Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1496 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 11/09/2020, dep. 25/01/2021), n.1496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14041/2019 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS) in persona del Ministro pro

tempore, Prefettura Di Terni, elettivamente domiciliati in Roma Via

Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che li

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

O.O.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 23/2019 del GIUDICE DI PACE di TERNI,

depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2020 da Dott. RUSSO RITA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.- In data 27 settembre 2018 il prefetto di Terni ha pronunciato provvedimento di espulsione nei confronti dell’odierno intimato, cittadino (OMISSIS), cui è seguito provvedimento del questore di accompagnamento alla frontiera e trattenimento presso il CPR di (OMISSIS). Il giudice di pace di Terni su ricorso dell’interessato con ordinanza del 22 gennaio 2019 ha annullato il provvedimento di espulsione, rilevando che il cittadino (OMISSIS) al momento del controllo era in possesso di permesso di soggiorno scaduto in data 6/6/2018 e non rinnovato, risultando in atti copia del bollettino postale “compilato e non pagato”, ma che tuttavia il ritardo nella presentazione della richiesta di rinnovo non costituisce ragione sufficiente per il rifiuto del rinnovo stesso; il giudice di primo grado ha rilevato altresì che il soggetto era titolare di un contratto di locazione di un appartamento e intestatario di uno stato di famiglia composto dalla moglie e da due figli minori, e gravato da precedenti penali per reati non ostativi.

2.- Avverso la predetta ordinanza propone ricorso per cassazione l’Avvocatura dello Stato, affidandosi a due motivi. Il ricorso è stato notificato al procuratore domiciliatario di O.O., tramite PEC, in data 7 maggio 2019. L’intimato non si è costituito.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo del ricorso, la parte lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b). Censura la ordinanza del giudice di pace nella parte in cui ha ritenuto che il ritardo nella presentazione della richiesta di rinnovo non costituisce ragione sufficiente per il rifiuto e che l’espulsione può essere disposta solo nel caso in cui la domanda di rinnovo sia respinta per mancanza di requisiti di legge. Osserva l’Avvocatura che, ai sensi dell’art. 13 citato, l’espulsione si dispone nel caso in cui il soggetto non abbia presentato domanda di rinnovo di permesso di soggiorno, salvo che ricorrano giusti motivi per il ritardo e che nella specie, in base agli atti e ai documenti presentati dal ricorrente (copia della domanda di rinnovo e del relativo bollettino postale precompilato non pagato), non si può giustificare il ritardo nella richiesta. Con il secondo motivo del ricorso si lamenta l’omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e in particolare che il giudice di pace abbia omesso di verificare i precedenti penali dello straniero e l’attualità e il grado della sua pericolosità sociale atteso che era stato allontanato dalla casa familiare.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati.

Il primo giudice fa riferimento alla giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, che però non è pertinente alla fattispecie.

Non si tratta qui di valutare se al richiedente sia stato (in ipotesi ingiustamente) negato il rinnovo del permesso di soggiorno, ma se egli è stato legittimamente destinatario di un provvedimento di espulsione, posto che – come appare pacifico- era in possesso di un permesso di soggiorno scaduto e di cui non è stato chiesto il rinnovo senza allegare un giustificato motivo di ritardo.

Il giudice dinanzi al quale il decreto di espulsione è impugnato deve infatti controllare unicamente l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge e il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, lett. b) correttamente invocato dall’avvocatura di Stato, stabilisce che: “l’espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell’art. 10; b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo”.

In tema di espulsione per mancato rinnovo del permesso di soggiorno questa Corte ha affermato che “il provvedimento di espulsione dello straniero è obbligatorio e a carattere vincolato, sicchè il giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare, al momento dell’espulsione, l’assenza del permesso di soggiorno perchè non richiesto (in assenza di cause di giustificazione), revocato, annullato ovvero negato per mancata tempestiva richiesta di rinnovo” (Cass. 12976/2016).

Di questo principio il giudice di pace non ha fatto corretta applicazione, in quanto anzichè valutare la circostanza (pacifica) del mancato rinnovo del permesso ha affrontato la diversa e non pertinente tematica del rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno. Inoltre, anche con riferimento all’esame dei legami familiari il giudice di pace si è limitato alla stereotipata affermazione della convivenza familiare, senza esaminare la concreta vicenda e l’effettività dei predetti legami.

Ne consegue l’accoglimento del ricorso, la cassazione del provvedimento impugnato ei non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto può decidersi nel merito, rigettando l’originario ricorso avverso il decreto di espulsione. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso avverso il decreto di espulsione. Condanna l’intimato alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

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