Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14955 del 14/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/07/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 14/07/2020), n.14955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19077 R.G. anno 2018 proposto da:

M.V. e D.R.P.N., elettivamente

domiciliati in Roma, via Emilio De Cavalieri 11, presso l’avvocato

Maria Francesca Monterossi, rappresentati e difesi dall’avvocato

Antonio Massimo Tursi;

– ricorrente –

contro

Mediocrati Società Cooperativa per Azioni, rappresentata da BCC

Gestione Crediti Società per la Gestione dei Crediti s.p.a.

elettivamente domiciliata in Roma, via dell’Orso 74, presso

l’avvocato Salvatore Perugini, dal quale è rappresentata e difesa;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 580/2018 della Corte di appello di Catanzaro,

depositata il 29/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 6/3/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – M.V.P. e D.R.P.N. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti dal Tribunale di Castrovillari: decreto emesso su ricorso della Banca di Credito Cooperativo della Sibaritide – Spezzano Albanese e basato sul credito da questa vantato nei confronti del primo, in qualità di obbligato principale, e della seconda, quale fideiussore, per il complessivo importo di Euro 70.012,35, derivante da due contratti di mutuo. Nel proporre opposizione gli intimati lamentavano l’applicazione di interessi anatocistici e usurari; chiedevano quindi accertarsi il rapporto di dare e avere tra le parti, instando per la nomina di un consulente tecnico.

In esito al giudizio di primo grado in cui si costituiva Credito Cooperativo Mediocrati, soc. coop. p.a., cessionaria del credito, e in cui era esperita consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo.

2. – Investita del gravame della banca, la Corte di appello di Catanzaro, a seguito del rinnovo della consulenza, pronunciava, in data 29 marzo 2018, sentenza con cui, in riforma della pronuncia di primo grado, condannava gli appellati al pagamento della somma di Euro 57.267,94, oltre interessi.

La Corte calabra rilevava di aver incaricato il c.t.u. di redigere il proprio elaborato tenendo conto dei soli documenti prodotti in sede monitoria, oltre che nel corso del giudizio di opposizione, ma prima che scadessero i termini ex art. 184 c.p.c.. Osservava poi che il consulente, sulla base delle risultanze di causa, era stato in grado di elaborare i conteggi. La Corte di merito rilevava che “(1)a produzione documentale offerta tempestivamente dalla banca con riferimento alla somma vantata e riportata sul contratto, non era stata contestata dagli opponenti)”; osservava che questi non avevano sollevato questioni con riguardo al numero delle rete onorate; rilevava, infine, che gli appellati avevano limitato le loro difese al tema dell’ammontare, reputato eccessivo, degli interessi pretesi, lamentando la violazione della prescrizione contenuta nell’art. 1283 c.c..

3. – Contro la detta sentenza M. e D.R. ricorrono per cassazione. L’impugnazione è basata su due motivi ed è illustrata da memoria. Resiste con controricorso Credito Cooperativo Mediocrati.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè illogicità e insufficienza della motivazione. Lamentano gli istanti che la Corte di merito avrebbe fondato il proprio convincimento su di una consulenza contabile senza motivare in ordine alle questioni, in punto di nullità e di inutilizzabilità dell’accertamento peritale, che erano state da loro sollevate. In particolare, detta Corte avrebbe elaborato il conteggio basandosi esclusivamente sulle osservazioni ex art. 195 c.p.c., formulate dal difensore della banca in primo grado, laddove lo stesso giudice del gravame aveva disposto che la relazione di consulenza tecnica andasse redatta sulla base ei documenti prodotti in sede ingiuntiva ed entro lo scadere dei termini di cui all’art. 184 c.p.c..

Il secondo motivo oppone la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. Rilevano i ricorrenti che la banca, la quale era onerata di dar prova del proprio credito, non vi aveva provveduto e che lo stesso c.t.u. di appello aveva evidenziato come, sulla base dei documenti tempestivamente prodotti, non fosse possibile “risalire ai conteggi eseguiti dalla banca per la determinazione degli importi girati a sofferenza”.

2. – I due motivi sono inammissibili.

L’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ex art. 2697 c.c., comma 1, a provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione (Cass. 16 ottobre 2017, n. 24328; Cass. 24 febbraio 2004, n. 3642).

Va inoltre considerato che il difetto di contestazione implica l’ammissione in giudizio dei fatti cosiddetti principali, ossia costitutivi del diritto azionato, mentre la non contestazione dei fatti cosiddetti secondari, ossia dedotti in esclusiva funzione probatoria, costituisce argomento di prova ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2, (per tutte: Cass. 2 ottobre 2015, n. 19709; Cass. 27 febbraio 2008, n. 5191).

Ciò detto, la Corte di merito ha dato atto (pag. 7 della sentenza) che nel fascicolo monitorio erano contenuti i due documenti contrattuali relativi ai due mutui, le scritture con cui erano state rilasciate le garanzie fideiussorie, i conteggi relativi ai piani di ammortamento e una missiva contenente la proposta di un piano di rientro da parte della ditta facente capo a M.. Come si è visto, la stessa Corte di Catanzaro ha poi nella sostanza rilevato (pag. 9), che, se si eccettuava il profilo relativo alla contabilizzazione degli interessi anatocistici (che qui non viene in rilievo), nessuna contestazione era stata sollevata dagli odierni ricorrenti con riguardo al quantum preteso: nella pronuncia si legge, in particolare, che M. e D.R. non avevano affatto negato che il numero delle rate versate fosse quello indicato dalla banca.

A fronte del rilievo del consulente per cui la produzione documentale acquisita era “scarna” (sentenza, pag. 8), la Corte di merito è dunque pervenuta all’accertamento della spettanza della somma di Euro 57.267,94, indicata dal c.t.u., valorizzando non già le asserite (e non meglio definite) dichiarazioni rese dal difensore della banca in primo grado, quanto piuttosto, e del tutto legittimamente, il quadro processuale emergente dalla mancata contestazione di cui si è detto.

Il ricorso è dunque inammissibile, in quanto le censure formulate non si dirigono contro la ratio decidendi della sentenza impugnata (per tutte: Cass. 10 aprile 2018, n. 8755).

3. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della controparte, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2020

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