Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14904 del 01/07/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14904 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA
sul ricorso 19485-2012 proposto da:
TIRALOSI MARIA TRLMRA60M58M100V, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato DISTEFANO GIUSEPPE giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrenti contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA CESAME ITALIA SRL;
– intimata avverso il provvedimento N. 835/2012 R.G. del TRIBUNALE di
CATANIA del 14/06/2012, depositato il 20/06/2012;

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Data pubblicazione: 01/07/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Claudia Calafiore (delega avvocato Giuseppe Di
Stefano) difensore della ricorrente che si riporta ai motivi del ricorso
ed insiste per l’accoglimento.

Con provvedimento depositato in data t2Oltglicr 2012, il Tribunale
di Catania rigettava l’opposizione proposta dall’odiern ricorrente,
dipendente della Cesame Italia sii., dichiarata fallita con sentenza del
Tribunale di Catania in data 13/3/2009, avverso il decreto del giudice
delegato al fallimento che aveva considerato inammissibile per tardività
la domanda (tardiva) di ammissione al passivo, avente ad oggetto il
pagamento del t.f.r. (in relazione al licenziamento intimato dalla curatela
fallimentare in data 13/9/2010 e, quindi, dopo la dichiarazione di
esecutività dello stato passivo, avvenuta il 17/11/2009). Ad avviso del
Tribunale, correttamente il giudice delegato aveva ritenuto che, al
momento della presentazione della domanda tardiva (10/1/2011), fosse
decorso il termine annuale previsto dall’art. 101, commi 1 e 4, 1. fall.
atteso che il deposito del decreto di esecutività dello stato passivo
risaliva al 17/11/2009 e che, alla data dell’intervenuto licenziamento
(13/9/2010), la lavoratrice aveva ancora a disposizione, fino alla
scadenza dell’anno, un tempo congruo (due mesi) per gli adempimenti
necessari alla predisposizione della domanda (tardiva) di ammissione al
passivo (essendo da escludere la possibilità, non normativamente
prevista, di un nuovo termine annuale decorrente dal momento in cui il
diritto poteva essere fatto valere e dovendo farsi applicazione, per la
valutazione di ammissibilità, delle regole generali di cui all’art. 101,
commi 1 e 4, 1. fall.). Rilevava, in ogni caso, il Tribunale la mancata
allegazione al ricorso della documentazione comprovante la sussistenza
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

del credito e, dunque, una carenza impeditiva dell’ammissione al
passivo, considerato che in una situazione del genere non erano
legittimamente invocabili i poteri d’ufficio.
Avverso tale decisione ricorre per cassazione la lavoratrice
affidandosi a tre motivi.

intimata.
La lavoratrice ha depositato all’udienza pubblica del 7 aprile 2012
memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va preliminarmente rilevata la tardività della memoria depositata
dalla difesa della ricorrente il giorno 7 aprile 2014 (e cioè lo stesso
giorno della udienza) poiché l’art. 378 cod. proc. civ. dispone che le parti
possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque
giorni prima dell’udienza.
2. Con il primo motivo e secondo motivo la ricorrente denuncia:
“Violazione e falsa applicazione dell’art. 101, quarto comma, della legge
fallimentare nonché degli artt. 3 e 24 della costituzione; insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art.
360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.)”. Si duole dell’interpretazione del primo
comma dell’art. 101 I. fall. privilegiata dal Tribunale ed evidenzia che il
non aver operato alcuna distinzione, al fine del decorso del termine per
la proposizione della domanda tardiva di ammissione al passivo, tra
crediti maturati prima dell’apertura del fallimento e crediti maturati nel
corso della procedura concorsuale e, dunque, l’aver escluso la
decorrenza del termine annuale per la presentazione della domanda
tardiva dalla comunicazione del licenziamento così come l’aver
considerato congruo il tempo – residuo – di soli due mesi, si risolve in
una violazione del principio di difesa e di quello del giusto processo,
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La curatela del fallimento della Cesame Italia s.r.l. è rimasta solo

ponendo il lavoratore in una condizione di disparità di trattamento
rispetto agli altri creditori. Lamenta, inoltre, che il Tribunale non abbia
ritenuto integrata una causa non imputabile, ricollegabile, nello
specifico, alla natura del credito e al momento in cui questo era sorto.
Evidenzia che, nel verificare la ragione del ritardo, si sarebbe dovuto

