Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14915 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/06/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 21/06/2010), n.14915

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2196-2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TRIFIRO SALVATORE, giusta delega a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.T.G.;

– intimato –

e sul ricorso 6668-2007 proposto da:

D.T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIOVANNI GENTILE 8, presso lo studio dell’avvocato MARTORIELLO

MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato COGO GIOVANNA, giusta

delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta delega a margine

del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 9/2 005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/01/2006 R.G.N. 752/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI MAURIZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e del ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Milano con sentenza del 9-12 gennaio 2006, riformando la pronuncia di primo grado di integrale rigetto della domanda, ha ritenuto risolto anticipatamente (il 28.9.1999), per volontà del lavoratore, D.T.G., dipendente della società Poste Italiane s.p.a., il primo contratto a termine, mentre ha dichiarato la nullità dell’apposizione del termine al secondo contratto di lavoro con decorrenza 10 dicembre 2001 e scadenza 31 gennaio 2002.

In particolare la Corte d’appello ha ritenuto non sussistere, o comunque non provata, una fattispecie specifica giustificatrice, essendosi la società limitata ad allegare generiche circostanze organizzative.

2. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la società cui resiste il lavoratore intimato che ha proposto ricorso incidentale.

La società ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i primi due motivi del ricorso principale la società Poste Italiane denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, e degli artt. 1362 e segg. cod. civ., nonchè vizio di motivazione.

Deduce in particolare l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto sussistere la ragione giustificatrice specifica del termine ex art. 25 c.c.n.l. 2001 nonchè D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1 che era stata indicata nell’accentuazione dell’attività lavorativa del periodo delle festività natalizie. Da una parte il ricorso al fatto notorio avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a ritenere sussistente la ragione giustificatrice dell’apposizione del termine. E comunque era stata chiesta – ma non ammessa – la prova sul punto.

Con il terzo motivo la società censura la condanna al pagamento delle retribuzioni perchè raccordata alla messa in mora e non già all’espletamento della prestazione.

2. Con il ricorso incidentale il lavoratore intimato censura l’impugnata sentenza nella parte in cui, in riferimento al primo contratto a termine, ha ritenuto sussistere la risoluzione de rapporto per protratto disinteresse alla prosecuzione dello stesso e quindi in sostanza per mutuo consenso.

Inoltre deduce il mancato assolvimento dell’onere probatorio, da parte di Poste Italiane, della allegata ragione giustificatrice dell’apposizione del termine.

3. Vanni innanzi tutto riuniti i giudizi proposti con il ricorso principale e con il ricorso incidentale avendo ad oggetto la medesima sentenza.

4. I primi due motivi del ricorso principale sono fondati, come già ritenuto da questa Corte (Cass., sez. lav., 25 luglio 2008, n. 20488) nella stessa fattispecie in cui l’apposizione del termine era stata parimenti giustificata a norma dell’art. 25 del c.c.n.l. 11 gennaio 2001, per esigenze tecniche, produttive ed organizzative della struttura operativa ove viene assegnata, connesse anche al maggior traffico del prossimo periodo delle festività natalizie.

Ha osservato la Corte nella citata pronuncia – e qui ribadisce – quanto segue: “Premesso che non è contestata l’applicabilità alla fattispecie della disciplina di cui all’art. 25 c.c.n.l. del 2001 in applicazione della norma transitoria contenuta nel D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, comma 2, deve osservarsi che questa Corte Suprema (cfr. Cass. 26 settembre 2007 n. 20162), decidendo su una fattispecie di contratto a termine stipulato in base alla citata norma collettiva, ha cassato la sentenza del giudice di merito che, sulla base di una motivazione analoga a quella svolta dalla sentenza impugnata, aveva dichiarato l’illegittimità del termine;

la S.C. ha osservato, in linea generale, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, e successive modifiche nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis, convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79, – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolali all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti sindacali hanno individuato, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, quella di cui al citato art. 25 del c.c.n.l. 11 gennaio 2001;

in particolare, quale conseguenza della suddetta delega in bianco conferita dal citato art. 23, ha precisato, richiamando molteplici decisioni della S.C. (cfr., ad esempio, Cass. 20 aprile 2004 n. 9245) che i sindacati, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti;

