Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14951 del 01/07/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 14951 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 9310-2008 proposto da:
PIETRAROIA

NICOLA

C.F.

PTRNCL56B31F131T,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE DI
S. PIO V 14, presso lo studio dell’avvocato GAVA,
rappresentato e difeso dall’avvocato MASCOLO
SALVATORE, giusta delega in atti e da ultimo
2014
1458

domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE;
– ricorrente contro

A.S.L. NAPOLI 5, C.F. 02949771212, in persona del del

Data pubblicazione: 01/07/2014

Direttore

Generale e

legale

rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato MAZZA
RICCI GIGLIOLA, rappresentata e difesa dall’avvocato
MARTUCCI EDUARDO, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 243/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 31/03/2007 r.g.n. 1900/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

28/04/2014

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controricorrente –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Asl Napoli 5 (qui di seguito, per brevità indicata anche come AsI)
propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso, a

l’attività di assistenza programmata domiciliare dal medesimo svolta.
Il Giudice adito respinse l’opposizione.
Con sentenza del 18.1-31.3.2007 la Corte d’appello di Napoli,
accogliendo il gravame della Asl, revocò il decreto ingiuntivo
opposto.
A sostegno del decisum la Corte territoriale, per ciò che qui rileva,
osservò quanto segue:

in riferimento all’eccezione relativa alla mancata autorizzazione

alla proposizione del giudizio di appello, doveva rilevarsi come lo
stesso Direttore Generale della Asl avesse sottoscritto il mandato
alle liti, affidando la difesa ai procuratori costituiti in giudizio ed
autorizzando in tal modo la proposizione del gravame;
in riferimento all’eccezione della mancata specificazione dei
motivi, doveva rilevarsi che l’atto d’impugnazione conteneva
specifiche censure nei confronti delle motivazioni espresse
nell’impugnata sentenza, nonché la riproposizione di doglianze già
evidenziate nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo e non
esaminate dal primo Giudice;
– quanto al merito, alla luce della diffusamente ricordata normativa
di riferimento, risultava evidente, dall’esame della produzione
allegata al fascicolo di parte appellata, che non solo nulla era stato

richiesta del medico Pietraroia Nicola, a titolo di spettanze per

provato in ordine all’avvenuta programmazione degli accessi sulla
base delle esigenze effettive dei pazienti, ma che dal tenore degli
stessi fogli riepilogativi non era dato sapere il tipo di intervento svolto

programmata e finanche le condizioni sanitarie dei pazienti (ad
esempio, se deambulanti o meno); inoltre, nella maggior parte dei
casi, sotto la voce “prestazioni”, si leggevano soltanto incerte
indicazioni del tipo: “alimenti speciali”, “siringhe” o “pannoloni”, ecc.,
senza neanche chiarire se tali prestazioni fossero state effettuate al
domicilio del paziente o meno; doveva quindi ritenersi che il sanitario
non aveva assolto l’onere primario, sul medesimo gravante, di fornire
la prova dell’avvenuta effettuazione delle prestazioni di assistenza
domiciliare programmata.
Awerso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, Pietraroia Nicola
ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi.
La Asl Napoli 5 ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione di legge

e vizio di motivazione, in relazione all’art. 75 cpc, si duole che la
Corte territoriale, pur avendo accertato che non vi era agli atti la
delibera del Direttore Generale della Asl di autorizzazione alla
proposizione dell’appello, abbia ritenuto sufficiente, ai fini
dell’ammissibilità dell’impugnazione, la sola sottoscrizione del
mandato alle liti da parte del Direttore Generale.

4

(se domiciliare o ambulatoriale), il rispetto della cadenza

1.1 L’art. 3 divo n. 502/92 prevede, fra l’altro, che il direttore
generale adotta l’atto aziendale ed è responsabile della gestione
complessiva (comma 1 quater); riserva inoltre al direttore generale

sanitaria locale …” (comma 6).
L’art. 18 legge regionale Campania n. 32/94 stabilisce a sua volta
che il direttore generale ha la rappresentanza legale dell’azienda,
esercita tutti i poteri di gestione di cui al comma 6 dell’art. 3 dl.vo n.
502/92 e successive modifiche e integrazioni e adotta tutti i
provvedimenti necessari (comma 1); il successivo comma 8 prevede
che il direttore generale adotta i provvedimenti di sua competenza
sentito il parere del direttore sanitario, del direttore amministrativo,
del consiglio dei sanitari, ove richiesto, nonché del coordinatore dei
servizi sociali ove presente e che, qualora ritenga di adottare tali
provvedimenti in difformità dei pareri come innanzi espressi, è tenuto
a darne motivazione.
Ne discende che:

