Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14921 del 20/07/2016


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Cassazione civile sez. un., 20/07/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 20/07/2016), n.14921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente di Sez. –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente di Sez. –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15993-2015 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 269, presso lo studio dell’Avvocato ROMANO VACCARELLA,

che lo rappresenta e difende unitamente agli Avvocati MARIA

ALESSANDRA SANDULLI e MASSIMO LUCIANI, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO REGIONALE REGIONE AUTONOMA TRENTINO-ALTO ADIGE/SUDTIROL,

REGIONE AUTONOMA TRENTINO-ALTO ADIGE/SUDTIROL, in persona dei

rispettivi Presidenti pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’Avvocato

LUIGI MANZI, che li rappresenta e difende unitamente agli Avvocati

GIANDOMENICO FALCON e FABIO CORVAJA, per deleghe a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

e con l’intervento di:

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. SORSI 4,

presso lo studio dell’Avvocato LUCA MAZZEO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’Avvocato MARIANO PROTTO, per delega in calce

all’atto di intervento adesivo;

– interveniente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

4511/2014 dinanzi al TRIBUNALE di TRENTO;

Uditi gli Avvocati ROMANO VACCARELLA, MARIA ALESSANDRA SANDULLI,

FABIO CORVAJA, GIANDOMENICO FALCON e LUCA MAZZEO;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per la declaratoria di

giurisdizione del giudice ordinario.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – A.G., che in passato ha ricoperto la carica di consigliere regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol, ha promosso nei confronti della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol e del Consiglio regionale, dinanzi al Tribunale di Trento, una controversia rivolta all’accertamento del diritto a ricevere, dal Consiglio regionale della Regione autonoma, l’assegno vitalizio di cui alla L.R. 26 febbraio 1995, n. 2 (Interventi in materia di indennità e previdenza ai consiglieri della Regione autonoma Trentino-Alto Adige) e successive modifiche, come risultante dal cedolino di assegno vitalizio del luglio 2014 nell’ammontare di Euro 3.546,59 mensili, senza la decurtazione del venti per cento ai sensi della L.R. 11 luglio 2014, n. 5, art. 2, nonchè alla condanna del Consiglio regionale e, ove occorra, della Regione alla corresponsione dell’assegno vitalizio per intero e alla restituzione delle somme nelle more illegittimamente trattenute.

Nel costituirsi in giudizio, il Consiglio regionale e la Regione hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sostenendo che la giurisdizione spetterebbe alla Corte dei conti, siccome competente su tutti i giudizi relativi ai trattamenti economici di natura previdenziale, comunque denominati, posti direttamente a carico totale o parziale dello Stato o delle Regioni.

2. – Nella pendenza del giudizio di primo grado, l’ A., con atto notificato il 19 giugno 2015, ha proposto ricorso per regolamento preventivo, chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Ad avviso del ricorrente, l’ambito della giurisdizione della Corte dei conti è circoscritto, ai sensi del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 62 (Approvazione del testo unico delle leggi dinanzi sulla Corte dei conti), alle “pensioni” scaturenti da un rapporto di pubblico impiego, civile, militare, ovvero da fatti di guerra; laddove l’assegno vitalizio, che ha una funzione più assicurativa che previdenziale, non sarebbe assimilabile alla pensione, perchè si tratterebbe della proiezione dell’indennità per il tempo in cui si è cessati dalla carica.

3. – Vi hanno resistito, con controricorso, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol e il Consiglio regionale, chiedendo dichiararsi la giurisdizione della Corte dei conti.

I controricorrenti sostengono che la giurisdizione della Corte dei conti si estenderebbe a tutti i giudizi afferenti i trattamenti economici di natura previdenziale, comunque denominati, posti direttamente a carico totale o parziale dello Stato e delle Regioni. Secondo i controricorrenti, i vitalizi erogati a coloro che ricoprono cariche elettive regionali sarebbero inquadrabili tra i trattamenti di carattere previdenziale aventi natura pensionistica, essendo previsti dagli ordinamenti regionali per assicurare agli ex consiglieri una fonte di sostentamento in una età in cui è potenzialmente venuta meno la loro capacità di produrre reddito tramite attività lavorative.

