Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14907 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. II, 06/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 06/07/2011), n.14907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31370-2005 proposto da:

B.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato RIZZO CARLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato STRADOLINI GENNARO;

– ricorrente –

contro

S.D.G.I., S.D.C.A.;

– intimati –

sul ricorso 6653-2006 proposto da:

S.D.G.I. (OMISSIS), S.D.C.

A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DELLE ALPI 30, presso lo studio dell’avvocato CAIANIELLO SALVATORE,

rappresentati e difesi dagli avvocati CORVINO UMBERTO, MURO LUIGI;

– controricorrenti ricorrenti incidentali condizionato –

contro

B.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato RIZZO CARLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato STRADOLINI GENNARO;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 3326/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 22/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato RIZZO Carla, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato STRADOLINI Gennaro, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso principale inammissibilità o

rigetto del ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 15.7.98 B.C., premesso di aver acquistato con atto pubblico del 23.4.75 un immobile in Procida, comprensivo,tra le altre pertinenze, di un terrazzino sito a livello soprastante, oggetto tuttavia di abusiva utilizzazione da parte di S.D.C.A. e S.D.G.I., proprietari di un immobile vicino, citarono costoro al giudizio del Pretore di Napoli, nella sede distaccata di Pozzuoli, al fine di sentirsi dichiarare proprietaria del bene suddetto e condannarsi i convenuti al relativo sgombero,oltre al risarcimento dei danni.

I convenuti, costituitisi, contestarono il fondamento delle domanda, opponendo che il terrazzino ricadeva sulla copertura del loro fabbricato, edificato nel 1976, e da tale epoca era stato sempre da loro occupato; pertanto chiesero, in via riconvenzionale, di esserne dichiarati proprietari,anche nella “denegata ipotesi di preesistenza”, per usucapione. Istruita con prove testimoniali e consulenza tecnica e transitata al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli la causa ne venne decisa con sentenza del 12.6.02, di accoglimento della domanda principale e rigetto della riconvenzionale. Proposti distinti appelli, poi riuniti, dai soccombenti, resistiti dall’appellatala suddetta decisione veniva ribaltata dalla Corte di Napoli, con sentenza del 1.10-22.11.04, rigettandosi la domanda principale ed accogliendosi la riconvenzionale,con compensazione totale delle spese.

Considerava essenzialmente la corte suddetta che, dovendo la domanda attrice qualificarsi ex art. 948 e non art. 949 c.c. e spettando, pertanto, ai rivendicanti l’onere della probatio diabolica, in mancanza della stessa e tenuto conto, per converso, della particolare situazione a dislivello dei luoghi, il “terrazzino”, precariamente collegato all’immobile degli attori e costituente, invece, parte dei lastrici di copertura di quello sottostante dei convenuti, doveva considerarsi ex art. 934 c.c., anche a prescindere dal possesso ultraventennale, parte.

Tale sentenza è stata impugnata dalla B. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui hanno resistito gli S., con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, seguito da controricorso in replica della ricorrente principale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale vengono dedotte violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e connesse insufficienza e contraddittorietà della motivazione, censurandosi la qualificazione della domanda principale, in termini di rivendicazione e non di azione negatoria, cui la corte territoriale sarebbe pervenuta di ufficio, in assenza di alcuno specifico motivo d’impugnazione della controparte, senza tener conto che in concreto non si era chiesto la restituzione del terrazzino, ma soltanto la cessazione delle turbative e molestie poste in essere sullo stesso (deposito di legna da ardere) da parte dei convenuti, mentre la richiesta di accertamento del diritto di proprietà sarebbe stata funzionale soltanto alla prova della legittimazione attiva nell’esperita azione ex art. 949 c.c..