creditoria poteva essere fatta valere, rispetto al termine (annuale) entro il
quale occorreva depositare la domanda.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia: “Violazione e falsa
applicazione dell’art. 99 della legge fallimentare nonché degli artt. 2010
cod. proc. civ. e 111 della Costituzione; insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5,
cod. proc. civ.)”. Si duole di quanto statuito nel provvedimento di
rigetto con riguardo alla mancata allegazione al ricorso in opposizione
dei documenti giustificativi del credito. Rileva che era stato
rappresentato al Tribunale che i documenti in questione (buste paga e
CUD) erano stati già depositati in sede fallimentare e potevano essere
acquisiti d’ufficio dal giudice dell’opposizione. Richiama la
giurisprudenza di questa Corte (ed in particolare Cass. 20 novembre
2011, n. 13533) che stima necessario, anche in considerazione del più
generale dovere di cui all’art. 111 Cost., comma 6, che la discrezionalità
del giudice nell’ordinare o non l’esibizione sia supportata da un’idonea
motivazione, saldandosi tale discrezionalità con il giudizio di necessità
dell’acquisizione del documento ai fini della prova di un fatto.
4. Per il principio della ragione più liquida (che, imponendo un
nuovo approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano
dell’impatto operativo piuttosto che su quello tradizionale della coerenza
logico-sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello
dell’ordine di trattazione delle questioni cui all’art. 276 cod. proc. civ.,
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tener conto del dies a quo coincidente con il momento in cui la pretesa

con una soluzione pienamente rispondente alle esigenze di economia
processuale e di celerità del giudizio, ormai anche costituzionalizzata cfr., in termini espressi, Cass. 11 novembre 2011, n. 23621 e,
indirettamente, sulle conseguenze di tale postulato in materia di
giudicato implicito, Cass., sez. un., 12 ottobre 2011, n. 20932; Cass., sez.

29523; Cass. 16 maggio 2006, n. 11356) il ricorso deve essere respinto
sulla base della soluzione della questione posta con il terzo motivo,
assorbente, pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario
esaminare previamente tutte le altre.
5. Con il suddetto motivo la ricorrente lamenta che il giudice
dell’opposizione, invece di ordinare l’esibizione della documentazione
costituente la prova del credito, chiesta dalla parte e necessaria ai fini
della decisione della controversia, “sanando la decadenza” sancita
dall’art. 99 1. fall., abbia “espresso un rigetto a carattere punitivo”, privo
di sufficiente motivazione.
6. Il motivo non è fondato.
Il giudizio di opposizione allo stato passivo è regolato – ai sensi
dell’art. 99 1. fall. (come novellato dal d.lgs. n. 169/07) – dal principio
dispositivo come qualunque ordinario giudizio di cognizione a natura
contenziosa; in conseguenza, il materiale probatorio esaminabile è
quello prodotto dalle parti o acquisito dal giudice ex artt. 210 e 213 cod.
proc. civ., ed è solo quel materiale ad avere titolo a restare nel processo
(cfr. Cass. 8 novembre 2010, n. 22711, che, affermando detto principio,
ha confermato la sentenza con cui il tribunale non aveva acquisito
d’ufficio i documenti contenuti nella domanda di insinuazione al passivo
e non versati dal creditore nel giudizio di opposizione allo stato passivo;
si vedano, in senso conforme Cass. 19 novembre 2009, n. 24415 e Cass.
2 maggio 2006, n. 10118 nonché la più recente Cass. 12 febbraio 2014,
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un., 9 ottobre 2008, n. 24883; Cass., sez. un., 18 dicembre 2008, n.

n. 3166). Resta, dunque, escluso che il giudice dell’opposizione allo stato
passivo, in caso di omessa produzione del creditore onerato a pena di
decadenza ex art. 99, comma 2, n. 4 1. fall., sia tenuto, al fine di
procedere all’esame del merito dell’opposizione, ad acquisire il fascicolo
fallimentare per desumere eventualmente da esso elementi o argomenti

