Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14936 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. I, 21/06/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 21/06/2010), n.14936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9549/2008 proposto da:

L.R.C. (c.f. (OMISSIS)), L.R.A. (c.f.

(OMISSIS)), LA.RO.CA. (c.f. (OMISSIS), L.

R.M. (c.f. (OMISSIS)), L.R.F. (c.f.

(OMISSIS)), L.R.S. (c.f. (OMISSIS)),

LA.RO.AN. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di eredi

di L.R.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA FASANA 21, presso l’avvocato TOMARELLI

PAOLA, rappresentati e difesi dall’avvocato VITA MARIA TERESA, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

sul ricorso 9815/2008 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

L.R.C., L.R.A., LA.RO.CA., L.R.

M., L.R.F., L.R.S., LA.RO.AN.;

– intimati –

sul ricorso 12796/2008 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

L.R.C., L.R.A., LA.RO.CA., L.R.

M., L.R.F., L.R.S., LA.RO.AN.;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositato il

19/12/2007, n. 382/07 Reg. Equa Riparazione;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2010 dal Consigliere Dott. DI PALMA Salvatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

incidentale assorbiti altri motivi.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che C., A., Ca., M., F., S. ed La.Ro.An., tutti quali eredi di L.R. G., con ricorso del 25 marzo 2008, da un lato (r.g. n. 9549/08), ed il Ministro dell’economia e delle finanze, dall’altro (r.g. n. 9815/08), hanno impugnato per cassazione – deducendo, i primi, due motivi di censura e, il secondo, un motivo di censura – il decreto della Corte d’Appello di Catanzaro depositato in data 19 dicembre 2007, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei ricorrenti principali – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, ha condannato il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento, a favore dei predetti ricorrenti, “in solido tra loro, della complessiva somma di Euro 11.000,00, per il titolo di cui in motivazione”;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze, il quale ha anche proposto ricorso incidentale (r.g. n. 12796/08), fondato su un unico motivo, identico a quello dedotto con il ricorso n. 9815/08;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 3 aprile 2007, era fondata sui seguenti fatti: a) il dante causa dei ricorrenti – L.R.G. -, con ricorso del 31 giugno 1965, aveva impugnato dinanzi alla Corte dei conti il provvedimento del Ministro del tesoro con il quale gli era stata negata la pensione privilegiata quale ex combattente ed invalido di guerra; b) L.R.G. era deceduto in data (OMISSIS); c) il processo presupposto era stato dichiarato interrotto in data 17 dicembre 2004; d) lo stesso processo era stato riassunto da L.R.A. in data 11 maggio 2005; e) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza in data 6 marzo 2006;

che la Corte d’Appello di Catanzaro ha accolto la domanda, osservando in particolare che: a) “ai ricorrenti non compete alcun indennizzo “iure proprio” non avendo svolto alcuna domanda in tal senso nemmeno L.R.A. che per effetto dell’atto di riassunzione ha assunto la veste di parte in giudizio”; b) jure hereditatis, spetta ai ricorrenti la somma di Euro 11.000,00, in riferimento a ventotto anni di irragionevole durata del processo presupposto, computati, previa detrazione di tre anni di ragionevole durata, dal 31 giugno 1965 al (OMISSIS), data del decesso di L.R.G..

Considerato preliminarmente che, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., va disposta la riunione dei ricorsi nn. 9549, 9815 e 12796 del 2008, in quanto proposti contro lo stesso decreto;

che con i due motivi di censura – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, i ricorrenti principali denunciano la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6 della CEDU e art. 566 c.c., nonchè vizi della motivazione del decreto impugnato, in quanto i Giudici a quibus non hanno considerato che: a) la somma liquidata è inferiore ai parametri normalmente seguiti dalla Corte EDU; b) doveva essere liquidato anche l’indennizzo agli eredi jure proprio; c) la somma liquidata doveva essere attribuita agli eredi pro quota e non in solido tra loro;

che, a sua volta, il ricorrente incidentale censura il decreto impugnato, osservando che fino alla data del 1 agosto 1973 non poteva essere riconosciuto alcun indennizzo;

che entrambi i ricorsi meritano accoglimento nei limiti di seguito precisati;

