Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14907 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/06/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 21/06/2010), n.14907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10468-2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 163, presso lo studio dell’avvocato D’ALESSIO GIORGIO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 595/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 23/01/2007 R.G.N. 712/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato D’ALESSIO GIORGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO CARLO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Venezia P.M. conveniva in giudizio l’Inps ed esponeva: di essere titolare di un trattamento di quiescenza erogato dall’Inpdap, quale ex dipendente dell’Arsenale Militare, sul quale percepiva l’indennità integrativa speciale; di essere titolare di altro trattamento pensionistico erogato dall’Inps, sul quale era stata corrisposta fino al 1995 la quota aggiuntiva di scala mobile di cui alla L. n. 160 del 1975, art. 10; che l’Inps gli aveva comunicato che avrebbe provveduto al recupero delle somme erogate per quota aggiuntiva di scala mobile dal 1 gennaio 1985 al 31 agosto 1995, poichè la L. n. 843 del 1978, art. 19 aveva disposto che per i titolari di più pensioni l’indennità integrativa speciale era dovuta una sola volta e l’interessato percepiva detta indennità sulla pensione erogata dall’Inpdap; che il provvedimento di recupero era illegittimo. Ciò premesso il ricorrente chiedeva che fosse accertata l’insussistenza dell’indebito e che l’Istituto fosse condannato a restituirgli gli importi trattenuti.

Nella resistenza dell’Inps, il Tribunale accoglieva la domanda.

L’appello proposto dall’Inps veniva respinto dalla Corte di Appello di Venezia con la sentenza qui impugnata, sul rilievo che il divieto di cumulo stabilito dalla L. n. 843 del 1978, art. 19 non è applicabile nell’ipotesi di godimento di due pensioni, di cui una sia a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e l’altra a carico dello Stato.

Per la cassazione di tale sentenza l’Inps ha proposto ricorso con due motivi. Il pensionato ha resistito con controricorso illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso l’Inps, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c., osserva che con un primo motivo di appello aveva lamentato che il caso in esame riguarda l’ipotesi di cumulo dell’indennità integrativa speciale con le quote fisse di cui alla L. n. 160 del 1975, art. 10, non già l’ipotesi di cumulo di due indennità integrative speciali. Lamenta, quindi, che la Corte territoriale, mentre nulla ha argomentato in ordine al suddetto rilievo, ha invece riconosciuto il cumulo di due indennità integrative speciali, così finendo con il riconoscere al pensionato un bene della vita (indennità integrativa speciale) diverso da quello oggetto de giudizio (quote fisse).

Con il secondo motivo, denunciando violazione della L. 21 dicembre 1978, n. 843, art. 19 e successive modificazioni, della L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 10 e della L. 27 maggio 1959, n. 324, artt. 2 e 16, l’Istituto, premesso che sulla pensione da esso corrisposta non viene erogata l’indennità integrativa speciale ma la quota aggiuntiva, rileva che la L. n. 843 del 1978, art. 19, comma 2 espressamente stabilisce che il diritto alla percezione dell’i.i.s.

sul trattamento erogato dallo Stato esclude il diritto alla percezione della quota aggiuntiva sul trattamento erogato dall’a.g.o..

In controricorso il pensionato ha eccepito la inammissibilità del ricorso per errata applicazione dell’art. 366 bis c.p.c. assumendo che i quesiti di diritto non erano stati formulati in modo corretto dall’Istituto. Il rilievo è infondato poichè i quesiti formulati dal ricorrente riassumono in modo chiaro la questione di diritto sottoposta all’esame della Corte.