4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio sulla base delle conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., del pubblico ministero, il quale ha chiesto la declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario. Secondo il pubblico ministero, la giurisdizione del giudice contabile postula una controversia in materia pensionistica, avente quindi ad oggetto un rapporto, di natura pensionistica e dalla connotazione pubblicistica, intercorrente tra il titolare del trattamento di quiescenza e l’ente previdenziale di riferimento; sicchè esula dalla cognizione della Corte dei conti la controversia inerente alle trattenute effettuate dalla Regione sul vitalizio spettante all’attore, in qualità di ex consigliere regionale, atteso che la natura dell’emolumento non può essere assimilata, neppure indirettamente ed in via analogica, a quella concernente l’assegno pensionistico.

5. – Le conclusioni scritte del pubblico ministero e il decreto del presidente di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio sono stati notificati agli avvocati delle parti.

Il ricorrente e i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

6. – In prossimità dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, in data 28 giugno 2016, B.F. – che, in qualità di ex consigliere regionale e di titolare di un assegno vitalizio, ha promosso, dinanzi al Tribunale di Trento, una controversia (iscritta al n. 4606 del 2014 R.G.) analoga a quella incardinata dall’ A. – ha depositato un atto di intervento ad adiuvandum, facendo proprie le conclusioni del ricorrente.

A sostegno dell’interesse ad intervenire, il B. deduce che la causa nella quale egli è parte è stata rinviata dal giudice istruttore all’udienza del 20 dicembre 2016 in attesa della decisione delle Sezioni Unite sul regolamento di giurisdizione proposto dall’ A..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità dell’intervento spiegato nel giudizio per regolamento preventivo di giurisdizione da B.F..

Infatti, la disciplina processuale del giudizio di cassazione non contempla la figura dell’amicus curiae: il codice di rito non consente l’ingresso a chi, non coinvolto nel processo di merito rispetto al quale il regolamento rappresenta un procedimento meramente strumentale ed incidentale, sia parte in un diverso giudizio dove la pronuncia che la Corte regolatrice è chiamata a rendere svolgerà un effetto di precedente (Sez. Un., 31 maggio 2016, n. 11387).

2. – Nel giudizio di merito si discute se l’attore, ex consigliere regionale del Consiglio regionale della Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol, abbia o meno il diritto alla conservazione dell’assegno vitalizio nell’importo corrisposto in precedenza, senza la decurtazione del venti per cento introdotta dall’art. 2 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol 11 luglio 2014, n. 5.

Si tratta di stabilire a chi spetti decidere tale controversia, originata dalla rimodulazione in riduzione del vitalizio consiliare in godimento: se al giudice ordinario, dove la causa è stata incardinata dall’attore, o alla Corte dei conti, quale giudice delle pensioni, come assume la difesa della Regione autonoma e del Consiglio regionale.

3. – Le Sezioni Unite ritengono che la cognizione della controversia rientri nella competenza giurisdizionale dell’autorità giudiziaria ordinaria: considerate, per un verso, la natura non pensionistica dell’assegno vitalizio erogato ai consiglieri regionali cessati dalla carica e la diversità di finalità e di regime che distingue l’assegno vitalizio dalle pensioni, in relazione alle quali soltanto opera la giurisdizione della Corte dei conti; e tenuto conto, per l’altro verso, della circostanza che la mancanza di una specifica attribuzione legislativa alla giurisdizione alla Corte dei conti determina l’attrazione della fattispecie nella giurisdizione del giudice dotato della giurisdizione generale, ossia del giudice ordinario, secondo il principio dell’unicità della giurisdizione, rispetto al quale le diverse previsioni costituzionali dei giudici speciali operano in via meramente derogatoria.

3.1. – A norma degli artt. 13 e 62 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, spettano in via esclusiva alla giurisdizione della Corte dei conti tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa, l’inadempimento o l’inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell’ente obbligato, ancorchè non sia in contestazione il diritto al trattamento di quiescenza nelle sue varie componenti e la legittimità dei provvedimenti che tale diritto attribuiscono e ne determinano l’importo, e comprese altresì quelle di risarcimento danni per l’inadempimento delle suddette obbligazioni (Sez. Un., 27 febbraio 2013, n. 4853; Sez. Un., 7 gennaio 2013, n. 153).