i pareri, non vincolanti, del direttore amministrativo e del direttore

sanitario, hanno natura di atti interni;

in assenza di specifiche e contrarie disposizioni, il direttore

generale non ha necessità di una preventiva deliberazione
autorizzativa per la proposizione di azioni giudiziarie o per la
resistenza in giudizio, dovendosi escludere che un organo
rappresentativo monocratico debba stare in giudizio con
l’autorizzazione di sé stesso (cfr, in relazione alla legislazione

5

“Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell’unità

regionale del Lazio, Cass., n. 7941/2013; in relazione ai poteri di
costituzione in giudizio dei commissari straordinari delle aziende
sanitarie, Cass., nn. 8225/2001; 6343/2004).

secondo cui, nella specie, era stata adottata dal Direttore Generale
delibera di opposizione al decreto ingiuntivo di cui al presente
processo, con l’individuazione dei difensori interni all’Azienda
incaricati per la controversia, il motivo all’esame non merita
accoglimento.
2.

Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 342 e

434 cpc, nonché vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 comma
1, nn. 3 e 5, il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia
respinto l’eccezione di inammissibilità del gravame per mancata
specificazione dei motivi.
A conclusione del mezzo è stato formulato il seguente quesito ai
sensi dell’art. 366 bis cpc: “l’appellante ha l’onere di specificare i
motivi della impugnativa e tale onere non può ritenersi assolto con la
mera riproposizione delle argomentazioni svolte in primo grado che
non investano e censurino specificamente le argomentazioni svolte
nella sentenza impugnata. La mancata specificazione dei motivi
determina l’invalidità dell’appello”.

2.1 Osserva la Corte che l’art. 366 bis cpc è applicabile ai ricorsi per
cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata
in vigore (2.3.2006) del dl.vo 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr, art. 27,
comma 2, dl.vo n. 40/06) e anteriormente al 4.7.2009 (data di entrata

6

Pertanto, anche a prescindere dal rilievo della controricorrente

in vigore della legge n. 68 del 2009) e, quindi, anche al presente
ricorso, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il
31.3.2007.

nn. 1, 2, 3 e 4, cpc, l’illustrazione di ciascun motivo si deve
concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un
quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n.
5, cpc, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a
pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Secondo l’orientamento di questa Corte il principio di diritto previsto
dall’art. 366 bis cpc, deve consistere in una chiara sintesi logicogiuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità,
formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od
affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco
l’accoglimento od il rigetto del gravame (cfr, ex plurimis, Cass., SU,
n. 20360/2007), mentre la censura concernente l’omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un
momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in
sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007).

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In base alla norma suddetta, nei casi previsti dall’art. 360, comma 1,

In particolare deve considerarsi che il quesito di diritto imposto
dall’art. 366

bis cpc, rispondendo all’esigenza di soddisfare

l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella

più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione
nomofilattica della Suprema Corte di Cassazione, il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la
risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale,
e non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del
motivo o nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla
fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello
stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni
esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con
l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile
di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto
all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 11535/2008; 19892/2007).
Conseguentemente è inammissibile non solo il ricorso nel quale il
suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in
modo

inconferente

rispetto

alla

illustrazione

dei

motivi

d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito, sì da dovere
essere ricavato per via di interpretazione dal giudice; od ancora sia
formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile
accertamento di fatto; od, infine, sia formulato in modo del tutto
generico (cfr, ex plurimis, Cass., SU, 20360/2007, cit.).