Nella discussione orale il difensore del sig. P. ha eccepito altresì l’inammissibilità del ricorso per difetto di regolare procura alle liti, poichè la procura in calce al ricorso dell’Inps risulta rilasciata al difensore dall’avv. S.G.P., senza alcuna ulteriore specificazione dalla quale potere desumere la rappresentanza sostanziale dell’Ente da parte del mandante. La censura è priva di pregio. Nel fascicolo di parte dell’Inps risulta allegata la procura generale per il conferimento del mandato alle liti rilasciata in data 20.10.2003 all’avv. S. dal legale rappresentante dell’ente con rogito del notaio Lupo di Roma.

Nel merito i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono meritevoli di accoglimento.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 25616 del 2008, componendo un contrasto insorto nella Sezione Lavoro, hanno affermato il seguente principio: “La L. 21 dicembre 1978, n. 843, art. 19, comma 1, in relazione alla disciplina di adeguamento al costo della vita delle pensioni dell’assicurazione generale obbligatoria fondata sulla corresponsione di quote aggiuntive di importo uguale per tutte le pensioni, di cui alla L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, ha escluso, a decorrere dal 1 gennaio 1979, che lo stesso soggetto, se titolare di più pensioni, comprese quelle delle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive, integrative, esclusive o esonerative dell’assicurazione generale, possa fruire su più di una pensione di tali quote aggiuntive, o dell’incremento dell’indennità integrativa speciale, o di ogni altro analogo trattamento collegato con il costo della vita. Ne consegue che questa regola trova applicazione anche nel caso di titolarità di una pensione dell’A.G.O. e di una pensione dello Stato e, in tal caso, al pensionato, come precisa il citato art. 19, comma 2, continua a corrispondersi l’indennità integrativa speciale inerente alla pensione statale e non spettano invece le quote aggiuntive sulla pensione dell’A.G.O. corrisposte dall’Inps”.

Le Sezioni Unite con la menzionata decisione, ampiamente motivata, hanno ritenuto ancora vigente il divieto di cumulo disposto dalla L. n. 843 del 1978, art. 19, non assegnando agli interventi della Corte Costituzionale richiamati dalla ricorrente effetti abrogativi della predetta norma. Infatti le sentenze della Corte Costituzionale n. 172/1991 e n. 494/1993 hanno pronunciato la parziale illegittimità della L. n. 843 del 1978, art. 17, comma 1 (e non dell’art. 19) e del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 99, comma 2, con interventi “additivi” che hanno lasciato in vita e solo integrato le disposizioni impugnate, mentre i provvedimenti n. 516 e 517 del 2000 hanno dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con motivazione dalle quali è dato ricavare la persistenza nell’ordinamento del divieto di cumulo.

A tale orientamento giurisprudenziale il Collegio intende dare continuità, non ravvisando nuovi elementi che possano indurre ad una riconsiderazione del problema. Ne consegue che è del tutto legittima la pretesa dell’Inps di non essere tenta a corrispondere al P. le quote fisse sulla pensione a suo carico e di aver diritto al recupero dell’indebito corrisposto.

La questione dell’applicabilità nella specie della L. n. 88 del 1989, art. 52 – che ha disposto l’irripetibilità delle somme non dovute corrisposte dall’Inps in caso di buona fede dell’interessato – sulla quale il resistente si sofferma lungamente nella memoria ex art. 378 c.p.c., non risulta affatto trattata dalla sentenza qui impugnata, nè il pensionato ha precisato in quale scritto difensivo o verbale di causa dei giudizi di merito tale questione sia stata sollevata. Tale questione, pertanto, non può essere presa in esame sulla scorta della costante giurisprudenza di legittimità secondo cui ove una questione, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che la sollevi in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, atteso che nel giudizio di cassazione è precluso alle parti di proporre nuove questioni di diritto che postulino indagini di fatto e che non abbiano formato oggetto di gravame o di contestazioni nel giudizio di appello (cfr. tra le tante, Cass. n. 20518/2008, n. 230/2006, n. 14599/2005).

Per tutte le considerazioni sopra svolte, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da P.M..

Nulla per le spese dell’intero processo a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda proposta da P.M.. Nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

 

 

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