Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14937 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. I, 21/06/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 21/06/2010), n.14937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29623/2008 proposto da:

R.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso l’avvocato FRISANI

PIETRO, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositato il

06/11/2008; n. 303/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2010 dal Consigliere Dott. DI PALMA Salvatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che R.G., con ricorso del 9 dicembre 2008, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Brescia depositato in data 6 novembre 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del R. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 6.000,00 a titolo di equa riparazione, oltre gli interessi dalla data del decreto;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) il R., aspirante all’ottenimento di benefici economici con conseguente ricalcolo del trattamento pensionistico, aveva proposto – con ricorso del 2 marzo 1991 – la relativa domanda dinanzi al alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale di Roma; b) la causa era stata assegnata alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale della Lombardia che – previa tempestiva istanza di prosecuzione del giudizio – aveva deciso la causa con sentenza in data 19 aprile 2007;

che la Corte d’Appello di Brescia, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in tredici anni ed ha liquidato equitativamente, a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale, la complessiva somma di Euro 6.000,00, tenendo conto della “indubbia inerzia manifestata (dal ricorrente) rispetto all’onere di riassumere il processo”.

Considerato che, con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, i ricorrenti principali denunciano come illegittimi: a) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo; b) la erronea attribuzione di incidenza sulla determinazione del quantum al ritardo nella presentazione dell’istanza di riassunzione della causa pensionistica successivamente all’istituzione della sezione lombarda della Corte dei conti;

che il ricorso non merita accoglimento;

che, in particolare, la censura sub a) è infondata, perchè questa Corte ha già ripetutamente affermato che, nella liquidazione del danno non patrimoniale per l’irragionevole durata del processo, l’ambito della valutazione affidato al giudice del merito è segnato dal rispetto della CEDU, per come essa vive nelle decisioni della Corte EDU concernenti casi simili a quelli portati all’esame del Giudice nazionale, il quale deve tener conto dei criteri al riguardo applicati da detta Corte (che liquida circa mille Euro d’indennizzo per ogni anno preso in considerazione), ma nondimeno conserva un margine di valutazione che gli consente di discostarsi dalle liquidazioni effettuate dalla stessa Corte, in relazione alla natura ed alle caratteristiche di ogni singola controversia, purchè provveda a motivare adeguatamente le ragioni di tale eventuale scostamento (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 24356 del 2006);

che, sempre in riferimento alla censura sub a), va considerato che la Corte EDU, con due recenti decisioni (Volta et autres c. Italia del 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010), ha ritenuto che potessero essere liquidate – a titolo di danno non patrimoniale per irragionevole durata del processo, in relazione ai singoli casi ed alle loro peculiarità – somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di Euro 1.000,00 annue normalmente liquidata, con valutazione del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano, in relazione alle particolarità della fattispecie, di procedere a liquidazioni più riduttive rispetto a quella, normalmente seguita, di Euro 750,00 per i primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per gli anni successivi;

che, pertanto, i Giudici a quibus non si sono sostanzialmente discostati da tale nuovo e più restrittivo orientamento, liquidando per ciascuno dei tredici anni di irragionevole durata del processo presupposto la somma di Euro 461,00 circa;

che, anche in riferimento alla censura sub b), i Giudici a quibus non si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa, in quanto la previsione di strumenti sollecitatori non sospende nè differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, nè implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 24438 del 2006);

che, nella specie, dalla puntuale motivazione del decreto impugnato emerge con certezza che il ritardo con il quale il ricorrente ha presentato l’istanza di fissazione dell’udienza di discussione è stato correttamente valutato dai Giudici a quibus unicamente ai fini della determinazione del quantum dell’indennizzo riconosciute – che le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate per intero tra le parti, in ragione del nuovo e più restrittivo orientamento della Corte EDU in materia di quantificazione dell’indennizzo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

 

 

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