Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14905 del 13/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 13/07/2020), n.14905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30747-2018 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO LA MALFA;

– ricorrente –

contro

SINDACO del COMUNE di MILANO SETTORE FINANZE ED ONERI TRIBUTARI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1064/8/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 13/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Considerato che:

la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale ne respingeva l’appello osservando che l’avviso di accertamento era stato consegnato tempestivamente dal Comune agli uffici delle Poste italiane il 31 dicembre 2014 come provato dalla ricevuta recante lo specifico numero identificativo della raccomandata di spedizione con la conseguenza che la notifica dell’atto impositivo è avvenuta nei termini di legge stante il fatto che il dies a quo era quello di consegna/spedizione tramite il servizio postale;

la parte contribuente proponeva ricorso affidato ad un unico motivo di impugnazione mentre il comune di Milano non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con l’unico motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3, 4 e 5, la parte contribuente afferma che la spedizione dell’atto di accertamento (momento al quale occorre guardare per valutare la tempestività o meno dell’atto stesso) è avvenuta non il 31 dicembre 2014 ma il 5 gennaio 2015;

ritenuto che il motivo di ricorso è inammissibile;

considerato infatti che – ferma la circostanza che non è contestato in diritto dal ricorrente il consolidato principio secondo cui in tema di notificazione, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002 (dichiarativa della sentenza della illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, nella parte in cui prevede che la notificazione di atti a mezzo posta si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella, antecedente di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario) deve ritenersi operante nell’ordinamento vigente un principio generale secondo il quale, qualunque sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale, almeno quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, che funge da tramite necessario del notificante nel relativo procedimento (sulla base di tale principio le sezioni unite hanno ritenuto tempestiva la notificazione a mezzo posta di un ricorso per cassazione, per la quale la spedizione all’Avvocatura Generale dello Stato, titolare della rappresentanza tecnica nel giudizio in cassazione, era avvenuta entro il termine per l’impugnazione: Cass. S.U. n. 13970 del 2004) – il ricorso contesta in fatto il giorno dell’avvenuta consegna alle Poste italiane dell’avviso di accertamento da parte del comune di Milano;

ritenuto che il motivo di ricorso è innanzitutto inammissibile per l’assenza della specifica indicazione dei motivi di ricorso per cassazione, nè è possibile una qualificazione in specifiche fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, perchè dall’articolazione dei motivi non è chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. 27 ottobre 2017, n. 25557), dal momento che sono promiscuamente denunciati – in un unico motivo – violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3, 4, e 5, con il che il motivo è specificamente inammissibile per mescolanza non scindibile dei vizi (Cass. 10 febbraio 2017, n. 3554). In effetti, nel ricorso per cassazione, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass. 14 settembre 2016, n. 18021);

ritenuto inoltre che, qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa o errata valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare con chiarezza gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (nella specie, in applicazione del principio, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale la parte si era limitata ad indicare i documenti non esaminati dal giudice di merito senza trascriverne specificamente il contenuto: Cass. n. 13625 del 2019): nella specie invece il ricorrente da un lato contesta la presenza di un timbro postale recante la data del 31 dicembre 2014 e dall’altro allega un documento senza chiare indicazioni, senza spiegare di cosa si tratti e senza collegarlo nè a questa presunta assenza di timbro nè all’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio;

ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile; nulla va statuito in merito alla spese non essendosi costituito il comune di Milano.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2020

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