Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14912 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 06/07/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 06/07/2011), n.14912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giuseppe Mazzini n.

134, presso lo studio dell’Avv. Fiorillo Luigi, che la rappresenta e

difende come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.D.D., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Paraguay n. 5, presso lo studio dell’Avv. Rizzo Claudio, che la

rappresenta e difende per procura a margine del controrocorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma

6763/2007 del 16/10.2007/15.06.2009 nella causa iscritta al n. 1764

R.G. dell’anno 2005.

Udita la relazione svolta in Camera di Consiglio dal Consigliere

Dott. Alessandro De Renzis in data 14.06.2011;

Udito l’Avv. Claudio Rizzo per il controricorrente;

vista la relazione ex art. 380 bis c.p.c. in data 18.04.2011 del

Cons. Alessandro De Renzis;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. dott. FINOCCHI

GHERSI Renato, che ha concluso riportandosi alle conclusioni

dell’anzidetta relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Con ricorso, depositato il 12.11.2003, D.D.D., premesso di essere stata assunta dalle POSTE ITALIANE S.p.A. sulla base di un contratto a termine per il periodo dal 12.12.1997 al 31.01.1998 e di un secondo contratto per il periodo dal 3.01.2000 al 29.02.2000, conveniva tale società per sentir accertare la nullità del termine apposto ai suddetti contratti con conseguente riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dalla prima assunzione. La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Roma, ha dichiarato la nullità della clausola del termine apposta al primo contratto e ha dichiarato che tra le parti era stato instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza 12.12.1997.

Le Poste Italiane ricorrono per cassazione con tre motivi. Resiste la lavoratrice con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

2. La ricorrente con il primo motivo del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 2 nonchè della L. n. 56 del 1987, art. 23 sostiene che l’impugnata sentenza è erronea per non avere considerato che il potere dei contraenti collettivi di individuare nuove ipotesi di assunzione a termine, in aggiunta a quelle normativamente previste, stabilito dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 può esser esercitato senza limiti di tempo, tenuto conto che tale legge non prevede alcun limite temporale al riguardo (in questo senso è formulato il quesito do diritto a pag. 5 del ricorso). Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 dell’art. 8 del CCNL del 26.11.1994, degli accordi sindacali del 25.09.1997, del 16.01.1998, del 27.04.1998, del 2.05.1998, del 24.05.1999, del 18.01.2001, in connessione con gli artt. 1361 e 1362 c.c.. In particolare la ricorrente sostiene che il giudice di appello non avrebbe considerato che gli accordi successivi a quello del 25.09.1997 avevano valenza ricognitiva della condizione legittimante in fatto il contratto a termine, senza circoscrivere il ricorso a tale strumento solo al periodo temporale considerato, ossia fino al 30.94.1998.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione circa un fatto decisivo, per non avere esposto il giudice di appello il percorso argomentativo seguito per affermare – il limite temporale del 30.04.1998, come termine finale dell’accordo integrativo del 25.09.1997, laddove i successi- vi accordi non avevano efficacia integrativa, ma soltanto ricognitiva.

Ciò posto, il ricorso può essere accolto per quanto di ragione in relazione al primo contratto in base alle seguenti considerazioni.

La Corte di Cassazione ritiene che la L. n. 56 del 1987, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva a possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. n. 230 del 1962, art. 1 nonchè dal D.L. n. 17 del 183, art. 8 bis (convertito nella L. n. 79 del 1983) – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali pertanto non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (cfr. SU. N. 4588 del 2 marzo 2006). Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a temine, quella di cui a l’accordo integrativo del 25.09.1997, la giurisprudenza considera corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativo sottoscritto in data 1.06.1998, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.01.1998 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino 30.04.1998), delle situazioni di fatto legittimanti le esigenze eccezionali menzionate dal detto contratto integrativo.

Consegue che, avendo le parti collettive raggiunto originariamente una intesa priva di termine ed avendo successiva, mente stipulato accordi attuativi con fissazione di un limite temporale alla possibilità di procedere ad assunzioni a temine, fissato inizialmente al 30.01.1998 e poi al 30.04.1998, l’indicazione di tale causale nel contratto legittima l’assunzione solo ove il contratto scada in data non successiva al 30.04.1998 (ex plurimis Cass. n. 18378 del 23 agosto 2006).

La giurisprudenza ha anche ritenuto corretta nella ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.01.2001, in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, quando il diritto si era ormai perfezionato.

I contratti scadenti (o comunque stipulati) al di fuori del limite temporale del 30.04.1998 sono illegittimi, perchè non rientrano nel complesso legislativo – collettivo costituito dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 e dalle successive disposizioni collettive che consentono la deroga alla L. n. 230 del 1962.

3. Ciò precisato, alla stregua del richiamato indirizzo giurisprudenziale va ritenuto nel caso di specie valido il primo contratto (12 dicembre 1997/31 gennaio 1998), perchè intervenuto prima dell’anzidetta data del 30 aprile 1998, mentre è da considerare invalido il secondo contratto (3 gennaio 2000/29 febbraio 2000), che si colloca dopo la richiamata data.

Conseguentemente il rapporto a tempo indeterminato decorre dal 3 gennaio 2000.

3. In conclusione il ricorso va accolto nei limiti indicati per quanto di ragione e per l’effetto la sentenza impugnata va cassata.

Ricorrono le condizioni per poter decidere nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, sicchè va dichiarato che tra le parti si è instaurato il rapporto a tempo indeterminato dal 3 gennaio 2000. Si ravvisano giustificate ragioni, atteso l’esito della controversia, per compensare le spese del giudizio di legittimità per 2/3, con condanna della controricorrente al pagamento del residuo terzo, liquidato come da dispositivo. Si confermano le statuizioni della sentenza impugnata sulle spese dei giudizi di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione al primo contratto, e, decidendo nel merito, dichiara che tra le parti si è instaurato il rapporto a tempo indeterminato dal 3 gennaio 2000. Conferma le statuizioni della sentenza impugnata in ordine alle spese dei giudizi di merito. Compensa per due terzi le spese del giudizio di cassazione e condanna la controricorrente al pagamento del residuo terzo, che liquida in tale misura in Euro 10,00 per esborsi e d Euro 400,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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