Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14948 del 20/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 20/07/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 20/07/2016), n.14948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21504/2011 proposto da:

L.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI GRACCHI 209, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO BUZZI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO SCANCARELLO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso

dagli Avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO,

giusta delega in atti;

TRENITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE CONSOLO, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 93/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 08/03/2011 R.G.N. 59/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;

udito l’Avvocato RUGGIERI Gianfranco per delega orale Avv. CONSOLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RITA SANLORENZO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 93/2011, depositata 1’8.3.2011, la Corte d’Appello di Genova in parziale riforma della sentenza del tribunale di Genova revocava il decreto ingiuntivo opposto e respingeva tutte le domande proposte a titolo di bonus della L. n. 243 del 2004, ex art. 1, comma 12, da L.R. nei confronti di Trenitalia SPA, e per l’effetto dichiarava che nulla doveva l’INPS a Trenitalia SPA a titolo di manleva.

La sentenza appellata di primo grado aveva invece respinto l’opposizione proposta da TRENITALIA s.p.a. al decreto ingiuntivo emesso su istanza di Rosolino per il pagamento di Euro 14.610,47, corrispondenti ai contributi gravanti sulle retribuzioni erogategli dal settembre 2006 al luglio 2007, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali, a titolo di beneficio ex L. n. 243 del 2004, di cui la società aveva sospeso la corresponsione nei confronti del dipendente, al momento in cui questi aveva raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia (a far data dal 28.4.2006).

A fondamento della decisione la Corte osservava anzitutto che fosse infondata l’eccezione di inammissibilità del gravame proposto dall’INPS in quanto l’INPS non si era inserito in un rapporto che non lo riguardava, ma aveva rivendicato a sè, a titolo di contributi, il pagamento della stessa somma pretesa dal lavoratore. Nel merito affermava che il bonus fosse incompatibile con il raggiungimento dei requisiti per la pensione vecchiaia e che, diversamente da quanto affermato dal primo giudice, quando il D.M. 6 ottobre 2004, stabilisce che la facoltà di optare per il beneficio in argomento: “ha effetto fino al 31 dicembre 2007 e comunque non oltre il conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia”, non è affatto illegittimo, ma del tutto coerente con la L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 12. Invero, secondo la Corte territoriale, la ratio di tale ultima disposizione era quella di contenere, nel periodo 2004/2007, il ricorso alle pensioni di anzianità, con il duplice effetto, per la spesa pubblica, di differire la corresponsione della pensione attraverso il mantenimento in servizio dei dipendenti incentivato dalla possibilità di ricevere direttamente la contribuzione previdenziale e di cristallizzare l’anzianità contributiva al momento dell’esercizio dell’opzione in favore del beneficio in oggetto; ne conseguiva che fosse incompatibile con l’anzidetta normativa il riconoscimento del beneficio a coloro che avessero già maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia; in quanto una volta venuta meno la possibilità del verificarsi dell’evento che la norma aveva inteso scongiurare – ossia l’anticipazione del momento di collocamento in quiescenza con accesso alla pensione di anzianità con conseguente maggiore aggravio per la finanza pubblica ed il lavoratore,benchè avesse maturato il diritto a pensione di vecchiaia, prosegua il rapporto di lavoro, riprendono vigenza le disposizioni generali 2.- Il ricorso del lavoratore domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; resistono, con controricorso, Trenitialia e l’INPS. Le parti depositano anche memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il ricorso è articolato in tre motivi.

1.1. – Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 100, 102, 103 e 104 c.p.c., per avere la sentenza dichiarato ammissibile l’appello dell’INPS. Il motivo è infondato in quanto l’INPS aveva correttamente appellato il merito della questione principale decisa con la sentenza di primo grado, che nel riconoscere al lavoratore il diritto ad ottenere il bonus contributivo ledeva quello dell’INPS a ricevere le dovute contribuzioni.

