Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14959 del 14/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/07/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 14/07/2020), n.14959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – rel. Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

COMUNE DI ACQUARO, in persona del Sindaco p.t., rappr. e dif.

dall’avv. Gerardo Drago del Foro di Vibo Valentia, pec:

gerardo.drago.avvocativibo.legalmail.it, con studio in Serra San

Bruno alla via Vittorio Emanuele III, n. 28, e dall’avv. Vito

Tassone del Foro di Catanzaro, pec: avvvitotassone.legalmail.it, con

studio in San Vito sullo Ionio alla via Umberto I, n. 378/A,

elettivamente domiciliato presso i rispettivi studi degli avv.ti,

come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

Contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI MAIERATO, SOCIETA’ COOPERATIVA

RESPONSABILITA’ LIMITATA, in persona del suo presidente e l.r.p.t.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. Catanzaro 23/05/2016, n.

826/2016, in R.G. n. 787/2011, rep. 991/2016;

vista la memoria del ricorrente;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 2 luglio 2020 dal Presidente relatore Dott. Ferro Massimo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. COMUNE DI ACQUARO impugna la sentenza App. Catanzaro 23/05/2016, n. 826/2016, in R.G. n. 787/2011, rep. 991/2016 che ha rigettato il suo appello avverso la sentenza n. 614/2010 con cui il Tribunale di Vibo Valentia dichiarava improcedibile il ricorso in opposizione allo stato passivo con il quale lo stesso Comune aveva contestato, nella procedura di liquidazione coatta amministrativa della Banca di Credito Cooperativo di Dasà, la mancata ammissione per l’ulteriore somma di 227.401,44 Euro (non utilizzata dalla banca nello svolgimento del servizio di tesoreria di cassa per il Comune) oltre a quella già riconosciuta di 62.297,77 Euro; e ciò in quanto, nel frattempo, detta procedura era stata chiusa, dopo che la Banca di credito cooperativo di Maierato era subentrata nel giudizio, per la cessione T.U.B. ex art. 90;

2. la corte ha ritenuto che l’ente, pur promuovendo l’opposizione allo stato passivo ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 87, non poteva invocare la disposizione di cui allo stesso T.U.B., art. 92, comma 8, laddove prevede la perdurante legittimazione processuale dei liquidatori, nei giudizi pendenti, nonostante la chiusura della liquidazione coatta; e ciò in quanto, da un lato, detta norma risultava introdotta solo successivamente alla l.c.a. della vicenda, con il D.Lgs. n. 181 del 2015 e, dall’altro, la invocata perpetuatio era comunque eccezionale e non implicava alcuna ultrattività della liquidazione; ne derivava il corretto rilievo d’ufficio della causa di improcedibilità, stante anche la non impugnazione della chiusura e l’applicazione, più in generale, dei principi valevoli per le procedure fallimentari;

3. il ricorso è su due motivi; si deduce: a) (primo motivo) la falsa applicazione del D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 181, con conseguente violazione del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 90, comma 2; art. 91, commi 6 e 7; art. 92, commi 7-8-9, nonchè dell’art. 112 c.p.c. sulla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non discutendosi sulla legittimazione o meno del commissario liquidatore a stare in giudizio, poichè già la norma anteriore al 2015 prevedeva tale continuazione, nè controvertendosi sulla ultrattività della liquidazione ovvero sulla chiusura, effettivamente avvenuta, della l.c.a. bancaria (della banca cooperativa di Dasà, per la quale quella di Maierato ha acquisito attivo e passivo e i giudizi pendenti); b) (secondo motivo) la falsa applicazione della L. Fall., artt. 120 e 194, posta la specialità della norma del T.U.B. rispetto a quella fallimentare e dunque violazione del T.U. D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 92, commi 7 e 8, oltre alle norme sui criteri ermeneutici, avendo altresì il giudice di appello omesso di esaminare quanto documentato dai prodotti rogiti del notaio G., rep. 90369 del 5 agosto 2002 e rep. 108740, racc. 16761 del 29/3/2004 e cioè il subentro della banca di Maierato nelle attività, passività e giudizi già riferiti alla banca in l.c.a. di Dasà.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. i due motivi sono trattati unitariamente per l’intima connessione e sono fondati; se è pacifico, infatti, che la chiusura della procedura di liquidazione coatta amministrativa bancaria è subordinata alla esecuzione di accantonamenti o all’acquisizione di garanzie ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 91, commi 6 e 7, nella vicenda non si controverte sulla legittimità o meno del provvedimento di chiusura della procedura concorsuale, disposto ed efficace già secondo il giudice di primo grado e senza che ne sia stata posta in discussione la definitività; così come è pacifico che il giudizio di opposizione allo stato passivo, promosso dal Comune di Acquaro avverso una solo parziale ammissione del proprio credito, è continuato nei confronti della banca di credito cooperativo di Maierato, subentrante nei rapporti della banca già in l.c.a., oltre che nei giudizi pendenti;

2. la questione va dunque circoscritta alla portata della norma di cui al T.U.B., art. 92, comma 8, che in realtà, nella sua prima parte, già prevedeva – anche anteriormente al D.Lgs. n. 181 del 2015 – che “successivamente alla chiusura della procedura di liquidazione coatta, i commissari liquidatori mantengono la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi dei giudizi”, con un richiamo esplicito alla permanente “rappresentanza legale della banca” (T.U.B., art. 84, comma 1); senza dunque che si ponga un problema di ultrattività della liquidazione coatta amministrativa, dopo la sua chiusura si dà che, a differenza di quanto era solo storicamente previsto per le procedure fallimentari, ma con avvicinamento della relativa disciplina a seguito della novella della L. Fall., art. 120, comma 5 (con il D.L. n. 83 del 2015), opera sul punto il diverso principio della prosecuzione dei giudizi in capo agli organi della procedura concorsuale bancaria; ed invero il T.U.B., art. 90, che nella specie avrebbe regolato la traslazione patrimoniale verso la banca cessionaria, trova infatti coerenza ove specifica (nel comma 2) che “il cessionario risponde comunque delle sole passività risultanti dallo stato passivo, tenuto conto dell’esito delle eventuali opposizioni presentate ai sensi dell’art. 87”, il che implica che i relativi giudizi proseguono;

3. la ratio decidendi con cui la sentenza ha negato tale continuità erroneamente si fonda sulla vigenza dell’intero T.U.B., art. 92, anche per la parte del comma 8 non implementata, quanto alle procedure di liquidazione coatta amministrativa in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 181 del 2015 e per le quali non fosse già stato autorizzato il deposito della documentazione finale; posto che dunque la l.c.a. bancaria in esame era chiusa, la soluzione sarebbe stata corretta ma solo per le attività ripartitorie affidate dalla novella ai commissari, al pari della possibilità per questi di essere estromessi dai giudizi relativi ai rapporti oggetto di cessione nei quali sia subentrato il cessionario, compresi quelli relativi allo stato passivo e di costituzione di parte civile in giudizi penali (comma 9, parimenti sorto con la novella del 2015);

il ricorso è, pertanto, fondato; ne consegue la cassazione della sentenza con rinvio alla corte d’appello, in diversa composizione, anche per le spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del procedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2020

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