Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14908 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/06/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 21/06/2010), n.14908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1435-2009 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA

DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PATTERI ANTONELLA, giusta delega in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 808/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 23/05/2008 r.g.n. 270/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2010 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato BOER PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO CARLO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza del Tribunale di Grosseto – che aveva accolto la domanda di C.R., collocato in pensione presso il Fondo di previdenza del personale di volo (cd. Fondo volo), intesa ad ottenere la rideterminazione della quota di pensione erogatagli dall’INPS in capitale, ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34, mediante applicazione del coefficiente previsto dal D.M. 19 febbraio 1981, anzichè di quello utilizzato dall’Istituto previdenziale – ha ritenuto il ricorrente decaduto dall’azione giudiziaria ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (nel testo di cui al D.L. n. 103 del 1991, art. 6, conv. in L. n. 166 del 1991 e al D.L. n. 384 del 1992, art. 4, conv. in L. n. 438 del 1992), osservando che la relativa disciplina – sostitutiva, per la sua portata generale, di quella specificamente dettata dalla L. n. 859 del 1965, art. 55 per i ricorsi, amministrativi e giudiziali, esperibili nei confronti dei provvedimenti dell’INPS concernenti le prestazioni previste dalla stessa legge per gli iscritti al “Fondo volo” – regola anche le situazioni nelle quali, come in quella controversa, si ponga in discussione il criterio con cui l’Istituto previdenziale ha proceduto alla determinazione dell’ammontare della prestazione ed aggiungendo che alla decorrenza del termine decadenziale (di natura sostanziale), previsto dall’art. 47 cit., non è di ostacolo la presentazione del ricorso amministrativo che sia intervenuta, come nella specie, dopo la scadenza dei termini (300 giorni) previsti per l’esaurimento del procedimento aperto dalla istanza dell’assicurato.

Di questa sentenza il pensionato domanda la cassazione deducendo quattro motivi di impugnazione, illustrati con memoria. L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, come interpretato, integrato e modificato dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 (conv. in L. n. 166 del 1991) e dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (conv. in L. n. 438 del 1992), il ricorrente sostiene la inapplicabilità del termine di decadenza previsto dalle disposizioni di legge citate nei casi in cui, come nella specie, non si controverta sulla sussistenza del diritto alla prestazione previdenziale, ma soltanto sulla correttezza (rispetto alla esatta entità legale) dell’importo della medesima, così come liquidato dall’Istituto previdenziale.

2. Nel secondo motivo, sempre con denuncia di violazione delle norme citate, si assume che, pur a voler ritenere operante il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, in ogni caso, la decadenza non potrebbe investire la quota (virtuale) di pensione capitalizzata compresa nel triennio precedente la data di deposito del ricorso giudiziale.

3. Nel terzo motivo, ancora con denuncia di violazione dell’art. 47 cit., che l’ivi previsto termine di decadenza non può decorrere allorchè, nel provvedimento con cui l’ente previdenziale comunica l’accoglimento della domanda e l’importo attribuito, manchino (come nel caso di specie) le indicazioni prescritte nel quinto comma della suddetta norma con riguardo ai rimedi amministrativi e giudiziali esperibili dall’interessato.

4. Nel quarto motivo, con denuncia di violazione e falsa applicazione della L. n. 859 del 1965, art. 34, della Legge Finanziaria n. 244 del 2007, art. 2, comma 503, e della tabella/tariffa di cui al D.M. 19 febbraio 1981, il ricorrente, sul presupposto della fondatezza dei precedenti motivi, chiede che la causa sia rinviata ad altro giudice per l’esame della domanda di riliquidazione, sulla quale la Corte territoriale non si è pronunciata, ritenendo assorbente l’eccezione di decadenza formulata dall’INPS. In subordine, e per il caso che questa Corte ritenga di decidere tale domanda considerando applicabile al rapporto controverso la norma della citata legge finanziaria, si chiede che venga sollevata questione di legittimità costituzionale della norma medesima per violazione degli artt. 3 e 38 Costituzione.

5. Il ricorso va accolto con riferimento alle censure di cui al primo motivo, restando assorbite, per l’effetto, quelle ulteriormente svolte dal ricorrente.

6. Va premesso che il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (nel testo interpretato e modificato dall’art. 6 del convertito D.L. n. 103 del 1991, e, successivamente dal convertito D.L. n. 384 del 1992), ha disciplinato ex novo tutta la materia della decadenza dall’azione giudiziale in materia di prestazioni previdenziali, implicitamente abrogando, quindi, (anche) la disciplina al riguardo dettata nella L. n. 859 del 1965, art. 55. La decadenza prevista dal detto art. 47 può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in ragione della sua piena compatibilità con il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. (cfr. Cass., sez. un., n. 26019 del 2008), e opera anche in mancanza della avvenuta comunicazione del provvedimento amministrativo di rigetto (cfr. Cass., Sez. un., n. 12718 del 2009).

7. Tuttavia, in relazione alla domanda proposta nella controversia qui in esame, la ripetuta decadenza non può operare.

Decisivo è il rilievo che, nella sentenza n. 12720 del 2009, le Sezioni unite di questa Corte, componendo un contrasto di giurisprudenza sorto nell’ambito della Sezione lavoro, hanno affermato il principio che la decadenza prevista dal D.P.R. 30 aprile 1970, art. 47 non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento della prestazione già riconosciuta in un importo inferiore al dovuto, come avviene allorchè l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale, ovvero ne abbia negato una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale.

Tale principio torna applicabile nella specie, essendosi accertato nel giudizio di merito che il ricorrente aveva chiesto in via amministrativa la capitalizzazione di una quota di pensione ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34 e che l’Istituto, nel provvedere sulla domanda, aveva liquidato la prestazione in misura inferiore a quella richiesta, applicando coefficienti di capitalizzazione diversi da quelli pretesi dall’interessato; ne consegue che ai fini della proposizione della domanda giudiziale intesa al riconoscimento del diritto alla riliquidazione della prestazione nella misura asseritamele dovuta non poteva operare la decadenza, che, come detto, riguarda solo la domanda giudiziale intesa all’accertamento del diritto alla prestazione previdenziale e non già quella che verte esclusivamente sulla correttezza dei criteri di liquidazione di una prestazione già riconosciuta e attribuita.

8. Va perciò cassata la sentenza impugnata, che ha erroneamente applicato la decadenza alla domanda di riliquidazione proposta; e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bologna, perchè provveda alla definizione della controversia attenendosi al principio sopra enunciato.

9. Il giudice di rinvio provvedere sulle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

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