Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14944 del 01/07/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 14944 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 6605-2008 proposto da:
LE FAUCI GAETANO C.F. LFCGTN52P30B180B, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA STAZIONE DI MONTE MARIO
9, presso lo studio dell’avvocato GULLO ALESSANDRA,
rappresentato e difeso dall’avvocato MAGARAGGIA
GIUSEPPE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
contro

1048

SO.GE.SER. S.P.A. (già SRL), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA,

VIA NIZZA N.

53,

presso lo studio

Data pubblicazione: 01/07/2014

dell’avvocato

EFRATI

CARLA

FIRGILIA,

che

la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAROZZI
ANGELO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 269/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2014 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

di LECCE, depositata il 20/02/2007 R.G.N. 350/2006;

Udienza del 25 marzo 2014 — Aula B
n. 11 del ruolo — RG n. 6605/08
Presidente: Lamorgese – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 20 febbraio 2007) respinge l’appello
proposto da Gaetano Le Fauci, avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi di rigetto della
domanda del Le Fauci volta ad ottenere la condanna della datrice di lavoro SO.GE.SER. s.r.l. alla
corresponsione di quanto dovuto per l’indennità di trasferta relativamente al periodo gennaio 2000 —
giugno 2001.
La Corte d’appello di Lecce, per quel che qui interessa, precisa che:
a) l’appellante non ha mai contestato il contenuto delle pattuizioni sindacali richiamate in
primo grado, ma si è limitato ad escluderne la vincolatività nei suoi confronti,
sull’assunto dell’assenza di uno specifico mandato conferito alla RSA;
b) l’accordo aziendale del 29 dicembre 1999, con lo specifico obiettivo dì evitare
licenziamenti a fronte di una crisi aziendale, prevedeva la mobilita7ione temporanea di
cinque lavoratori da Brindisi a Lecce, senza rimborso delle indennità di trasferta. Solo
con successivo accordo del 28 giugno 2001, si stabilì il riconoscimento delle indennità
di trasferta, con decorrenza 1 luglio 2001, come in effetti accaduto;
c) il ricorrente era iscritto al sindacato UIL, che è tra le Associazioni sindacali firmatarie
del suddetto accordo, e non risulta che egli abbia mai disconosciuto l’operato della
propria organizzazione sindacale, né tantomeno che abbia manifestato alcuna
contestazione all’azienda durante il periodo di assegnazione all’impianto di Lecce;
d) in base alla giurisprudenza di legittimità i contratti collettivi aziendali sono applicabili a
tutti i lavoratori dell’azienda (salvo che per quei lavoratori che, aderendo ad un sindacato
diverso, esprimono il loro esplicito dissenso) e, in caso di contrasto tra contratti collettivi
che operano a diverso livello, si deve individuare l’effettiva volontà delle parti
desumibile dal coordinamento delle varie disposizioni;
e) inoltre i contratti aziendali possono addirittura modificare in pejus la disciplina
contenuta nella contrattazione collettiva precedente (di qualsiasi livello), fermo restando
il rispetto dei diritti acquisiti dal lavoratore alla stregua della normativa poi superata da
quella peggiorativa (Cass. 19 giugno 2001, n. 8296, Cass. 6 ottobre 2000, n. 13300);
f) nella controversia in esame, gli accordi aziendali hanno preceduto il trasferimento dei
lavoratori, i cui diritti sono stati quindi acquisiti successivamente;
comunque, la natura retributiva dell’indennità di trasferta non ne esclude la
negoziabilità, specialmente quando la movimentazione dei lavoratori viene prevista —
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

come nella specie — per evitarne il licenziamento e per fronteggiare una situazione di
crisi aziendale.
2.— Il ricorso di Gaetano Le Fauci domanda la cassazione della sentenza per due motivi;
SO.GE .SER s.p.a. (già s.r.1.) resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I

