Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1492 del 22/01/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 22/01/2018, (ud. 27/09/2017, dep.22/01/2018),  n. 1492

Fatto

RILEVATO CHE:

1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 235/12, in riforma della sentenza del Tribunale di Trapani, ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione e l’Ufficio Scolastico Provinciale di Trapani, in solido tra loro, al risarcimento del danno subito da R.A.M. per effetto della mancata assunzione in servizio quale docente nell’anno scolastico 2005/2006, danno commisurato alle retribuzioni non corrisposte, detratto quanto percepito dalla ricorrente per il servizio prestato nello stesso anno presso la scuola paritaria (OMISSIS).

2. La R. aveva impugnato la graduatoria permanente del personale docente, approvata dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Trapani per l’anno scolastico 2005 2006, nella quale era stata illegittimamente posposta ad altri docenti, che avevano ricevuto l’incarico di insegnamento a tempo determinato. Il TAR della Sicilia aveva annullato la graduatoria sulla scorta dei rilevati vizi di legittimità. Conseguentemente, la R. aveva agito dinanzi al Giudice del lavoro per il risarcimento dei danni che assumeva esserle derivati dall’illegittimo comportamento della Pubblica Amministrazione.

3. Nel riformare la sentenza di primo grado, che aveva escluso la fondatezza della domanda per difetto di allegazione e di prova dei danni concretamente procurati dall’atto illegittimo, poichè la ricorrente nello stesso anno aveva prestato servizio presso un Istituto scolastico parificato, la Corte di appello ha osservato, in sintesi:

– che, ove l’insegnante sia collocato in posizione utile nella graduatoria permanente e rientri nel contingente del personale da assumere nei ruoli della Provincia, l’Amministrazione non può sottrarsi all’adempimento dell’obbligo di stipulazione del contratto, a meno che non provi la sopravvenuta impossibilità, temporanea o definitiva della prestazione;

– che il datore di lavoro che rifiuti ingiustificatamente di procedere all’assunzione è tenuto, per responsabilità contrattuale, a risarcire l’intero pregiudizio patrimoniale che il lavoratore ha subito durante tutto il periodo in cui si è protratto l’inadempimento;

– le retribuzioni non corrisposte configurano un danno da lucro cessante commisurato alla redditività cui il dipendente avrebbe presuntivamente avuto diritto, secondo un giudizio basato sull’id quod plerumque accidit, configurabile sia in presenza di un illecito contrattuale che in caso di illecito extracontrattuale;

– ai fini della liquidazione del danno, spetta al datore di lavoro provare l’aliunde perceptum oppure la negligenza del lavoratore nel cercare altra proficua occupazione;

– nella specie, alla retribuzione globale non corrisposta, comprensiva della quota di TFR e dei contributi previdenziali, corrispondente al danno presuntivamente accertato, doveva essere detratto il reddito che la R. aveva percepito nello stesso periodo per il servizio di insegnamento prestato presso un istituto scolastico parificato.

4. Avverso tale sentenza il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Provinciale di Trapani hanno proposto ricorso affidato ad un motivo, al quale ha opposto difese R.A.M. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con unico motivo di ricorso il MIUR, denunciando violazione dell’art. 414 c.p.c., art. 1223,2043 e 2697 c.c., violazione dei principi generali in tema di onere della prova, erroneità della motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), addebita alla sentenza di avere riconosciuto un risarcimento del danno in difetto di allegazione e di prova. Deduce l’Amministrazione ricorrente che, in mancanza di un rapporto di lavoro, è da escludersi che sia esistito un originario guadagno derivante dal rapporto di lavoro con la P.A., cessato per fatto illecito della stessa, e non può farsi ricorso a presunzioni che operano come tecnica liquidatoria del risarcimento allorchè il danno sia stato individuato ed accertato. Rileva che il danno non può commisurarsi sic et simpliciter alle eventuali retribuzioni che la ricorrente avrebbe percepito, posto che il diritto alla retribuzione sorge per effetto della effettività della prestazione lavorativa.

2. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di tardività proposta dalla parte controricorrente. Difatti, la sentenza impugnata è stata notificata all’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo in data 13 aprile 2012 e il ricorso per cassazione è stato avviato alla notifica, a mezzo del servizio postale ex art. 149 c.p.c., in data 7 giugno 2012 ossia tempestivamente, restando irrilevante che la ricezione del plico sia avvenuta in data successiva al compimento del termine di sessanta giorni di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2. Va ricordato che, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale nn. 477 del 2002 e 28 del 2004, nell’ordinamento deve ritenersi operante un principio generale in base al quale, qualunque sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale, almeno quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata in momenti diversi per il richiedente e per il destinatario della notifica, dovendo le garanzie di conoscibilità dell’atto da parte di quest’ultimo contemperarsi con il diverso interesse del primo a non subire le conseguenze negative derivanti dall’intempestivo esito del procedimento notificatorio per la parte di quest’ultimo sottratta alla sua disponibilità (v. tra le tante, Cass. n. 2261 del 2007).

3. Tanto premesso, il ricorso è infondato.

4. A fronte dell’accertamento del diritto soggettivo della R. all’incarico di insegnamento relativo all’anno 2005/2006 e della mancata assunzione imputabile all’Amministrazione, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrata l’esistenza del danno patrimoniale da elementi di prova presuntiva, facendo ricorso al criterio dell’id quod plerumque accidit, che portava a ritenere accertato il danno, in via indiziaria, in misura corrispondente alle retribuzioni che la lavoratrice avrebbe conseguito ove fosse stata tempestivamente assunta, ferma la possibilità dell’Amministrazione di provare la sopravvenuta impossibilità, temporanea o definitiva, della prestazione. Ha poi ritenuto che, in fase di liquidazione del danno, il datore di lavoro ben può provare l’aliunde perceptum oppure la negligenza del lavoratore nel cercare altra proficua occupazione e che, nel caso di specie, era stata dimostrata in giudizio la diversa occupazione lavorativa della R., per cui le retribuzioni percepite aliunde dovevano essere detratte dal quantum debeatur.

5. Le statuizioni sottese al decisum sono conformi a diritto:

a) l’inadempimento dell’Amministrazione per mancata all’assunzione della R. non è neppure in contestazione ed è coperto da giudicato interno;

b) a seguito dell’accertamento giudiziale dell’inadempimento dell’Amministrazione, non opera la retrodatazione economica, in quanto non si determina un diritto alle retribuzioni per il periodo antecedente all’assunzione in cui la prestazione lavorativa non è stata svolta, ma un diritto al risarcimento del danno (Cass. n. 14772 del 2017);

c) in tale contesto, non opera alcun automatismo, ma occorre indicare e dimostrare l’entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa nella condotta del datore di lavoro che si qualifica come illecita (Cass. n. 26282 del 2007);

d) è legittimo il ricorso alla prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all’esistenza del danno; alla stregua dì un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit (in virtù della regola dell’inferenza probabilistica), il giudice può trarre il suo libero convincimento dall’apprezzamento discrezionale di elementi indiziari, purchè dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 2632 del 2014); spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso a presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cass. n. 101 del 2015; v. pure Cass. n. 8023 del 2009);

e) la correttezza del procedimento logico inferenziale seguito dalla Corte territoriale non è neppure censurato nella presente sede dall’Amministrazione;

f) la detrazione dell’aliunde perceptum attiene alla fase relativa alla liquidazione del danno, ossia ad una fase successiva a quella dell’accertamento della sussistenza e della determinazione del suo ammontare e la Corte di appello correttamente ha proceduto in tal senso.

6. Il ricorso va dunque respinto con onere delle spese del giudizio di legittimità a carico dì parte ricorrente, in applicazione della regola generale della soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori dì legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2018

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