Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14929 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/06/2017, (ud. 04/05/2017, dep.15/06/2017),  n. 14929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12876-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, Attivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

GEDAC S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del suo amministratore e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato

LUIGI MANZI, che la rappresenta e difende unitamente e

disgiuntamente all’avvocato CESARE FEDERICO GLENDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1289/3/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di GENOVA, depositata il 25/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/05/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 11 novembre 2015 la Commissione tributaria regionale della Liguria accoglieva l’appello proposto da GEDAC srl avverso la sentenza n. 1889/4/14 della Commissione tributaria provinciale di Genova che ne aveva soltanto parzialmente accolto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRAP, IRES, IVA 2006. La CFR osservava in particolare che l’atto impositivo impugnato era nullo nella parte riguardante l’IRES per omessa indicazione dell’imponibile e dell’imposta, essendo perciò da ritenersi la totale assenza di rettifica inerente l’imposta de qua; peraltro, più in generale affrontando il merito della controversia, affermava la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 rilevando l’infondatezza delle presunzioni poste dall’Ente impositore a fondamento delle proprie pretese creditorie, anche nell’ambito più ampio delineato da dette disposizioni legislative ossia quello delle c.d. “presunzioni supersemplici”.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione 1′ Agenzia delle entrate deducendo quattro motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

In via preliminare deve osservarsi che la sentenza impugnata si basa all’evidenza su due distinte ed autonome rationes decidendi, di cui peraltro la seconda è chiaramente assorbente della prima.

Infatti, affermare, come ha fatto la CTR, che l’atto impositivo impugnato va annullato perchè le presunzioni addotte dall’Agenzia delle entrate a sostegno delle proprie pretese creditorie non hanno il benchè minimo fondamento, neppure quali presunzioni “supersemplici” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 55, ha univocamente una portata assorbente di qualsiasi altra ragione di annullamento solo parziale dell’atto medesimo ed in particolare di quella, che è ulteriore oggetto della materia del contendere, della pure rilevata invalidità appunto parziale dell’accertamento stesso per omessa indicazione dell’imponibile e delle aliquote dell’IRES.

Ciò premesso, va dunque invertito l’esame dei motivi di ricorso, iniziando dal quarto, essendone evidente la pregiudizialità.

Con tale mezzo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative, poichè la CTR ha affermato l’infondatezza delle presunzioni basanti l’avviso di accertamento impugnato.

La censura è infondata.

La ricorrente travisa infatti il contenuto della decisione, dato che il giudice tributario di appello non ha affatto affermato che in caso di accertamento induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 55, le presunzioni utilizzabili debbano possedere i requisiti “ordinari” di “gravità, precisione e concordanza”, come dette disposizioni pacificamente escludono ed appunto per tale ragione comunemente in questo caso si parla di “presunzioni supersemplici”.

Al contrario la CTR ligure chiaramente tiene conto di tali disposizioni legislative, che espressamente richiama, facendone applicazione in concreto ed esprimendo un chiaro ed articolato giudizio sul merito delle “presunzioni” stesse, con specifica indicazione delle ragioni di fatto per le quali esse non potessero considerarsi tali, ma invece dovessero essere qualificate come “mere supposizioni tutt’affatto arbitrarie e cervellotiche”.

Questo accertamento di fatto ed il relativo giudizio di merito non possono essere ulteriormente sindacati in questa sede, dovendosi ribadire che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015) e che “Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7921 del 2011).

Peraltro, l’infondatezza di tale censura implica l’inammissibilità delle prime tre, tutte, sotto diversi profili, denuncianti vizio motivazionale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4-5, ovvero ex n. 3, – in ordine alla statuizione della sentenza impugnata concernente la rettifica IRES.

Va infatti ribadito che “Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa” (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012, Rv. 621882).

Tanto più tenuto conto della in limine rilevata portata assorbente della quarta censura.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600 oltre Euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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