Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14931 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/06/2017, (ud. 04/05/2017, dep.15/06/2017),  n. 14931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12916-2016 proposto da:

MAEN SRL, in persona dell’Amministratore Unico, elettivamente

domiciliata in ROMA, VILLA ALBANI 8, presso lo studio dell’avvocato

LUIGIA LAZZARO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FABIANA BRUGNONI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona dei Direttore pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5959/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

13/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/05/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 15 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, respingeva l’appello proposto da MAEN srl avverso la sentenza n. 976/5/14 della Commissione tributaria provinciale di Latina che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRAP, IRES, IVA ed altro 2011. La CIR osservava in particolare che il procedimento accertativo doveva considerarsi pienamente legittimo, anche sotto il profilo del contraddittorio endoprocedimentale, peraltro non previsto, e che le allegazioni della società contribuente circa la non applicabilità della normativa antielusiva in materia di c.d. “società di comodo” di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la MAEN srl deducendo tre motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-4, – la ricorrente denuncia allo stesso tempo la violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative e la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su di un motivo di appello, poichè la CTR non ha risposto ovvero ha solo apparentemente risposto alla sua eccezione di nullità dell’avviso di accertamento impugnato per difetto del contraddittorio endoprocedimentale.

La censura è infondata.

Va preliminarmente osservato che il mezzo “complesso” può considerarsi ammissibile in adesione all’ arresto secondo il quale “In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati” (Sez. U, Sentenza n. 9100 del 06/05/2015, Rv. 635452 – 01).

Ciò posto, va tuttavia rilevato che la censura stessa è infondata in ordine ad entrambi i profili dedotti.

Anzitutto non sussiste la lamentata omessa pronuncia, poichè la CTR ha chiaramente considerato e statuito sulla eccezione in oggetto, affermando la sua infondatezza.

In secondo luogo va comunque rilevato che nel caso di specie non vi è stata alcuna violazione del principio di diritto del contraddittorio endoprocedimentale, poichè come incontestatamente affermato dall’Agenzia fiscale la società contribuente non ha risposto alla richiesta di chiarimenti inviatale, quindi si è volontariamente sottratta al contraddittorio endoprocedimentale stesso.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative, poichè la CtR ha ritenuto obbligatorio l’interpello antielusivo e comunque non ha adeguatamente riscontrato le sue allegazioni difensive.

La censura è infondata.

Pur vero che la sentenza impugnata è erronea quanto alla affermazione in diritto della obbligatorietà dell’interpello in caso di applicazione della disciplina delle società non operative, posto che la L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis, è chiaro nell’attribuire mera facoltatività tale adempimento procedimentale, tuttavia la sentenza medesima ha univocamente affrontato le ragioni di merito per le quali ha ritenuto la non congruità delle giustificazioni addotte dalla società contribuente ai fini della sua eccezione di non applicabilità di detta normativa antielusiva, così, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, esaminando appunto nella sede giudiziale il merito di tali difese.

In particolare sul punto ha specificamente motivato che l’argomentazione dell’Ente impositore è avvalorata dalle circostanze che la società contribuente non ha “..presentato la dichiarazione dei redditi celando il suo stato di non operatività attraverso l’indicazione di cause di esclusione non corrispondenti alla realtà” e non ha attivato “.. la procedura di interpello disapplicativo per evitare la constatazione della correlazione delle compagini sociali tra la MAEN srl e la Nicola Prezioso srl, riconducibili alla famiglia Prezioso, circostanza non contrastata dai soggetti interessati”.

Sia pure con una argomentazione involuta, sono comunque quindi chiare le ragioni per le quali il giudice tributario di appello ha ritenuto di respingere il gravame su tale punto.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo controverso, poichè la CFR ha particolarmente sottolineato la sua “correlazione” con la Nicola Prezioso srl, avendone affettnata la “non contestazione” al contrario di quanto processualmente avvenuto.

La censura è infondata.

Il “fatto” de quo è stato infatti esaminato nella sentenza impugnata, chè anzi, come appena rilevato, lo stesso è stato posto a sostegno della decisione sotto il profilo della non pregnanza delle difese della contribuente.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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