Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14958 del 20/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 20/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 20/07/2016), n.14958
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17067/2015 proposto da:
VESTA FINANCE SRL, rappresenma dilla società procuratrice CERVED
CREDIT MANAGEMENT SPA, con socio unico in persona del Consigliere
delegato pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. P.
DA PALESTRINA – 55, presso lo studio dell’avvocato ROSAMARIA
MARIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
VALERIA PAGANI, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO CERAMICHE C. DI C.G. & C. SAS E DEL
SOCIO ILLIMITATAMENTE RESPONSABILE C.G., in persona del
Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE
ZEBIO, 40, presso lo studio dell’avvocato BARBARA SCHEPIS, che li
rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di MESSINA del 27/03/2015,
depositata il 07/04/2015, in causa n. 577/2014 r.g.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/06/2016 dal Consigliere Dott. Relatore FRANCO DE STEFANO;
udito l’Avvocato Rosamaria Mariano, difensore della ricorrente, che
si riporta alla dichiarazione di rinuncia;
udito l’Avvocato Barbara Schepis, difensore dei resistenti, che
chiede dichiararsi l’inammissibilità, con condanna di controparte
alle spese.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, rilevato in fatto:
– che, con ricorso notificato il 30.6.15, la Vesta Finance srl – a mezzo del suo procuratore Cerved Crcdit Management spa – ricorre, affidandosi ad almeno undici motivi, per la cassazione dell’ordinanza pubblicata dalla corte di appello di Messina il 7.4.15 (benchè in ricorso indicata con la diversa data del 24.4.15) ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., sull’appello avverso le sentenze non definitiva n. 397/10 e definitiva n. 405/14 del tribunale di Patti, rese nel contraddittorio con il Fallimento Ceramiche C. di C.G. & C. sas e del socio illimitatamente responsabile C.G., avente ad oggetto domanda ai sensi della L. Fall., art. 98, quanto ad un credito acquistato dalla Banca Antoniana Popolare Veneta spa, vantato con privilegio ipotecario, di Euro 4.522.415,96;
– che, con controricorso notificato in data 1-2 settembre 2015, l’intimata Curatela eccepisce, preliminarmente, la tardività del ricorso in relazione alla data di comunicazione a mezzo p.e.c. dell’ordinanza suddetta ad opera della cancelleria, avutasi il 23.4.15, per poi prendere analiticamente posizione su tutti i motivi di doglianza;
– che è superflua l’illustrazione delle argomentazioni a sostegno degli undici motivi di ricorso e delle specifiche repliche della controparte, con atto depositato il 29.10.15, ma del quale non consta la notifica alla controparte, la ricorrente ha rinunciato al ricorso;
– che, alla pubblica udienza di discussione del 9.6.16, mentre la ricorrente ha insistito su tale ultima dichiarazione, la controparte ha chiesto invece dichiararsi inammissibile il ricorso, provvedendosi sulle spese del giudizio di legittimità;
– che, in mancanza di valida procura, la rinunzia non può produrre gli effetti degli artt. 390 c.p.c. e segg.:
quella in calce all’atto di rinunzia non è valida, perchè autenticata dal solo difensore, che però non ne ha, nel giudizio di legittimità, il potere per essere il giudizio in primo grado iniziato in tempo anteriore al 4.7.09 e non applicandosi quindi il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c.; mentre la procura originaria, in calce al ricorso introduttivo, non si estende – nonostante il pure ampio, ma appunto generico, tenore letterale – alla specifica volontà abdicativa di rinunziare, che non può, attesa la peculiarità della fattispecie, ritenersi compresa tra i poteri “di legge o di prassi” in via generica menzionati tra quelli conferiti;
– che, tuttavia, tale dichiarazione della ricorrente rende evidente il venir meno del suo interesse alla pronunzia, anche in carenza di accordo con la controparte e qualora – come nella specie – questa non abbia svolto altre attività comunque tendenti a conseguire una pronuncia sul merito della controversia;
– che a tale sopravvenuta carenza di interesse, a guisa di rinunzia irrituale, la giurisprudenza di questa Corte ricollega l’inammissibilità del ricorso (v., tra le molte: Cass. 6 dicembre 2004 n. 22806ò Cass. 15 settembre 2008, n. 23685; Cass. Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 1 aprile 2011, n. 7556; Cass. 26 maggio 2011, n. 11606; Cass. 27 gennaio 2012, n. 1190; Cass. 21 febbraio 2013, li. 4368; Cass. 12 aprile 2013, n. 8941; Cass. 7 ottobre 2013, n. 22814; Cass. 11 ottobre 2013, n. 23161; Cass. 11 dicembre 2013, n. 27763);
– che, espressamente instando per la pronunzia sulle stesse la controricorrente, occorre provvedere sulle spese in applicazione dei principi sulla soccombenza virtuale;
– che quelle vanno poste a carico della ricorrente, attesa l’evidente tardività del ricorso in relazione al termine previsto dall’art. 348-ter c.p.c., secondo la comprovata prospettazione della controparte: termine la cui violazione, nonostante esso sia posto espressamente per l’impugnazione della sentenza di primo grado, comporta anche e necessariamente il passaggio in giudicato di quella e quindi l’inammissibilità dell’impugnazione della successiva ordinanza (peraltro, nella specie in tutta evidenza gravata al di fuori del ristretto ambito di autonoma impugnabilità riconosciuto da Cass. Sez. Un., 2 febbraio 2016, n. 1914, siccome resa oggetto di sostanziali censure alle specifiche ricostruzioni in fatto ed alle motivazioni in diritto poste a base della valutata insussistenza di ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello);
– che, per il tenore della presente pronunzia, trova applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto – senza ulteriori valutazioni discrezionali – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante integralmente soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.
PQM
la Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna la ricorrente, in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidate in Euro 14.900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016