Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14946 del 01/07/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 14946 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA
sul ricorso 7317-2008 proposto da:
NOCITO

MARIO

ROMANO

C.F.

NCTMRM38P12H501I,

elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE
MICHELANGELO N.9, presso lo studio dell’avvocato
BAUZULLI FILIPPO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2014
contro

1054

AGENZIA DELLE DOGANE;
– intimata –

avverso la sentenza n. 250/2007 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 01/07/2014

di MILANO, depositata il 13/03/2007 R.G.N. 812/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/03/2014 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato CIGNITTI ANTONIO per delega BAUZULLI

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

FILIPPO;

R.G. n. 7317/08
Ud. 26.3.2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
marzo 2007, in riforma della decisione di primo grado, ha
rigettato la domanda proposta da Mario Romano Nocito,
dipendente dell’Agenzia delle Dogane, volta al trattenimento in
servizio fino al settantesimo anno d’età, alla reintegrazione nel
posto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni a decorrere
dalla data del pensionamento sino all’effettiva reintegra.
Ha osservato la Corte di merito che, diversamente da
quanto affermato dalla dipendente, non potevano trovare
applicazione in materia le norme di cui alla legge n. 241/90 sui
procedimenti amministrativi ed in particolare quella relativa al
silenzio-assenso. Ed infatti in tema di rapporto di lavoro
privatizzato gli atti e i procedimenti posti in essere ai fini della
gestione dei rapporti di lavoro subordinati devono essere valutati
secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori
di lavoro, con la conseguenza che, esclusa la presenza di
procedimenti e atti amministrativi, non possono trovare
applicazione i principi e le regole proprie di questi. Il semplice
silenzio protratto per un certo periodo di tempo, pur facendo
sorgere un ragionevole affidamento, non può rivestire il valore di
comportamento concludente. La pendenza di una procedura
concorsuale alla quale il dipendente aveva partecipato, fatta
salva dalla legge n. 311/04, art. 1, comma 93, poteva valere solo
a favore dei partecipanti che si trovavano regolarmente in
servizio. Né poteva essere sindacato il merito della motivazione
del provvedimento di diniego. In ogni caso, il dipendente, in forza
deil’esecuzione della sentenza di primo grado, non sospesa, aveva
ottenuto un prolungamento del servizio sino alla soglia dell’età

La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 13

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massima, senza peraltro cumularlo con il trattamento
pensionistico.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso
Mario Romano Nocito. L’Agenzia delle Dogane non ha svolto
attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
che denunziano violazioni di legge, fanno seguito i relativi quesiti
di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in vigore, ma
applicabile ratione temporis.
2. Con il primo motivo il ricorrente, denunziando violazione
e falsa applicazione dell’art. 33 D.L. n. 223/06, convertito nella
legge n. 248/06, deduce che, in base a tale disposizione, i
dipendenti neicui confronti alla data di entrata in vigore di detto
decreto sia stata accolta la richiesta di trattenimento in servizio
sino al settantesimo anno d’età, possono permanere in servizio
alle stesse condizioni giuridiche ed economiche, anche ai fini del
trattamento pensionistico, previste dalla normativa vigente al
momento dell’accoglimento della richiesta. Nella specie,
aggiunge, in primo grado la domanda era stata accolta ed egli
aveva ripreso servizio, onde in applicazione della indicata
disposizione avrebbe dovuto permanere in servizio sino a
settanta anni.
3. Il motivo è inammissibile, oltre che infondato.
Inammissibile perché il giudice d’appello non affronta tale
questione e il ricorrente non allega di averla proposta,
esponendone i termini. Infondata, perché la norma fa riferimento
all’accoglimento della domanda in via amministrativa,
disciplinandone gli effetti, e non già alle domande, come nella
specie, ancora sub iudice, per le quali non è oned) intervenuta
una sentenza definitiva.
4. Con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa
applicazione dell’art. 1-quater D.L. n. 136/04, convertito, con
modificazioni, nella legge n. 186/04, il ricorrente rileva che