Con il secondo motivo si deduce “violazione dell’art. 2 Cost., comma 2, e art. 111 Cost., comma 2 nonchè dell’art. 101 c.p.c., in relazione alla prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 948 c.c.”, con conseguente “nullità del procedimento e della sentenza,ai sensi dell’art. 260 c.p.c., nn. 3 e 4”, per avere il giudice di appello, con la suddetta qualificazione, esigente una prova più rigorosa rispetto a quella documentale fornita dall’attrice in primo grado, introdotto una nuova questione giuridica, in ordine alla quale detta parte non avrebbe potuto più svolgere le proprie difese, tenuto conto delle preclusioni istruttorie verificatesi.

Con il terzo motivo, vengono dedotte violazione e falsa applicazione 112 c.p.c. in relazione alla declaratoria di acquisto della proprietà del terrazzino per accessione ex art. 934 c.c. e nullità della sentenza, in relazione alle medesime norme costituzionali e processuali sopra richiamate,per avere, anche in questo caso introdotto una tematica di giudizio diversa da quella proposta dai convenutane avevano invocato l’usucapione a sostegno della domanda riconvenzionale, così indebitamente modificandone la causa petendi.

Con il quarto motivo l’appellante principale lamenta infine insufficiente motivazione su punto decisivo e violazione degli artt. 952 e 954 c.c., perchè,anche a prescindere dalle patite violazioni dei propri diritti di difesa, l’attrice avrebbe comunque dimostrato documentalmente, con apposita clausola contenuta nel proprio titolo del 23.4.1975, su cui la corte di merito non avrebbe posto la propria attenzione, di aver acquisito la “proprietà superficiaria” del terrazzino medesimo, essendosi la parte alienante riservata la proprietà del suolo sottostante, poi pervenuta alla S.D. G. in forza di sentenza del 1991, sicchè la costruzione successivamente ivi edificata ed il sovrastante e preesistente terrazzino sarebbero rimaste due proprietà distinte.

Il ricorso è infondato, quanto ai primi tre motivi, che vanno pertanto respinti, e fondato nei limiti di seguito precisati, quanto al quarto, che va accolto per quanto di ragione. In ordine ai primi due mezzi d’impugnazione, che per la stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, deve rilevarsi che i giudici di appello, cui spettava in base al principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., il compito di qualificare la domanda nei suoi più appropriati termini giuridici, quale che fosse il nomen iuris attribuitole dalla parte istante (tra le tante e più recenti v.

Cass. nn. 6757/11, 25140/10, 23215/10, 15925/07), attenendosi ai fatti giuridicamente rilevanti dedotti a fondamento della stessa (causa petendi) ed al contenuto della conseguente pretesa, vale dire “del bene della vita” richiesto (petitum), correttamente senza introdurre alcuna sostanziale immutazione del thema decidendum e sulla base di motivata ed incensurabile attività interpretativa della domandavamo ravvisato nella stessa gli estremi della rivendicazione. Al riguardosa corte di merito ha tenuto conto che nel caso di specie l’attrice non si era limitata a dedurre un titolo di proprietà sull’ immobile in questionerà aveva espressamente chiesto di esserne dichiarata proprietaria e, conseguentemente, proposto al di là dell’improprio richiamo all’art. 949 c.p.c., una richiesta sostanzialmente recuperatoria del relativo possesso, che ex adverso veniva di fatto esercitato dalla controparte, accampando pretese petitorie sul bene e compiendo una persistente attività occupativa, di vero e proprio tipo dominicale e non qualificabile in termini di mera turbativa.

Su tali sostanziali tematiche il processo ha avuto ampio sfogo istruttorio, con prove documentali ed orali e con l’espletamento di una consulenza tecnica, sicchè non si vede quale menomazioni del diritto alla difesa possa aver subito la parte attrice, che è stata posta nelle condizioni di poter provare, come aveva chiestoci dedotto diritto di proprietà, posto a fondamento della domanda,con la quale aveva essenzialmente chiesto di riprendere possesso del bene che le appartenenva, facendo cessare quello esercitato dai convenuti.