1.2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 243 del 2004, art. 1, commi 1 e 2, da 12 a 16, L. n. 407 del 1990, art. 6, D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, art. 1325 c.c. e artt. 12 e 14 preleggi, risultando non fondata la tesi sposata dalla Corte d’appello comportante la perdita del superbonus per chi maturi i requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento di vecchiaia; senza valutare adeguatamente la specialità e compiutezza della normativa in oggetto (L. n. 243 del 2004); soprattutto laddove la Corte aveva affermato che dopo il raggiungimento delle predetta soglia riprendono vigore le disposizioni generali (mentre il L. aveva documentato di non aver ottenuto alcun aumento per il lavoro svolto in seguito). L’accordo sotteso allo scambio posticipo pensione – accredito bonus risultava intangibile per tutta la durata legale dell’istituto (2004/2007).

1.3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in quanto dopo aver riconosciuto che l’espressa finalità della L. n. 243 del 2004, è il contenimento della spesa previdenziale, la sentenza finisce per riespanderne la crescita attraverso una lettura priva di riscontro testuale ed aggrappata a presupposti controversi e decisivi per la soluzione.

2.- Le censure proposte con il secondo e terzo motivo di ricorso – da valutare nella loro globalità e connessione – sono infondate per le corrette ragioni compiutamente esposte da questa Corte con la sentenza n. 15356/2014, alla quale si fa dunque di seguito rinvio.

2.1. La questione centrale da risolvere per la presente controversia è rappresentata dallo stabilire se l’incentivo al posticipo del pensionamento, previsto dalla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 12, possa essere attribuito – oltre che ai soggetti in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità – anche ai soggetti in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

Ebbene, la normativa (primaria e secondaria) che disciplina il suddetto beneficio porta a considerarne incompatibile la attribuzione ai titolari dei requisiti per la pensione di vecchiaia, come si desume dalla seguente ricostruzione del complessivo quadro normativo di riferimento.

2.2. La L. 23 agosto 2004, n. 243, recante “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria”, si compone di un unico articolo comprendente sia norme di immediata attuazione sia norme contenenti principi e criteri direttivi che dovranno informare i decreti legislativi da emanare in attuazione delle deleghe ricevute dal Governo.

Il provvedimento, ha introdotto, fra l’altro, una nuova è più rigorosa disciplina per il conseguimento della pensione di anzianità – con la previsione, a partire dal 1 gennaio 2008, di più elevati limiti di età anagrafica – nonchè per la pensione contributiva, ma al tempo stesso ha previsto una articolata normativa diretta a modulare, nel tempo, l’applicazione delle nuove disposizioni. In questa ottica, nei commi da 12 a 17 del suddetto art. 1 sono state dettate nuove regole dirette ad incentivare il posticipo del pensionamento dei lavoratori dipendenti del settore privato, attribuendo loro la facoltà di rinunciare all’accredito dei contributi IVS all’assicurazione generale obbligatoria, ovvero ad un fondo sostitutivo della medesima onde ottenere in busta paga la somma corrispondente non versata all’Ente Previdenziale. In base al comma 12: “Per il periodo 2004-2007, al fine di incentivare il posticipo del pensionamento, ai fini del contenimento degli oneri nel settore pensionistico, i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano maturato i requisiti minimi indicati alle tabelle di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, commi 6 e 7, per l’accesso al pensionamento di anzianità, possono rinunciare all’accredito contributivo relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive della medesima. In conseguenza dell’esercizio della predetta facoltà viene meno ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro a tali forme assicurative, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà. Con la medesima decorrenza, la somma corrispondente alla contribuzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al lavoratore”. Il comma 13, stabilisce che, nei confronti dei lavoratori che si siano avvalsi della facoltà di cui al comma 12, il trattamento liquidato all’atto del pensionamento debba essere pari a quello che sarebbe spettato alla data di inizio del periodo di esonero dal versamento dei contributi per effetto della suddetta facoltà, maggiorato degli aumenti perequativi nel frattempo intervenuti.

