Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14933 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/06/2017, (ud. 04/05/2017, dep.15/06/2017),  n. 14933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13320-2016 proposto da:

ASSOCIATION COLUMBUS, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 68, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI PUOTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6214/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 25/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/05/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 10 novembre 2014 la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva l’appello proposto da Association Columbus avverso la sentenza n. 374/38/13 della Commissione tributaria provinciale di Roma che ne aveva respinto i ricorsi contro gli atti di contestazione di sanzioni per IRES ed IRAP 2008-2009. La CTR osservava in particolare che le sanzioni irrogate ed opposte erano fondate sulla circostanza, che accertava in fatto, che riguardassero un ravvedimento operoso inefficace in quanto effettuato dopo che erano iniziate operazioni di verifica inerenti anche dette annualità fiscali; che comunque non potevano essere ridotte le sanzioni, non trattandosi di un caso di controllo automatizzato.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’associazione contribuente deducendo un unico motivo articolato in più profili.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico mezzo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la contribuente lamenta violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 poichè la CIR ha ritenuto non applicabile l’istituto del ravvedimento operoso pur riguardando la verifica un’annualità fiscale (2007) diversa da quelle rispetto alle quali aveva esperito il rimedio postumo de quo, sicchè non poteva considerarsi sussistente la causa ostativa allo stesso ravvisata da entrambi i giudici del merito; inoltre poichè la CtR non ha considerato che comunque rimaneva consentita tale possibilità di attenuazione delle sanzioni irrogate in relazione al mancato versamento di ritenute alla fonte per i mesi di maggio e giugno 2009, trattandosi di questione che non era stata oggetto della verifica.

La censura è inammissibile e comunque infondata.

Quanto al primo profilo dedotto ossia la circostanza che la verifica riguardasse non solo il 2007 ma anche il 2008 ed il 2009 fino all’inizio della verifica stessa (6 luglio), va rilevato che tale circostanza è stata accertata in fatto da entrambi i giudici di merito, sicchè tale accertamento non può certo essere riconsiderato in questa sede, valendo i principi di diritto consolidati della giurisprudenza di questa Corte che “Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7921 del 2011) e che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multils – Sez. 5, n. 26110 del 2015).

Quanto al secondo profilo, dall’accesso agli atti – consentito a questa Corte trattandosi di documento accessibile” (cfr. Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317 – 01) – si desume che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il mancato versamento delle ritenute nei mesi di maggio e giugno 2009 era stato oggetto di verifica (v. pag. 14-15 del processo verbale di constatazione).

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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