Infondato è anche il terzo motivo,anzitutto perchè, come risulta dalla non confutata narrativa della sentenza impugnata, i convenuti non si erano limitati ad invocare l’usucapione del “terrazzino”,ma avevano anche dedotto che quest’ultimo costituiva, in realtà, parte integrante della copertura del loro sottostante fabbricato, così, a loro volta e sostanzialmente, opponendo un titolo rivendicativo ancor più radicale di quello acquisitivo ex art. 1158 c.c., che il giudice di merito;in base ai poteri officiosi di interpretazione e qualificazione giuridica in precedenza richiamati, ben avrebbe potuto porre a fondamento della decisione. A ciò aggiungasi che, alla luce del consolidato principio, secondo cui la proprietà, come ogni altro diritto reale, appartiene al novero di quelli cd. “autodeterminati”, e come tale integra essa stessa e di per sè il titolo della domanda rivendicativa (tra le tante, v. Cass. nn. 28385/10, 22598/10, 12607/10, 28228/08, 15915/07, 3089/07, 7808/99) il giudice ben avrebbe potuto porre a base del relativo accoglimento un modo di acquisto,risultante ex actis, diverso da quello segnatamente invocato.

Il fondamento parziale del quarto motivo va, invece, ravvisato nell’inadeguata valutazione, agli effetti del corretto regime probatorio nella specie applicabile, delle particolari vicende, acquisitive e traslative, specificamente dedotte, con adeguato supporto documentale, dalla parte attrice, evidenzianti la provenienza degli immobili coinvolti nella controversia da comuni danti causa, dai quali essa B. aveva acquistato nel 1975 il proprio compendio, comprensivo di un “terrazzino”, riservandosi ex art. 952 c.c., comma 2 gli alienanti la proprietà del suolo sottostante, poi pervenuta ai convenutane vi avrebbero edificato, nel 1976,il fabbricato di loro proprietà la cui copertura gli stessi assumono comprendere anche il bene ex adverso rivendicato.

In siffatte ipotesi, di derivazione dei beni da un originario unico proprietario, costituisce principio costantemente affermato da questa Corte quello, secondo cui il rivendicante non è soggetto al rigoroso onere della cd. probatio diabolica, potendo limitarsi a provare la sussistenza di un idoneo titolo derivativo di acquisto (v., tra le più recenti, Cass. nn. 22598/10, 13882/10, 9309/09).

Analoga attenuazione subisce il rigore probatorio regolante la domanda ex art. 948 c.c., nei casi in cui, come nella specie, la parte convenuta abbia opposto alla rivendicazione dell’attore, il proprio acquisto della proprietà del bene per usucapione (v. tra le altre, Cass. Nn. 5161/06, 5487/02, 12327/01, 8806/00).

In siffatto contesto, i giudici di merito avrebbero dovuto anzitutto accertare se il “terrazzino”, di cui all’atto di acquisto del 1975 prodotto dalla B., si identificasse o meno, in tutto o in parte, con il lastrico di copertura del fabbricato edificato nel 1976 dai convenuti, essendone coperto o incorporato, ed, in caso positivo,se e quale delle parti avesse, a partire da tale epoca e fino a quella dell’instaurazione del giudizio, esercitato, in via esclusiva o concorrente, il possesso sulla relativa area,traendone le relative conclusioni agli effetti della domanda principale e di quella riconvenzionale.

Dette considerazioni, se da una parte comportano l’accoglimento parziale del quarto motivo del ricorso principale, dall’altra e per converso, non possono che condurre all’accoglimento,per quanto di ragionerei ricorso incidentale condizionato (l’interesse alla cui decisione sorge dall’esito dell’impugnazione principale), con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per il mancato accertamento della fondatezza della domanda di usucapione, che i giudici di appello hanno ritenuta assorbita,i cui estremi si assume che, tra raltro, sarebbero stati sostanzialmente confermati dalla stessa B., attraverso una lettera del suo difensore e le affermazioni contenute nell’atto introduttivo del giudizio, ammissive dell’esclusivo possesso del bene da parte dei convenuti. La sentenza impugnata va, conclusivamente, cassata in relazione alle censure accolte,con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte partenopea, cui si demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta i primi tre motivi di quello principale, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il quarto motivo di tale ricorso ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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