Il comma 14 introduce la lettera i-bis) all’art. 51, comma 2, del T.U. Imposte sui Redditi con il quale viene stabilito che le somme erogate al lavoratore per effetto dell’esercizio della facoltà di cui al comma 12, non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente. Il comma 15, rinvia ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle modalità di attuazione dei commi da 12 a 14. Il comma 16, prevede la verifica governativa dei risultati del sistema di incentivazione introdotto dai commi da 12 a 15, al fine di valutarne l’impatto sulla sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico. Il comma 17, infine, abroga la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 75, che attribuiva ai lavoratori in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità: 1) la possibilità di impegnarsi a posticipare l’accesso al pensionamento per un periodo di due anni, rinunciando all’accredito contributivo IVS dei lavoratori dipendenti (commi da 1 a 4); 2) la facoltà, qualora avessero maturato 40 anni di anzianità contributiva prima del compimento dell’età per il pensionamento di vecchiaia, di impegnarsi a posticipare l’accesso al pensionamento per un periodo di due anni, vedendosi accreditata sul proprio conto assicurativo il 60 per cento della quota di contributi IVS (comma 5).

2.3.- Il decreto interministeriale 6 ottobre 2004, emanato ai sensi della citata L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 15, all’art. 1, comma 3, ha stabilito che: “La facoltà di cui al comma 2 può essere esercitata in qualunque momento successivo al conseguimento dei requisiti di cui al medesimo comma 2 ed ha effetto fino al 31 dicembre 2007 e comunque non oltre il conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia”.

2.4.- Ne deriva che sulla base dell’interpretazione letterale e logico-finalistica delle anzidette disposizioni legislative non possono nutrirsi dubbi sulla attribuibilità del bonus in oggetto ai soli titolari dei requisiti per la pensione di anzianità, appartenenti alle categorie individuate dalla legge stessa. Infatti, il tenore letterale del comma 12 è, sul punto, univoco, nel senso che il riconoscimento del beneficio è destinato a coprire il periodo intercorrente tra il momento in cui l’interessato – che sia in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità – esercita la facoltà di ottenerlo e il momento della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, momento in cui si ripristina l’obbligo contributivo del datore di lavoro.

Comunque, quello indicato è l’unico significato attribuibile alla norma che sia compatibile con la finalità complessiva della riforma di cui alla L. n. 243 del 2004, resa palese – con riguardo ai benefici in favore dei soggetti titolari dei requisiti per la pensione di anzianità – anche dalla disposta abrogazione della L. n. 388 del 2000, art. 75. Peraltro, l’esattezza e l’univocità del suddetto risultato ermeneutico sono state ribadite, in modo ancora più esplicito, dal del D.M. 6 ottobre 2004, citato art. 1, comma 3, che ha specificato che “il conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia” impedisce l’esercizio della facoltà di rinunciare all’accredito contributivo relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia onde ottenere il bonus (cioè la corresponsione della somma corrispondente alla contribuzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà). D’altra parte, anche in successivi atti ministeriali e in circolari dell’INPS si è ulteriormente affermato che, tra i soggetti cui l’accesso al bonus non era consentito vi erano “coloro che hanno compiuto l’età prevista per il pensionamento di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 per le donne, per la generalità dei lavoratori dipendenti e per i lavoratori autonomi), ai sensi dell’art. 1, comma 3, del decreto attuativo. Tale norma, infatti, dispone che il diritto al bonus viene meno per effetto del raggiungimento dell’età pensionabile” (vedi, per tutti: circolare INPS 11 novembre 2004, n. 149, p. 12, consultabile, in questa sede, perchè presente nel sito internet ufficiale dell’Istituto, vedi in tal senso: Cass. 2 dicembre 2011, n. 25813; Cass. 19 agosto 2011, n. 17394).

2.5.- La sentenza impugnata si è attenuta ai principi fin qui espressi e non può essere cassata. I motivi di ricorso si rivelano infondati e vanno invece rigettati.

Le spese possono essere compensate in quanto l’orientamento di questa Corte è sopravvenuto alla presentazione del ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dispone la compensazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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