La materia indicata dalla legge nella quale la Corte dei conti esercita la giurisdizione è quella delle “pensioni in tutto o in parte a carico dello Stato o di altri enti designati dalla legge”: così recita l’art. 13 del citato testo unico, con una formula ripresa dall’art. 62 dello stesso testo unico (“contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione a carico totale o parziale dello Stato…”; “alla medesima sezione sono devoluti anche tutti gli altri ricorsi in materia di pensione, che leggi speciali attribuiscono alla Corte dei conti”) e ribadita dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 5 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), il quale prevede che “in materia di ricorsi pensionistici, civili, militari e di guerra la Corte dei conti, in primo grado, giudica in composizione monocratica, attraverso un magistrato assegnato alla sezione giurisdizionale regionale competente per territorio, in funzione di giudice unico”.

Ma perchè sussista la giurisdizione della Corte dei conti – che è un giudice speciale, con una competenza che, al di fuori della “contabilità pubblica”, è limitata alle sole materie “specificate dalla legge” (art. 103, secondo comma, Cost.) – occorre, così come previsto attraverso l’interpositio legislatoris, che la controversia riguardi le “pensioni”, ossia quella particolare prestazione previdenziale consistente nella periodica erogazione di una somma di denaro che ha come presupposto – tra gli altri – la cessazione del rapporto di lavoro in relazione al quale si è costituito il rapporto previdenziale. Del resto, il legislatore, quando ha voluto estendere la giurisdizione della Corte dei conti oltre i rapporti pensionistici in senso stretto, ha emanato al riguardo puntuali disposizioni di legge, come ha fatto per le pensioni di guerra con il D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 116 (Testo unico delle nome in materia di pensioni di guerra), e per l’assegno vitalizio a favore dei deportati nei campi di sterminio nazisti con la L. 6 ottobre 1986, n. 656, art. 10 (Modifiche ed integrazioni alla normativa sulle pensioni di guerra).

3.2. – L’assegno vitalizio previsto dalla legislazione regionale in favore del consigliere regionale dopo la cessazione del mandato non può essere assimilato alla pensione del pubblico dipendente: i consiglieri regionali non sono prestatori di lavoro, ma titolari di un munus previsto dalla Costituzione; il Consiglio regionale non è un datore di lavoro del consigliere regionale; l’investitura del consigliere regionale avviene per elezione e non consegue alla assunzione per pubblico concorso.

La diversità tra assegno vitalizio e trattamento di quiescenza costituisce un dato acquisito nella giurisprudenza della Corte costituzionale e di questa Corte.

Il Giudice delle leggi ha chiarito, con la sentenza n. 289 del 1994, che tra la situazione del titolare di assegno vitalizio goduto in conseguenza della cessazione di una determinata carica e quella del titolare di pensione derivante da un rapporto di pubblico impiego “non sussiste… una identità nè di natura nè di regime giuridico, dal momento che l’assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all’esercizio di un mandato pubblico: indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego”. Ed ha precisato che la disciplina dell’assegno vitalizio ha recepito, nella sua disciplina positiva, in parte, aspetti riconducibili al modello pensionistico e, in parte, profili tipici del regime delle assicurazioni private, pur lasciando emergere di recente un’accentuazione nell’avvicinare il regime dei contributi a quello proprio dei premi assicurativi.

Muovendosi in tale prospettiva, la giurisprudenza di questa Corte, a sua volta, ha affermato:

– che l’assegno vitalizio a carico della Cassa mutua di previdenza per i consiglieri della Regione automa Friuli-Venezia Giulia non si ricollega ad alcuna prestazione di lavoro espletata con vincolo di subordinazione, bensì all’esercizio di funzioni proprie di una carica pubblica elettiva, sicchè non è assoggettato alla disciplina della L. 5 gennaio 1950, n. 180, intesa a sottrarre totalmente o parzialmente all’azione esecutiva dei creditori i compensi corrisposti dalle amministrazioni pubbliche a propri collaboratori, alla luce della puntualizzazione contenuta nel D.P.R. 28 luglio 1950, n. 895, art. 1, di approvazione del relativo regolamento di esecuzione, che esclude l’applicabilità delle disposizioni della legge alle somme “dovute in compenso di prestazioni eseguite in base a rapporti che non implicano un vincolo di dipendenza” (Sez. Lav., 8 ottobre 1996, n. 8789);