1. Il ricorso è articolato in cinque motivi. Ai primi quattro,

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l’Amministrazione ha rigettato la domanda di trattenimento in
servizio, limitandosi ad affermare che le disposizioni in vigore, a
prescindere dalle eventuali esigenze del datore di lavoro, non
consentivano la sua permanenza in servizio. Viceversa
l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare la domanda in
relazione a tali esigenze, alla particolare esperienza professionale

all’efficiente andamento dei servizi, alle disposizioni in materia di
personale, alle differenti mansioni assegnategli.
5. Con il terzo motivo il ricorrente, denunziando violazione e
falsa applicazione dell’art. 1, commi da 93 a 107, della legge n.
311 del 2004, assume che il divieto di trattenimento in servizio
non era applicabile, ai sensi del comma 99 della stessa legge, alle
procedure concorsuali in atto alla data del 30 novembre 2004.
Poiché egli stava partecipando ad una procedura selettiva
interna (passaggio dalla posizione C2 alla C3) l’Amministrazione
avrebbe dovuto accogliere la domanda.
6. Con il quarto motivo il ricorrente, denunziando violazione
e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., pone il
seguente quesito: se il ritardo, di circa sei mesi, nell’adozione del
provvedimento di rigetto dell’istanza “concretizza un
comportamento concludente significativo dell’accettazione della
richiesta del lavoratore».
7. I suddetti tre motivi, che in quanto connessi vanno
trattati congiuntamente, non sono fondati.
L’art.

1-quater

D.L. n. 136/04, convertito, con

modificazioni, nella legge n. 186/04 prevedeva la possibilità per i
dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1,
comma 2, D. Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e successive
modificazioni, con esclusione degli appartenenti alla carriera
diplomatica e prefettizia, del personale delle Forze Annate e delle
Forze di Polizia, del personale del Corpo nazionale dei Vigili del
Fuoco, di richiedere il trattenimento in servizio fino al
compimento del settantesimo anno di età, dando “facoltà»

da esso ricorrente acquisita in determinati e specifici ambiti,

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all’Amministrazione, in base alle proprie esigenze, di accogliere la
richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale
acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti, in
funzione dell’efficiente andamento dei servizi e tenuto conto delle
disposizioni in materia di riduzione programmata del personale.
Il dato testuale della disposizione (ora non più in vigore,
con modificazioni, nella L. n. 248/06) è inequivocabile: si tratta
di una facoltà, attribuita all’Amministrazione, di consentire
all’interessato la prosecuzione del rapporto di lavoro, in relazione
alla quale il privato non può vantare un diritto soggettivo, ma un
mero interesse all’accoglimento della richiesta.
Avvalendosi di tale potere discrezionale l’Amministrazione
ha respinto la richiesta del dipendente.
A nulla rileva che il provvedimento di diniego sia
intervenuto tardivamente, dopo circa sei mesi dalla
presentazione dell’istanza, circostanza questa che, secondo il
ricorrente, costituirebbe “un comportamento concludente
significativo dell’accettazione della richiesta del lavoratore”. Ed
infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di
rapporto di lavoro privatizzato, gli atti e procedimenti posti in
essere dall’Amministrazione ai fini della gestione dei rapporti di
lavoro subordinati devono essere valutati secondo gli stessi
parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, secondo ,
una precisa scelta legislativa (nel senso dell’adozione di moduli
privatistici dell’azione amministrativa) che la Corte costituzionale
ha ritenuto conforme al principio di buon andamento
dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost. (sentenze nn. 275 del
2001 e 11 del 2002). Ne consegue che, esclusa la presenza di
procedimenti e atti amministrativi, non possono trovare
applicazione i principi e le regole proprie di questi e, in
particolare, le disposizioni dettate dalla legge 7 agosto 1990, n.
241 (Cass. 18 febbraio 2005 n. 3360; Cass. 22 febbraio 2006 n.

essendo stata abrogata dall’art. 33 D.L. n. 223/06, convertito

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3880; Cass. 17 settembre 2008 n. 23741; Cass. 22 agosto 2013
n. 19425).
8. Deduce il ricorrente che il divieto di trattenimento in
servizio sino al settantesimo anno di età, disposto dall’art. 1,
comma 99, della legge n. 311/04 e richiamato nel
provvedimento di rigetto dell’Amministrazione, non era qui

tra l’altro, le procedure concorsuali in atto alla data del 30
novembre 2004, ipotesi questa sussistente nella specie, posto
che il ricorrente stava partecipando ad una selezione interna
per il passaggio dalla posizione C2 alla C3. L’Amministrazione
dunque avrebbe dovuto provvedere sulla richiesta di
trattenimento in servizio tenendo conto degli elementi di
valutazione previsti dall’art.

