Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14903 del 20/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 20/07/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 20/07/2016), n.14903

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28358/2012 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE DELLE

NAVI 30, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO SORRENTINO, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 542/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 09/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato SORRENTINO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato TIDORE che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione, da parte di un dipendente dell’Enel, cessato dal servizio, del diniego di rimborso o in subordine di riduzione della ritenuta Irpef sulla capitalizzazione della sua pensione integrativa.

La CTP accoglieva il ricorso originario, ritenendo applicabile l’aliquota del 12,50% sulle somme corrisposte al contribuente, e la sentenza veniva confermata dalla CTR. Avverso tale sentenza, la Cassazione, tuttavia, pur confermando l’applicabilità della ritenuta del 12,50% sulla sola quota rappresentativa del rendimento e ribadendo la necessità della tassazione separata sulla restante parte, rilevava la necessità di un accertamento sulla natura e quantità del rendimento alla luce dell’impiego, da parte del fondo, del capitale accantonato sul mercato dei capitali, giustificandosi solo in riferimento a tale rendimento, la tassazione in ragione dell’aliquota al 12,50%.

La CTR in sede di rinvio, rigettava le richieste della parte contribuente, per mancata documentazione da parte di quest’ultima, della quantificazione del rendimento netto delle somme impiegate sul mercato finanziario, da parte del fondo.

Avverso tale sentenza, il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi (corredati di memoria illustrativa), mentre l’ufficio ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di nullità della sentenza, per violazione del principio di diritto fissato dall’ordinanza delle Cassazione, 29564/11, nonchè per elusione del dictum della stessa Corte, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto il giudice del rinvio, invece di quantificare, lui stesso, il rendimento delle somme impiegate dal fondo, sul mercato dei capitali, per determinare la parte di pensione integrativa sulla quale applicare l’aliquota del 12,50%, avrebbe ritenuto di non poter sopperire all’onere della prova incombente sulla parte contribuente, di documentare tale rendimento derivante dall’impiego delle somme del fondo sul mercato finanziario, e ciò, in virtù del principio dispositivo (art. 115 c.p.c.), per il quale “il giudice tributario, non è tenuto ad acquisire le prove in forza dei poteri istruttori attribuiti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, poichè tali poteri sono meramente integrativi e non esonerativi dell’onere principale e vanno esercitati, al fine di dare attuazione al principio costituzionale della parità delle parti nel processo, soltanto per sopperire alla impossibilità di una parte di esibire tali documenti, in possesso dell’altra”.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di violazione a falsa applicazione di legge, in particolare della L. n. 482 del 1985, art. 6, (nel testo vigente all’epoca), del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4, (nel testo vigente all’epoca) e del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, convertito nella L. n. 30 del 1997, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto i giudici d’appello non avrebbero determinato l’entità il rendimento di polizza al quale doveva applicarsi l’aliquota del 12,50%, ai sensi della normativa richiamata in rubrica.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

E’, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “La denuncia del mancato rispetto da parte del giudice di rinvio del decisum della sentenza di cassazione concreta denuncia di error in procedendo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per aver operato il giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per la cui verifica la Corte di cassazione ha tutti i poteri del giudice del fatto in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, la quale va equiparata al giudicato, partecipando della qualità dei comandi giuridici, con la conseguenza che la sua interpretazione deve essere assimilata, per l’intrinseca natura e per gli effetti che produce, all’interpretazione delle norme giuridiche (Cass. n. 6461/2005, 17564/2004, 15238/2005, 15647/2005). Nel caso di specie, questa Corte, con ordinanza n. 29564/11, in applicazione della sentenza delle sezioni unite n. 13642/11, che ha regolato definitivamente la materia che ci occupa, aveva fissato al giudice del rinvio il seguente principio: “Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere parzialmente accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata nel senso indicato e con rinvio della causa ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Lazio, perchè accerti, in coerente applicazione con il principio enunciato, il rendimento derivante dall’impiego sul mercato del capitale, costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore…”. Il giudice del rinvio, in luogo di compiere il suddetto accertamento, al quale era tenuto ai sensi dell’art. 384 secondo comma c.p.c., ha rigettato la domanda del contribuente ritenendo che fosse il contribuente a dover documentare e provare l’accertamento che questa Corte gli aveva espressamente demandato.

Va, perciò, accolto il primo motivo di ricorso e assorbito il secondo, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra Sezione della C.T.R. del Lazio affinchè accerti quanto già stabilito da questa Corte con ordinanza n. 29564/11.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il primo motivo di ricorso del contribuente e dichiara assorbito il secondo, cassa l’impugnata decisione e rinvia, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, affinchè accerti quanto già stabilito da questa Corte con ordinanza n. 29564/11.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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