che, in tema di imposte sui redditi, le trattenute obbligatorie operate sull’indennità di carica dei consiglieri regionali, in base alla L.R. Marche 13 marzo 1995, n. 23, art. 3, comma 1, a titolo di contributo per la corresponsione dell’indennità di fine mandato, prevista dall’art. 9 della medesima legge regionale, devono essere assoggettate a tassazione, non potendo ad esse applicarsi la causa di esclusione di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48, comma 2, lett. a), (relativa ai “contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge”) in quanto ad esse non può essere riconosciuta natura previdenziale, essendo finalizzate all’erogazione di un vitalizio che si differenzia dalle prestazioni di natura pensionistica (Sez. 5, 1 ottobre 2010, n. 20538);

che è errata un’assimilazione dell’assegno vitalizio erogato all’ex coniuge defunto dalla Camera dei deputati alla pensione di reversibilità, giacchè detto assegno, a differenza della pensione ordinaria, viene a ricollegarsi ad un’indennità di carica goduta in virtù di un mandato pubblico, con caratteri, criteri e finalità ben diversi da quelli propri della retribuzione connessa ad un rapporto di lavoro (Sez. 1, 20 giugno 2012, n. 10177).

3.3. – Il Collegio ritiene pertanto di condividere le conclusioni espresse dal pubblico ministero nella requisitoria ex art. 380-ter c.p.c., là dove si sottolinea che “l’ambito di competenza del giudice contabile è tassativamente circoscritto ai ricorsi relativi alla sussistenza e alla misura del diritto a pensione a carico totale o parziale dello Stato…, ovvero a tutti gli altri ricorsi in materia di pensione, attribuiti da leggi speciali alla Corte dei conti”, mentre “nessuna norma quadro vigente nell’ordinamento statale, ovverosia a carattere nazionale e uniforme per tutte le diverse Regioni, in funzione del riparto della potestà legislativa, nè alcuna fonte normativa della Regione Trentino-Alto Adige, attribuisce in modo espresso e univoco carattere pensionistico all’assegno vitalizio erogato ai consiglieri regionali”, non essendo predicabile “un principio di assimilazione del trattamento in esame, riconosciuto da una legge speciale a funzionari onorari che hanno svolto un mandato politico (difficilmente inquadrabile in un rapporto di lavoro), a quello pensionistico in senso proprio, erogato da leggi generali a pubblici dipendenti, sol perchè sono presenti talune affinità funzionali o strutturali tra i due versamenti (versamenti contributivi, erogazione al raggiungimento di una certa età, reversibilità)”.

Questa assimilazione alla pensione del pubblico dipendente non può fondarsi sulla circostanza che nell’assegno vitalizio è rinvenibile una funzione in senso lato anche previdenziale, per assicurare agli ex-consiglieri una fonte di sostentamento in una età in cui è potenzialmente venuta meno la loro capacità di produrre reddito tramite attività lavorative: funzione ricavabile sia dalla legislazione regionale del Trentino-Alto Adige (la L.R. n. 2 del 1995, ad esempio, è intitolata “Interventi in materia di indennità e previdenza ai consiglieri regionali”; e la più recente L.R. 21 settembre 2012, n. 6, a sua volta, è dedicata alla disciplina del “Trattamento economico e regime previdenziale dei membri del Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige), sia dalla legislazione nazionale che, a fini di coordinamento della finanza pubblica e di riduzione dei costi della politica, ha previsto, per l’assegno vitalizio, l’introduzione del sistema contributivo in sostituzione dei ben più favorevoli criteri previsti in passato (D.L. 13 agosto 2001, n. 138, art. 14, comma 1, lett. f, convertito, con modificazioni, nella L. 14 settembre 2011, n. 148), e di un contributo di solidarietà (L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 486 e 487). Appare dirimente il rilievo che l’ambito materiale delle pensioni – in relazione alle quali soltanto opera la giurisdizione della Corte dei conti – non coincide con quello dei trattamenti previdenziali in senso lato, costituendo le prime, connesse ad una condizione pregressa di lavoro pubblico non rinvenibile in chi ha ricoperto un ufficio elettivo, solo una species del genus rappresentato dai secondi.

4. – E’ dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Il Tribunale di Trento, dinanzi al quale pende la controversia, provvederà a liquidare le spese del regolamento tra il ricorrente e i controricorrenti.

Sulle spese originate dall’intervento del B. non vi è luogo a provvedere, non avendo il ricorrente e i controricorrenti preso posizione sull’ammissibilità dell’intervento stesso.

PQM

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti, anche per la regolamentazione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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