nozione di reclamo e per quanto previsto dalla L. Fall., art. 18, che ne è la sede, sia che la pronuncia sia stata resa sul solo concordato sia che si sia accompagnata a quella sul fallimento, dunque in piena deroga all’art. 325 c.p.c.;

3. il ricorso è conseguentemente inammissibile, per tardività del suo inoltro, poichè notificato oltre i 30 giorni di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, ad entrambe le controparti pubbliche, già individuate dal ricorrente avanti al tribunale e pur se il ricorrente non ha menzionato l’avvenuta pregressa comunicazione via PEC a cura dell’Ufficio, limitandosi in atti al richiamo del decreto impugnato con i soli estremi della diversa, anteriore, data di pronuncia del medesimo (5 dicembre 2018), ininfluente ai fini del controllo officioso della tempestività, che ha dato esito negativo;

il ricorso va conclusivamente dichiarato inammissibile, con condanna alle spese secondo le regole della soccombenza, liquidate come meglio in dispositivo; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, liquidate in Euro 2.100, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2020

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