8

cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una

2.2 Con il motivo all’esame il ricorrente ha denunziato violazione di
norme di legge e vizio di motivazione, ma, in relazione al primo vizio,
ha formulato un quesito di diritto (quale più sopra ricordato) del tutto

richiesto momento di sintesi.
Il che determina l’inammissibilità del mezzo.
3. Con il terzo motivo denunciando violazione degli arti. 32 e 39 dpr
n. 484/96, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cpc,
violazione dell’art. 112 cpc, ultrapetizione ed error in procedendo, il
ricorrente assume che la Corte territoriale ha compiuto sue
autonome, e non richieste, valutazioni sulla necessità che il medico
provi l’avvenuta programmazione degli accessi in base alle
necessità, il rispetto della cadenza programmata e le condizioni
sanitarie dei pazienti (se deambulanti o meno), nel mentre l’Asl
aveva sostenuto che esso ricorrente non aveva esibito le distinte
riepilogative contabili, onde consentire i dovuti controlli all’ente
erogatore; pertanto l’indagine del Giudice del gravame avrebbe
dovuto essere limitata alla verifica della presentazione (da parte del
sanitario) di tali distinte contabili riepilogative.
A conclusione del mezzo è stato formulato il seguente quesito di
diritto: “in caso di opposizione a decreto ingiuntivo il Giudice incorre
in vizio di ultrapetizione se esamina questioni ed elementi non
dedotti dalla parte e pone a base della motivazione e decisione
argomenti non dedotti nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo”.

9

generico, e, in relazione al vizio di motivazione, non ha formulato il

3.1 Richiamando le considerazioni in tema di formulazione dei
quesiti ex art. 366 bis cpc già esposte nell’ambito della trattazione
del precedente motivo, deve convenirsi che anche il suddetto quesito

all’esame.
4.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt.

32 e 39 e dell’allegato D dpr n. 484/96, in relazione all’art. 360 nn. 3
e 5 cpc, nonché violazione dell’art. 2697 cc, assumendo che con la
presentazione e trasmissione delle distinte riepilogative per
prestazioni aggiuntive, di cui all’allegato D dpr n. 484/96, esso
ricorrente aveva assolto il proprio onere probatorio, mentre l’Azienda
Sanitaria, ove avesse inteso contestare le prestazioni e il relativo
ammontare, sarebbe stata tenuta a formulare specifiche
contestazioni in ordine alle suddette distinte riepilogative.
4.1 II motivo non svolge una pertinente argomentazione critica
rispetto al nucleo fondante della sentenza impugnata, in base alla
quale, come già esposto nello storico di lite, nulla era stato provato in
ordine all’avvenuta programmazione degli accessi sulla base delle
esigenze effettive dei pazienti, né, dal tenore degli stessi fogli
riepilogativi, era dato sapere il tipo di intervento svolto (se domiciliare
o ambulatoriale), il rispetto della cadenza programmata e persino le
condizioni sanitarie dei pazienti.
Stante tale mancanza di specificità il mezzo non può quindi trovare
accoglimento.

10

è del tutto generico, con conseguente inammissibilità del mezzo

5.

Con il quinto motivo, denunciando violazione del dpr n. 484/96 in

relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cpc, il ricorrente deduce
che, a mente del n. 4 dell’allegato D dpr n. 484/96, solo se la

alla distinta deve essere allegato l’originale dell’autorizzazione
stessa; nel caso specifico, tuttavia, esso ricorrente non aveva
richiesto il compenso per prestazioni per le quali fosse richiesta
l’autorizzazione dell’Azienda sanitaria.
A conclusione del mezzo è stato formulato il seguente quesito di
diritto: “nel caso delle prestazioni aggiuntive di cui all’allegato “D” del
D.P.R. 484/1996 solo se la prestazione è eseguita previa
autorizzazione dell’azienda sanitaria, alla distinta riepilogativa deve
essere allegato l’originale dell’autorizzazione stessa”.

5.1 Richiamati i già ricordati principi in tema di quesiti di diritto ex art.
366 bis cpc, deve convenirsi che il surricordato quesito e, con esso, il
motivo a cui lo stesso accede, è inammissibile, perché si limita a
riprodurre il contenuto della norma che si assume violata e,
implicitamente, presuppone un accertamento di fatto sulla natura
delle prestazioni svolte (e sulla conseguente necessità
dell’autorizzazione) non consentito in sede di legittimità.
6.

In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P. Q. M.

11

prestazione è eseguita previa autorizzazione sanitaria dell’Azienda,

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle
spese, che liquida in euro 3.100,00 (tremilacento), di cui euro
3.000,00 (tremila) per compenso, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma il 28 aprile 2014.

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