Sintesi dei motivi di ricorso

1. Il ricorso è articolato in due motivi, formulati in conformità con le prescrizioni di cui
all’art. art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis.
1.1.— Con il primo motivo si denuncia violazione ed erronea applicazione dell’art. 2113 cod.
civ., nonché degli artt. 1321, 1324 e 1325 cod. civ.
Si sottolinea che la Corte territoriale ha attribuito molto rilievo al fatto che l’attuale ricorrente
è iscritto alla UIL, che è una delle Associazioni sindacali firmatarie della contrattazione collettiva
aziendale del 29 dicembre 1999, con la quale è stato stabilito di mobilitare temporaneamente 5
lavoratori da Brindisi a Lecce senza l’attribuzione dei rimborsi e dell’indennità di trasferta previsti
dal CCNL ed ha sottolineato come il Le Fauci non abbia disconosciuto l’operato della propria
Organizzazione sindacale, né abbia espresso alcuna contestazione all’azienda nel periodo di
assegnazione a Lecce cui si riferiscono le presenti rivendicazioni.
La Corte leccese ha altresì richiamato la giurisprudenza di legittimità sulla vincolatività della
contrattazione collettiva anche per i lavoratori non iscritti alle Associazioni stipulanti nonché sulla
possibilità della reformatio in pejus da parte dei contratti collettivi.
Tuttavia la Corte d’appello, violando le norme richiamate nella rubrica del motivo, non ha
tenuto conto della giurisprudenza di legittimità secondo cui il diritto sindacale resta fondato
esclusivamente sui principi privatistici e sulla rappresentanza negoziale.
In questa ottica, Cass. 2 aprile 1996, n. 3041 ha precisato che, nel caso in cui l’accordo
stipulato dal sindacato abbia ad oggetto situazioni giuridiche individuali, non può ritenersi vincolato
a tale accordo il lavoratore che non vi abbia aderito, in quanto il rapporto tra il singolo e
l’Associazione sindacale non è configurabile come un rapporto di mandato.
Nella specie le 00.SS. hanno pattuito che sarebbe stata corrisposta l’indennità di trasferta
solo ai lavoratori che si spostavano verso Lecce provenendo da Foggia e non a quelli che
provenivano da Brindisi e, in tal modo, hanno inciso su situazioni giuridiche individuali dei
lavoratori provenienti da Brindisi, tra cui il ricorrente, senza alcuna esplicita adesione degli
interessati.
Ne consegue che il richiamo alla reformatio in pejus da parte del contratto collettivo aziendale
o provinciale, cui fa riferimento la Corte leccese, è del tutto inappropriato ed errato in quanto il
petitum non riguarda l’eventuale trattamento peggiorativo, ma l’efficacia di un accordo privativo di
un diritto facente capo al ricorrente e, invece, riconosciuto ad altri lavoratori.

2

1.2.— Con il secondo motivo si denuncia l’omessa e insufficiente motivazione ex articolo 360,
primo comma, n. 5, cod. proc. civ.

Si sostiene che la Corte d’appello ha omesso di motivare sulla natura giuridica del rapporto tra
lavoratore iscritto e sindacato e, quindi, sulla necessaria adesione del lavoratore medesimo a
pattuizioni lesive dei propri diritti specie se indisponibili, come quello di cui si tratta.

H

Esame delle censure

3.- In base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte:
a) è indubbio il carattere generale del principio per cui alla contrattazione collettiva non è
consentito incidere, in relazione alla regola dell’intangibilità dei diritti quesiti, su posizioni già
consolidate o su diritti già entrati nel patrimonio dei lavoratori in assenza di uno specifico mandato
od una successiva ratifica da parte degli stessi (vedi, fra le tante: Cass. 23 luglio 1994, n. 6845;
Cass. 29 settembre 1998, n. 9734; Cass. 7 febbraio 2004, n. 2362);
b) ne deriva che un contratto collettivo può incidere in senso peggiorativo su diritti del
singolo lavoratore non ancora acquisiti (vedi per tutte: Cass. 23 aprile 1999, n. 4069);
c) peraltro, l’adesione degli interessati — iscritti o non iscritti alle associazioni stipulanti — ad
un contratto o accordo collettivo può essere non solo esplicita, ma anche implicita, come accade
quando possa desumersi da fatti concludenti, generalmente ravvisabili nella pratica applicazione
delle relative clausole (vedi, fra le altre: Cass. 11 marzo 1987, n. 2525; Cass. 5 novembre 1990, n.
10581).
Ne consegue che, avendo nella specie il Le Fauci dato pratica applicazione alla clausola in
contestazione, prevedente la trasferta di alcuni lavoratori da Brindisi a Lecce senza l’attribuzione
dei rimborsi solo per alcuni mesi (come di fatto accaduto), senza mai lamentarsene — come si legge
nella sentenza impugnata e non viene specificamente smentito nel ricorso, essendosi sempre il
lavoratore limitato a dedurre l’assenza di uno specifico mandato al riguardo della RSA — già da
questo è facile desumere che il comportamento dell’interessato è da intendere come accettazione
implicita dell’anzidetta clausola del contratto, peraltro incidente su diritti patrimoniali non ancora
acquisiti da parte del lavoratore.
4.- A ciò va aggiunto che — come pure sottolineato dalla Corte d’appello — l’accordo collettivo
di cui si tratta, essendo intervenuto nel corso di una procedura di mobilità, è stato stipulato in base
all’art. 4, comma 11, della legge n. 223 del 1991.