premesso che l’art. 25 del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contralti a termine, quella di incrementi di attività, per punte di più intensa attività stagionale deve ritenersi viziata l’interpretazione dei giudici del merito che, sull’assunto dell’assoluta genericità della disposizione in esame, ha affermato che la stessa non contiene alcuna autorizzazione ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra i singoli contratti e le esigenze aziendali cui gli stessi sono strumentali;

siffatta interprelazione è infatti affetta da vizi di violazione degli artt. 1362 c.c. e ss., e vizi di motivazione:

in primo luogo, la formulazione letterale della disposizione contrattuale non contiene elementi idonei ad esprimere il riscontrato significato riduttivo;

inoltre il presupposto, anche se non del tutto esplicitato, che è alla base di siffatta interpretazione, è che soltanto così intesa la clausola collettiva sarebbe conforme a legge (art. 1367 c.c.);

significativo in proposito è il riferimento alla sussistenza di un rapporto tra regola (contratto a tempo indeterminato) ed eccezione (durata determinata); l’interpretazione accolta dai giudici di merito (anche con riferimento specifico al caso in esame) si muove quindi pur sempre nella prospettiva che il legislatore non avrebbe conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962; l’interpretazione dell’accordo è stata, perciò, condizionata dal pregiudizio che le parti stipulanti non avrebbero potuto esprimersi considerando le specificità di un settore produttivo (quale deve considerarsi il servizio postale, nella situazione attuale di affidamento ad un unico soggetto) e autorizzando Poste Italiane s.p.a. a ricorrere (nei limiti della percentuale fissata) allo strumento del contratto a termine, senza altre limitazioni, con giustificazione presunta del lavoro temporaneo; questo “pregiudizio”, erroneo alla stregua del principio di diritto sopra enunciato, determina l’erroneità dell’interpretazione secondo cui l’accordo sindacale avrebbe autorizzato la stipulazione dei contratti di lavoro a termine solo nella sussistenza concreta di un collegamento tra l’assunzione del singolo lavoratore e le esigenze di carattere straordinario richiamate per giustificare l’autorizzazione, con riferimento alla specificità di uffici e di mansioni”.

5. Il terzo motivo del ricorso principale è assorbito.

6. Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.

La Corte d’appello, con tipica valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità, ha ritenuto – confermando analoga valutazione in fatto del giudice di primo grado – l’intervenuta risoluzione anticipata del rapporto di lavoro il 28 settembre 1999.

Ha poi aggiunto la Corte d’appello – con una doppia motivazione, sul punto – che il lavoratore aveva contestato la causale delle “esigenze eccezionali”, mentre il primo contratto era stato stipulato per sostituzione di personale in ferie.

In proposito deve comunque ribadirsi quanto già affermato in fattispecie analoga da questa Corte (Cass., sez. lav., 30 agosto 2007, n. 18293), secondo cui la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, consente alla contrattazione collettiva di individuare nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine al contratto di lavoro, senza che sussista alcun vincolo che imponga l’individuazione di figure di contratto omologhe a quelle previste dalla legge; non può pertanto ritenersi che l’ipotesi, contenuta nella contrattazione collettiva, della sostituzione di un lavoratore assente per ferie mediante assunzione a tempo determinato debba rispettare la prescrizione di indicare il nome del lavoratore sostituito, in analogia a quanto prescritto dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. B, per il caso di sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto (nella fattispecie, con riferimento a controversia avente ad oggetto la richiesta di declaratoria di nullità di un contratto a termine, stipulato dalla Soc. Poste Italiane spa per la sostituzione di dipendenti assenti per ferie, ai sensi del C.C.N.L. 26 novembre 1997, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato invalido il contratto a termine perchè non dimostrava la necessaria correlazione fra le esigenze dedotte e l’assunzione a termine di un determinato soggetto).

7. Il secondo motivo del ricorso incidentale è assorbito.

8. In conclusione va accolto il ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale; l’impugnata sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

PQM

La Corte, riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

 

 

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