Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14953 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/06/2017, (ud. 05/12/2016, dep.15/06/2017),  n. 14953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18899-2016 proposto da:

I.D., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA 88, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ARILLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARLA PENNETTA, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, (OMISSIS), in persona del

ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controlicorrente –

avverso la sentenza n. 70/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

20/01/2016, depositata il 26/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.

Fatto

PREMESSO

Che è stata depositata relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nella quale si legge quanto segue:

“1. – La Corte d’appello di Ancona ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale aveva respinto il ricorso del sig. I.D., cittadino nigeriano, avverso il diniego di riconoscimento di qualsiasi forma di protezione internazionale da parte della competente Commissione territoriale.

La Corte ha ritenuto che la vicenda narrata dall’appellante, generica e priva di riscontri, incentrata sulle minacce di morte subite ad opera di un uomo molto potente nel suo paese, interessato a terreni di proprietà del padre, già ucciso su mandato di quell’uomo, non integrava gli estremi della persecuzione rilevante ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato; nè integrava gli estremi per il riconoscimento della protezione sussidiaria, posto che l’appellante non aveva dedotto di aver denunciato all’autorità del suo paese i gravi episodi di cui era rimasto vittima, e del resto neppure potevano dirsi integrati gli estremi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non essendo segnalate, nella zona di provenienza dell’appellante – Edo State, nel sud della Nigeria – situazioni di conflitto armato e violenza indiscriminata ai danni della popolazione civile; nè consentiva, infine, il riconoscimento della protezione umanitaria, non integrandone i presupposti e non avendo l’appellante dimostrato di rientrare in categorie soggettive vittime di violazioni dei diritti umani di particolare entità.

Il sig. I. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi. L’Amministrazione intimata non si è difesa.

2. – I primi due motivi di ricorso, rubricati come denunce di violazione di norme di diritto, sono inammissibili perchè contengono, invece, critiche generiche e di puro merito alla valutazione di genericità e mancanza di riscontri della narrazione del ricorrente.

3. – Il terzo motivo, riguardante il diniego di protezione umanitaria, è del pari inammissibile, posto che il ricorrente, nel lamentare che i giudici di merito abbiano escluso che egli rientri in taluna delle categorie di persone vulnerabili meritevoli di tale protezione (persone affette da patologie gravi, madri con figli minori, persone impossibilitate ad autodeterminarsi anche nelle scelte più elementari), non argomenta perchè, invece, la sua situazione sarebbe meritevole della stessa.”;

che tale relazione è stata comunicata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state presentate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione sopra trascritta, salvo precisare che l’Amministrazione intimata si è difesa con controricorso;

che pertanto va dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

che le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, per cui non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.100,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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