..

Ebbene, come più volte affermato da questa Corte, tale norma ha carattere “speciale” perché —
statuendo che, nel corso delle procedure di mobilità, gli accordi sindacali, al fine di garantire il
reimpiego almeno ad una parte dei lavoratori, possono stabilire che il datore di lavoro assegni, in
deroga all’art. 2103 cod. civ., mansioni diverse da quelle svolte — non solo sottintende la possibilità
di attribuzione di mansioni anche peggiorative, ma non pone alcuna preclusione nell’assegnazione
delle mansioni inferiori, anche attribuendo all’impiegato quelle proprie dell’operaio; e ciò si spiega
3

2.- Entrambi i motivi di ricorso — da trattare congiuntamente, data la loro intima connessione
— sono infondati, per le ragioni di seguito esposte.

considerando che trattasi per un verso di un rimedio per evitare il licenziamento e per altro verso di
una deroga che non vincola i lavoratori, i quali ben potrebbero rifiutare la dequalificazione, andando
però incontro al rischio del licenziamento (Cass. 7 settembre 2000, n. 11806; Cass. 10 novembre
1999, n. 12498; Cass. 29 settembre 1998, n. 9734; Cass. 7 settembre 1993, n. 9386; Cass. 29
novembre 1988, n. 6441)

Ne consegue che la trasferta temporaneamente senza indennità di cui si discute nell’attuale
controversia, in definitiva appare configurabile — anche da quanto emerge dagli atti, a partire dalla
sentenza impugnata — come una soluzione che non è stata adottata dal datore di lavoro nel suo
esclusivo interesse, ma precipuamente per tutelare l’interesse dei lavoratori — ivi compreso quello
del ricorrente — di evitare la perdita del posto, nell’impossibilità — non altrimenti ovviabile, come
viene affermato dalla Corte salentina e non specificamente contestato dall’interessato — di una
prosecuzione dell’attività lavorativa nella sede di origine.
A fronte di questa situazione, il sacrificio — per pochi mesi — della mancata riscossione
dell’indennità di trasferta è stato ripagato dal mantenimento del posto di lavoro, in un accordo
sottoscritto dai sindacati stipulanti, in conformità con il loro ruolo istituzionale — particolarmente
rilevante in sede di partecipazione alle procedure previste dalla legge 23 luglio 1991 n. 223 — di
portatori dell’interesse collettivo alla conservazione dell’occupazione, a vantaggio di tutti i
lavoratori interessati alla procedura di mobilità de qua (Cass. 26 giugno 2009, n. 15073; (Cass. 29
marzo 2000. n. 3827).
5.- Di qui il rigetto del ricorso, in quanto la sentenza impugnata, con congrua e logica
motivazione. si è del tutto conformata ai suindicati principi.

III — Conclusioni
6.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione —
liquidate nella misura indicata in dispositivo, determinata tenendo conto anche della mancata
partecipazione dei difensori delle parti alla discussione della causa in udienza — seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
It/t
Ct.
La CorteTil ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di
cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 2000,00 (duemila/00) per compensi
professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 25 marzo 2014.

L’art. 2103 cod. civ. si riferisce anche al trasferimento — nonché alla trasferta — del lavoratore
da una unità produttiva ad un’altra, quindi la suddetta deroga riguarda espressamente l’ipotesi che
ne occupa.

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