che, quanto al ricorso incidentale – il quale pone una questione evidentemente preliminare -, esso è fondato sulla base del più volte enunciato principio, secondo cui, posto che la finalità della L. 24 marzo 2001, n. 89, è quella di apprestare, in favore della vittima della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, un rimedio giurisdizionale interno analogo alla prevista tutela internazionale, deve ritenersi che, anche nel quadro dell’istanza nazionale, al calcolo della ragionevolezza dei tempi processuali sfugge il periodo di svolgimento del processo presupposto anteriore al 1 agosto 1973 – data a partire dalla quale è riconosciuta la facoltà del ricorso individuale alla Commissione (oggi, alla Corte Europea dei diritti dell’uomo), con la possibilità di far valere la responsabilità dello Stato -, dovendosi, peraltro, tenere conto della situazione in cui la causa si trovava a quel momento (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 14286 del 2006, 16284 del 2009);

che, dunque, contrariamente a quanto affermato dai Giudici a quibus, il periodo da considerare ai fini dell’indennizzo jure hereditatis è quello dal 1 agosto 1976 (a seguito della detrazione dei tre anni di ragionevole durata del processo di primo grado) al (OMISSIS) (data del decesso del dante causa dei ricorrenti);

che – quanto al ricorso principale – soltanto il profilo di censura sub c) è fondato;

che, infatti, i Giudici a quibus hanno erroneamente attribuito la liquidata somma di Euro 11.000,00, jure hereditatis, agli eredi “in solido tra loro”, mentre – pacifico essendo che i ricorrenti sono tutti figli legittimi di L.R.G. e che, alla morte di quest’ultimo, si è aperta successione legittima – è noto che l’art. 566 c.c., comma 1, stabilisce che “al padre ed alla madre succedono i figli legittimi e naturali, in parti uguali”;

che, invece, i profili di censura sub a) e sub b) (non meritano accoglimento;

che, in particolare – quanto al profilo sub a) -, esso è infondato, perchè la Corte EDU ha riconosciuto legittima la liquidazione di Euro 500,00 per anno, mentre nella specie è stata liquidata la somma di Euro 11.000,00;

che, al riguardo, va considerato che la Corte EDU, con due recenti decisioni (Volta et autres c. Italia del 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010), ha ritenuto che potessero essere liquidate – a titolo di danno non patrimoniale per irragionevole durata del processo, in relazione ai singoli casi ed alle loro peculiarità – somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di Euro 1.000,00 annue normalmente liquidata, con valutazione del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano, in relazione alle particolarità della fattispecie, di procedere a liquidazioni più riduttive rispetto a quella, normalmente seguita, di Euro 750,00 per i primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per gli anni successivi;

che – quanto al motivo sub b) -, esso risulta parimenti infondato sulla base del più volte enunciato principio, secondo cui, in tema di equa riparazione prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, in caso di decesso di una parte, l’erede ha diritto a conseguire, iure successionis, l’indennizzo maturato dal de cuius per l’eccessiva protrazione di un processo che lo vide parte anche prima dell’entrata in vigore della citata legge nonchè, iure proprio, l’indennizzo dovuto in relazione all’ulteriore decorso della medesima procedura, dal momento in cui abbia assunto formalmente la qualità di parte, ovverosìa si sia costituito nel giudizio (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 2983 del 2008 e 23416 del 2009);

che, nella specie – a prescindere dalla considerazione che gli stessi ricorrenti affermano che uno soltanto degli eredi, L.R.A., ha riassunto la causa interrotta in data 11 maggio 2005, conclusasi con la sentenza in data 6 marzo 2006 -, è evidente che nella liquidata somma di Euro 11.000,00, dianzi ritenuta equa in base alla richiamata giurisprudenza della Corte EDU, è compreso anche l’ulteriore indennizzo afferente ai circa dieci mesi di irragionevole ritardo dal maggio 2005 (costituzione in giudizio) al marzo 2006 (data della sentenza);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere parzialmente annullato in relazione alle censure accolte;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che, alla luce delle considerazioni che precedono: a) il complessivo periodo di irragionevole durata del processo deve essere fissato dal 1 agosto 1976 al (OMISSIS) e dall’11 maggio 2005 al 6 marzo 2006; b) la liquidata somma di Euro 11.000,00 deve essere attribuita agli eredi in parti uguali tra loro;

che la peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione per intero delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimità.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, li accoglie nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, stabilisce che: a) il complessivo periodo di irragionevole durata del processo deve essere fissato dal 1 agosto 1976 al (OMISSIS) e dall’11 maggio 2005 al 6 marzo 2006; b) la liquidata somma di Euro 11.000,00 deve essere attribuita agli eredi in parti uguali tra loro.

Compensa le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

 

 

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