1-quater

D.L. n. 136/04,

convertito, con modificazioni, dalla L. n. 186/04.
L’assunto non può essere condiviso.
La giurisprudenza delle Sezioni unite, in tema di riparto di
giurisdizione nelle controversie del pubblico impiego
contrattualizzato, ritiene che per procedure concorsuali si
intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione ex

novo dei rapporti di lavoro, ma anche le prove selettive dirette a
permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o
area funzionale superiore e cioè ad una progressione che
consista nel passaggio ad una posizione funzionale
qualitativamente diversa, tale da comportare una novazione
oggettiva del rapporto di lavoro; tale accesso deve avvenire per
mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata, ma
costituente in definitiva un pubblico concorso. In presenza di
progressioni, secondo disposizioni di legge o di contratto
collettivo, che comportino una progressione verticale nel senso
indicato, la cognizione della controversia, alla stregua dell’art.
63, comma 4, D. Lgs. n. 165/01, resta riservata al giudice
amministrativo; sussiste invece la giurisdizione del giudice
ordinario nelle controversie attinenti a concorsi per soli

applicabile, avendo il comma 93 dello stesso articolo fatte salve,

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dipendenti interni che comportino il passaggio da una qualifica
all’altra, ma nell’ambito della stessa area (o categoria) sia con
acquisizione di posizioni più elevate meramente retributive, sia
con il conferimento di qualifiche superiori, in base a procedure
che l’amministrazione pone in essere con le capacità e i poteri
del datore di lavoro (Cass. sez. un. 10 gennaio 2007 n. 220;
ottobre 2008 n. 26016; Cass. 31 ottobre 2008 n. 26295; Cass.
sez. un. 23 settembre 2013 n. 21676).
Secondo tale giurisprudenza, dunque, le progressioni
all’interno di ciascuna area professionale o categoria, sia
comportanti l’acquisizione di posizioni retributive più elevate che
di qualifiche superiori, non rientrano nelle procedure concorsuali
(v., in questi termini, Cass. n. 26295/08 cit.). In particolare, il
passaggio del dipendente dalla posizione economica C2 alla
posizione C3 costituisce accesso ad una qualifica superiore
interna all’area professionale C, ma non accesso ad un’area
diversa.
In adesione a tali principi, applicabili alla fattispecie in
esame, deve ritenersi che “le procedure concorsual? fatte salve
dal comma 93 sopra citato, non sono quelle relative ai concorsi
interni, che comportano il passaggio da un posizione economica
ad un’altra nell’ambito della stessa categoria, bensì quelle
dirette a permettere, mediante una progressione verticale,
l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area
funzionale superiore ovvero le procedure aperte anche ai
candidati esterni, ancorchè vi partecipino anche soggetti già
dipendenti pubblici, profilandosi in tal caso una novazione
oggettiva dei rapporti lavorativi.
9. Con il quinto motivo, denunziando vizio di motivazione
su punti decisivi della controversia, il ricorrente rileva che la
Corte di merito ha omesso di pronunziarsi sulla domanda di
perdita di chance, conseguente alla lunga durata della procedura
concorsuale, non ancora conclusa. Tali danni, secondo il

Cass. sez. un. 31 gennaio 2008 n. 2288; Cass. sez. un. 30

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ricorrente, sono costituiti dalla differenza stipendiale tra la
posizione C2 e C3 e dai conseguenti riflessi sul trattamento
pensionistico, tenuto conto che le probabilità di vittoria della
selezione era pari al 99%.
10. Il motivo è inammissibile.
La questione non risulta affrontata dalla Corte di merito,
quali termini, limitandosi ad affermare, con riguardo ai pregressi
giudizi, che la “cifra richiesta a risarcimento per la perdita di

chance contenuta nel ricorso di primo grado e confermata in
appello è di 48.546,90”. Essa pertanto non può trovare
ingresso in questa sede.
11. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Nulla per le spese di questo giudizio, non avendo l’Agenzia
delle Dogane svolto attività difensiva.
P. Q . M .
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma in data 26 marzo 2014.

né il ricorrente deduce di averla proposta in sede di appello ed in

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