Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14941 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/06/2017, (ud. 09/03/2017, dep.15/06/2017),  n. 14941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29705/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY 5,

presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SICILIANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato NICOLETTA PIPPI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 896/24/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata il 18/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di B.V. del rigetto dell’istanza di rimborso delle ritenute, operate ai fini IRPEF dal sostituto d’imposta, Monte dei Paschi di Siena, in sede di liquidazione di pensione complementare nel mese aprile/maggio 2007, la Commissione regionale, per quello che qui ancora rileva, rigettò l’eccezione di decadenza formulata dall’Ufficio per essere stata l’istanza presentata il 14.12.2011 (e, quindi, oltre il termine di 48 mesi), ritenendo, sulla base della sentenza di questa Corte del 12 marzo 2014 n. 5653, che il termine decorresse dalla data della dichiarazione (anno 2008).

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrare propone ricorso per cassazione su unico motivo.

Il contribuente resiste con controricorso.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituali comunicazioni. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente appare opportuno ricostruire i termini fattuali della vicenda processuale quali risultano per pacifici in atti.

Il Monte dei Paschi di Siena di cui il contribuente era dipendente erogava allo stesso nell’aprile maggio del 2007 le prestazioni pensionistiche operando le relative trattenute che riversava all’Agenzia delle Entrate che comunicava al ex dipendente mediante rilascio di CUD per la denuncia dei redditi nel 2008.

L’Agenzia delle entrate, in sede di controllo della dichiarazione dei redditi D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, comunicava al contribuente una irregolarità della propria posizione con un debito a carico del contribuente di Euro 10.481,88.

Successivamente, a seguito di emenda della dichiarazione dei redditi da parte del sostituto di imposta avvenuta nel corso dell’anno 2011, l’Agenzia delle entrate comunicava al contribuente che lo stesso non aveva più debiti, per poi, a seguito di nuova rielaborazione dei conteggi, comunicare un debito a carico del B. di euro 5.381,39.

Avverso tale comunicazione il contribuente presentava in data 21.12.2011 istanza di sgravio e contestualmente rateizzava il pagamento del debito.

In data 14.12.2011 il contribuente, ricalcolati tutti gli importi, presentava istanza di rimborso della maggiore imposta versata a titolo di Irpef relativa all’annualità 2007 con riferimento alle maggiori trattenute operate dal datore di lavoro e delle quali lo stesso aveva fatto emenda con la correzione della denuncia modello 770 avvenuta nel 2011 (in particolare chiedeva il rimbroso di euro 31.700 in quanto sulla base dei dati corretti forniti dal sostituto a fronte di un’imposta pari ad Euro 72.500 erano state effettuate trattenute pari ad Euro 104.193.

Avverso il diniego opposto all’istanza dall’Ufficio in considerazione anche degli esiti dell’ultima liquidazione, il contribuente presentava ricorso chiedendo il rimborso della complessiva somma di Euro 37.146,79 di cui Euro 31.765.40 a titolo di imposta indebitamente trattenuta ed Euro 5.381,39 a titolo di imposta versata e non dovuta a seguito della comunicazione di irregolarità. In particolare, il ricorrente contestava l’errata determinazione della base imponibile in quanto questa, nel caso di riscatto della posizione individuale di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 10, comma 1, lett. c, a seguito di pensionamento, andava determinata al netto di imposta.

La Commissione provinciale tributaria accoglieva il ricorso ritenendo applicabile l’art. 20 T.U.I.R., in quanto nella specie erano state liquidate somme dovute dal sistema pensionistico complementare. E la decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate, veniva confermata nel merito con la sentenza impugnata previo rigetto dell’eccezione preliminare di decadenza sollevata dall’ufficio sulla base del superamento dei termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38.

2. L’unico motivo con cui la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, laddove la CTR aveva ritenuto infondata l’eccezione di decadenza ritenendo che il termine dell’art. 38 citato non potesse decorrere che dal rilascio del CUD, è ammissibile e fondato.

Vanno, infatti, rigettate siccome infondate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente. Ed, invero, da un canto, il ricorso è sufficientemente specifico ed autosufficiente, dall’altro non si apprezza la novità della questione (redditi a tassazione separata e, come tali, non riportati nel CUD), trattandosi di mere difese rese necessarie dal contenuto della sentenza impugnata.

E’, pure, fondato alla luce del consolidato orientamento di questa Corte in materia secondo “la richiesta di rimborso delle ritenute per I.R.P.E.F. effettuate, come sostituto d’imposta, dal datore di lavoro, sulle somme corrisposte a vario titolo (retribuzioni, premi, indennità, ivi compreso il t.f.r.), al dipendente, espressamente prevista del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 2, deve essere presentata nel termine di decadenza dalla data in cui la ritenuta è stata operata (cfr. Cass. n. 18061/2015; 12869/2013). Nè alcun rilievo in senso contrario può attribuirsi alla circostanza che, nella specie, vi furono tre liquidazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Non v’è, invero, alcuna ragione per discostarsi dal principio, già affermato da questa Corte, secondo cui “in tema di rimborso delle imposte, il termine di decadenza previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, ha portata generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e quindi ad errori tanto connessi ai versamenti quanto riferibili all’an” o al “quantum” del tributo.. (Cass. 11987/2006). Il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, (recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) dispone, invero, che il soggetto che ha effettuato il versamento diretto (non preceduto cioè, come nel caso di specie, da atto impositivo) ha l’onere di presentare all’Intendente di Finanza (oggi Direzione Regionale delle Entrate) nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso il quale è stato eseguito il versamento, istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale del relativo obbligo”; ciò precisato, non può dubitarsi che nella detta nozione di “inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento” rientri anche il caso di pagamento eseguito erroneamente perchè non dovuto per carenza della supposta obbligazione tributaria, e quindi anche l’ipotesi dell’indebito oggettivo; il testuale tenore della norma non autorizza, invero, una interpretazione diversa e, in particolare, non consente di distinguere tra i versamenti diretti in relazione ai quali il contribuente fa valere l’inesistenza dell’obbligo di versamento e quelli per cui il contribuente fa valere l’inesistenza dell’obbligazione tributaria (cfr. Cass. n. 16617/2015).

Infine, va rilevata la diversità della fattispecie esaminata dalla sentenza n. 5653/2014 di questa Corte, e citata a conforto dalla C.T.R., vertendosi in quel caso di rimborso di versamenti in acconto.

In conclusione, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

La peculiarità della fattispecie induce a compensare integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e di questo giudizio.

PQM

 

In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo.

Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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