facoltà, il cui mancato esercizio non esonera la parte dalle conseguenze
del mancato assolvimento dell’onere probatorio (così Cass. 21 dicembre
2005, n. 28302; id. 5 maggio 2000, n. 5635; 9 maggio 2001, n. 6465). E’
stato ulteriormente precisato che la mancata indicazione nell’atto di
opposizione dei mezzi istruttori necessari, a prescindere dalla eccezione
della curatela fallimentare, a provare il fondamento della domanda
dell’opponente comporta la decadenza da tali mezzi, non emendabile
nemmeno con la concessione dei termini dell’art. 183, sesto comma,
cod. proc. civ., non potendosi, in particolare, concedere il termine di cui
all’art. 183, sesto comma, n. 2, previsto esclusivamente per consentire la
replica e la richiesta di mezzi istruttori in conseguenza di domande ed
eccezioni nuove della parte convenuta, laddove l’onere di provare il
fondamento della domanda prescinde da ogni eccezione di controparte cfr. Cass. 6 novembre 2013, n. 24972 -.
E’ stato invero affermato che i provvedimenti, positivi o negativi,
emessi dal giudice di merito sulla richiesta di esibizione ex art. 210 cod.
proc. civ. (ma anche, evidentemente, ex art. 213 cod. proc. civ.), sono
censurabili in sede di legittimità se non sorretti da motivazione
sufficiente; in quanto, con particolare riferimento alla denegata
ammissione del mezzo di prova, il diniego si traduce in un vizio della
sentenza qualora, in sede di controllo – sotto il profilo logico-formale e
della correttezza giuridica – dell’esame e della valutazione compiuti dal
giudice di merito, risulti che il ragionamento svolto sia incompleto,
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di prova (così Cass. 16 febbraio 2012, n. 493); trattasi, al più, di mera

incoerente o irragionevole, sempre che il mezzo di prova richiesto e non
ammesso sia diretto alla dimostrazione di punti decisivi della
controversia – così Cass. 17 marzo 2010, n. 6439; id. 20 giugno 2011, n.
6439 -. Tale principio, che comunque individua un limite nella rilevanza
e decisività del mezzo di prova, va coordinato con quello concernente

allora si comprende perché in altre decisione questa Corte abbia ritenuto
che l’esercizio del potere di emanazione (e così di diniego) dell’ordine di
esibizione, in quanto discrezionale, sia svincolato da ogni onere di
motivazione tanto da non essere sindacabile in sede di legittimità,
neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di
strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei
fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e
l’iniziativa della parte instante non abbia finalità esplorativa (così Cass.
25 ottobre 2013, n. 24188; id. 16 novembre 2010, n. 23120).
L’ordine di esibizione documentale, dunque, non può essere
richiesto ed ammesso al solo scopo di indagare se la prova possa essere
rinvenuta nei documenti stessi, altrimenti lo stesso servirebbe
inammissibilmente a supplire al mancato assolvimento dell’onere della
prova a carico della parte istante (si veda Cass. 17 gennaio 2013, n. 1147;

id. 29 luglio 2011, n. 16781; 9 giugno 2010, n. 13878; 8 agosto 2006, n.
17948; 6 ottobre 2005, n. 19475; 10 gennaio 2003, n. 149; 4 settembre
1990, n. 9146).
Orbene, nella specie, si evince dal provvedimento del Tribunale di
Catania, qui impugnato, che “i documenti offerti in produzione” erano
stati solo la “copia del provvedimento di inammissibilità della domanda
di insinuazione al passivo e l’estratto del progetto di stato passivo”.
Dunque, non erano stati allegati al ricorso le buste paga ed il CUD
già contenuti nel fascicolo di parte della domanda tardiva.
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l’onere della dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto azionato. Ed

Non vi è dubbio, allora, che la richiesta di esibizione avanzata dal
lavoratore fosse diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere
della prova, irrilevante essendo, per la natura del giudizio di opposizione
allo stato passivo sopra ricordata, che tali documenti fossero stati
prodotti in sede fallimentare.

logico il Tribunale ha dato conto delle ragioni per cui ha ritenuto di non
aderire alla richiesta di esibizione documentale della parte, sottolineando
che si trattava di documenti che “avrebbero dovuto essere prodotti, a
pena di decadenza, ex art. 99, comma 2,1. fall., unitamente al ricorso”.
La totale carenza di prova non poteva, dunque, che condurre ad un
rigetto dell’opposizione.
7.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso va,

conclusivamente, respinto.
8. Infine, nulla va disposto per le spese del presente giudizio di
legittimità essendo la curatela del fallimento della Cesame Italia s.r.l.
rimasta solo intimata.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2014.

Con motivazione giuridicamente corretta e congrua sotto il profilo

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