Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14956 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. un., 07/07/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 07/07/2011), n.14956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. TRIOLA Roberto Michel – Presidente di sezione –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18402/2010 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ALESSANDRO III 6, presso lo studio degli avvocati BARBIERI

Alessandro, NOCERINO RAIMONDO, LAUDADIO FELICE, che lo rappresentano

e difendono, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA 50-A, presso lo studio

dell’avvocato LAURENTI LUCIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

FERRARI Fabio Maria, per delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.A.;

– intimato –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

4466/2005 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE di NAPOLI;

udito l’Avvocato Maurizio TREVISANI per delega degli avvocati Felice

Laudadio, Raimondo Nocerino, Alessandro Barbieri;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/06/2011 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato una relazione del seguente tenore:

“1. Il sig. T.A. ha impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania prima una nota del 30 marzo 2005 con cui l’amministrazione comunale di Napoli lo aveva diffidato dal continuare ad occupare senza titolo un alloggio di edilizia residenziale pubblica di proprietà del comune e poi un’ordinanza comunale dell’8 marzo 2010 ed un’ulteriore nota del 26 aprile 2010 con le quali, rispettivamente, l’amministrazione gli aveva ordinato di rilasciare l’alloggio ed aveva fissato la data dello sgombero coatto.

Il Comune di Napoli ha resistito al ricorso eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Il sig. T. ha proposto perciò ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, al quale il Comune di Napoli ha replicato con controricorso.

2. La controversia in relazione alla quale si è posta la questione di giurisdizione ha ad oggetto il rilascio di un immobile ad uso abitativo, appartenente al Comune di Napoli, il quale pretende di recuperarne la disponibilità nei confronti di un occupante senza titolo che a quella pretesa si oppone.

E’ principio già affermato da questa corte quello secondo il quale le vertenze aventi ad oggetto il rilascio di alloggi di edilizia pubblica residenziale occupati senza titolo rientrano nella giurisdizione ordinaria (cfr., tra le altre, Sez. un n. 3389 del 2002 e n. 24764 del 2009), in quanto non afferiscono alla disciplina della concessione di beni pubblici ed implicano la decisione su contrapposte posizioni di diritto soggettivo: il diritto dell’ente proprietario di utilizzare il bene in conformità al proprio potere dominicale e quello eventualmente vantato sul medesimo bene dall’occupante.

Il ricorrente fa notare che, nella presente fattispecie, egli non ha però mai asserito di essere titolare di un diritto che lo legittimi all’occupazione dell’immobile, ma ha solo contestato la legittimità dei provvedimenti mediante i quali l’amministrazione comunale ha agito per recuperarne la disponibilità. L’assunto del sig. T., infatti, è che l’originaria diffida a rilasciare l’alloggio sia illegittima, in quanto non preceduta dall’avviso di inizio del procedimento, e che il comune avrebbe ecceduto nei suoi poteri ordinando successivamente lo sgombero dell’immobile e fissandone la data senza tener conto nè della circostanza – acclarata attraverso un processo penale dal quale lo stesso ricorrente era uscito assolto – che l’occupante aveva ottenuto la disponibilità dell’appartamento convinto che il privato concedente ne avesse titolo, nè dell’ulteriore procedimento in corso preordinato all’acquisto da parte sua del medesimo immobile. Non della lesione di un diritto soggettivo egli, dunque, si sarebbe doluto, bensì dell’interesse legittimo al regolare espletamento dell’attività amministrativa, messo in dubbio anche in considerazione della natura solo patrimoniale (e non demaniale) dell’immobile di cui si tratta, in relazione al quale l’amministrazione non disporrebbe di poteri di autotutela. Ad ulteriore conferma dell’invocata giurisdizione amministrativa il ricorrente richiama i principi espressi dalle sezioni unite di questa corte nelle ordinanze n. 16095 e n. 23675 del 2009.

Tali argomentazioni non sembrano però idonee ad incardinare la giurisdizione del giudice amministrativo, dovendosi aver riguardo al contenuto effettivo della controversia indipendentemente dal modo in cui essa è presentata dalla parte.

A differenza delle situazioni esaminate dalle due ordinanze appena citate, nelle quali si faceva questione del mancato esercizio del potere dell’amministrazione di ordinare lo sgombero di alloggi occupati senza titolo, qui viene in evidenza la posizione del destinatario di un provvedimento di sgombero che invece è stato emanato, ed al quale egli si oppone.

Occorre allora tener conto del fatto che l’iniziativa del comune si radica nella previsione della L.R. Campania n. 18 del 1997, art. 30, in forza del quale il sindaco “dispone con propria ordinanza il rilascio degli alloggi di edilizia residenziale pubblica occupati senza titolo” (comma 1), “anche nei confronti di chi fruisca di un alloggio ceduto illegalmente” (comma 2), diffidando preventivamente l’occupante a rilasciare il bene con un preavviso di non oltre sessanta giorni; e la diffida – aggiunge il comma 3 – “costituisce, ai sensi e per gli effetti dell’art. 474 cod. proc. civ., titolo esecutivo nei confronti dell’occupante senza titolo”.

L’ordine di rilascio, in presenza dei presupposti indicati dalla norma, non si configura come l’esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione, la cui concreta esplicazione richieda di volta in volta una valutazione di pubblico interesse, bensì come un atto imposto dalla norma stessa. Ne fa fede non solo la forma verbale “dispone”, ma anche la previsione che limita la possibilità di accordare un preavviso superiore a quello indicato dal legislatore:

previsione che non avrebbe senso se l’amministrazione fosse libera addirittura di valutare se avvalersi o meno dell’ordinanza di rilascio e della conseguente diffida come di un qualsiasi possibile mezzo di autotutela.

A ciò si aggiunge che, per espressa indicazione del legislatore, la diffida è destinata ad operare come titolo esecutivo “ai sensi e per gli effetti dell’art. 474 cod. proc. civ.”. La posizione dell’occupante chi si opponga al rilascio sostenendo, per qualsiasi motivo, l’illegittimità del titolo esecutivo in base al quale l’amministrazione pretende di conseguire la disponibilità dell’alloggio sembra perciò assumere la consistenza di diritto soggettivo: il diritto di resistere ad una attività esecutiva illegittimamente posta in esser da altri nei suoi confronti, non diverso da quello da cui è connotata la situazione di chiunque proponga opposizione ad un titolo esecutivo (o agli atti esecutivi in base ad esso compiuti). Nè a ciò pare potersi fondatamente contrapporre la circostanza che, in questo caso, il titolo esecutivo è apprestato unilateralmente dalla pubblica amministrazione, volta che quel che viene contestato è pur sempre il diritto di agire esecutivamente, nella specifica situazione, in un contesto nel quale gli eventuali vizi di legittimità dell’atto rilevano solo al fine di pretenderne la disapplicazione da parte del giudice chiamato a statuire sull’esistenza delle condizioni richieste dalle legge per dare corso forzato al rilascio del bene.

Se si condividono tali considerazioni, deve concludersi per l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario”.

La corte fa proprie tali considerazioni, alle quali nessuna obiezione è stata successivamente mossa dalla ricorrente, che non ha depositato memorie.

Alla declaratoria di giurisdizione del giudice ordinario consegue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore dell’amministrazione comunale controricorrente, delle spese del regolamento, liquidate in Euro 3.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

P.Q.M.

La corte, pronunciando sul ricorso a sezioni unite, dichiara che la causa rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del regolamento, che liquida in Euro 3.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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