Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14898 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. un., 21/06/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 21/06/2010), n.14898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di Sezione –

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di Sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23541-2009 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

U.I. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FARNESINA 355, presso lo studio dell’avvocato

AMORESANO ALESSANDRI, rappresentato e difeso dall’avvocato CORCIONE

LUIGI, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 401/2008 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 24/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2010 dal Consigliere Dott, ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato Barbara TIDORE dell’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

DOMENICO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso al Tribunale di Cagliari, giudice del lavoro, in data 12 dicembre 2003 U.I., dipendente del Ministero della Giustizia transitato dalle Ferrovie dello Stato a decorrere dal 16 gennaio 1992 a seguito della mobilità prevista dalla L. n. 554 del 1988, domandava il riconoscimento del suo diritto al computo delle concessioni di viaggio, di cui egli aveva goduto presso le Ferrovie dello Stato, nel trattamento economico a lui spettante presso il Ministero, con la condanna di quest’ultimo al pagamento delle relative differenze sin dall’anno 1992. Deduceva, a sostegno della sua pretesa, che egli, ai sensi del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, aveva diritto a percepire, se più favorevole, l’intero trattamento economico di fatto erogato al momento del trasferimento e che di tale trattamento costituivano parte integrante le predette concessioni di viaggio.

2. Costituitosi il Ministero, il Tribunale, con sentenza del 18 settembre 2006, in accoglimento della relativa eccezione preliminare dichiarava il difetto di giurisdizione de giudice ordinario in ordine alle pretese relative al periodo di lavoro anteriore al 30 giugno 1998 e, per il restante periodo, rigettava la domanda.

3. Tale decisione veniva impugnata dal dipendente in relazione al merito della pretesa e, in via incidentale, dal Ministero, che deduceva il difetto di giurisdizione anche per il periodo successivo al 30 giugno 1998; e la Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 24 ottobre 2008, respingeva l’appello incidentale e accoglieva l’appello principale condannando il Ministero a corrispondere le relative differenze, a decorrere dal 30 giugno 1998.

In particolare, la Corte territoriale rilevava che: a) ai fini della affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi del D.lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, doveva aversi riguardo ai singoli fatti materiali posti a base della pretesa, e dunque, nella specie, alla percezione di una retribuzione inferiore al dovuto nei diversi periodi di lavoro, con la conseguente attribuzione al giudice ordinario della domanda relativa ai periodi retributivi successivi al 30 giugno 1998, non rilevando, invece, il provvedimento di inquadramento economico disposto dall’Amministrazione in data 17 settembre 1993; b) le concessioni di viaggio costituivano parte integrante del trattamento economico di cui l’ U. aveva fruito alle dipendenze delle Ferrovie dello Stato, ai sensi dell’Accordo sindacale 15 maggio 1991 attuativo dell’art. 69 del C.C.N.L. del 18 luglio 1990, e pertanto dovevano essere computate nel calcolo della retribuzione dovuta dal Ministero a seguito del trasferimento, D.P.C.M. n. 325 del 1988, ex art. 5, comma 2, non rilevando, a tale fine, che l’interessato, non avendo maturato il diritto a pensione al momento del trasferimento, non avesse diritto di richiedere alle Ferrovie dello Stato il mantenimento delle medesime concessioni a norma del D.M. 15 aprile 1987.

4. Di tale decisione il Ministero della Giustizia domanda la cassazione con ricorso affidato a tre motivi di impugnazione. Il dipendente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso si articola in tre motivi, ognuno dei quali si conclude con uno specifico e puntuale quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis).

1.1. Con il primo motivo il Ministero denuncia violazione delle norme sulla giurisdizione, sostenendo che ai fini del riparto fra giudice amministrativo e giudice ordinario, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, occorreva avere riguardo all’atto di inquadramento del dipendente – in data 17 settembre 1993 – a seguito del suo trasferimento dalle Ferrovie dello Stato.

1.2. Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 1108 del 1955, art. 7, D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2, D.M. 15 aprile 1987, art. 8, art. 69 del C.C.N.L. dei ferrovieri 1990/1992, nonchè vizio di motivazione. Si sostiene che le concessioni di viaggio, originariamente previste dalla citata L. n. 1108 del 1955 in favore dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato, e successivamente disciplinate dalle altre richiamate disposizioni normative e contrattuali, non avevano natura retributiva e non potevano, perciò, considerarsi parte integrante del trattamento economico fruito dal dipendente al momento del trasferimento al Ministero della Giustizia.

1.3. Il terzo motivo denuncia violazione delle medesime disposizioni sotto il diverso profilo che il diritto al mantenimento delle concessioni di viaggio in favore del personale transitato ai sensi del D.P.C.M. n. 325 del 1988 presupponeva la condizione, nella specie insussistente, che il dipendente, al momento della mobilità, avesse maturato i requisiti ordinari di anzianità per maturare la pensione.

2. Il primo motivo, con il quale si censura l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario per il periodo successivo al 30 giugno 1998, non è fondato.

2.1. Con orientamento consolidato, le Sezioni unite precisano il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria e amministrativa con riferimento non ad un atto giuridico, o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste alla base della pretesa avanzata. Rileva perciò, esclusivamente, il periodo di maturazione delle spettanze retributive e dell’insorgenza di altri crediti, non le date di compimento degli atti di gestione del rapporto, ancorchè abbiano determinato l’insorgere della questione litigiosa, atteso che il perfezionamento della fattispecie attributiva del diritto di credito, anche sotto il profilo della sua esigibilità, consente al dipendente di accedere alla tutela giurisdizionale, indipendentemente dall’emanazione, da parte dell’amministrazione datrice di lavoro, di atti di gestione del rapporto obbligatorio (cfr. Cass., sez. un., n. 2883 del 2006; n. 1624 del 2005).

2.2. Nella specie, l’attribuzione dell’inquadramento giuridico- economico – attuatosi mediante un decreto del Direttore generale del Ministero della Giustizia – esula dall’ambito degli atti amministrativi autoritativi e si iscrive nella categoria degli atti negoziali, adottati con la capacità e i poteri del datore di lavoro, in particolare configurandosi l’attività dell’Amministrazione non come esercizio di un potere di organizzazione, ma come adempimento di un obbligo di ricognizione, finalizzato, precisamente, alla individuazione delle singole corrispondenze fra le qualifiche e i trattamenti economici previsti nell’amministrazione di provenienza e quelli vigenti presso il Ministero (cfr. Cass., sez. un., n. 28057 del 2008; n. 3188 del 2007).

2.3. Ne deriva l’attribuzione della controversia al giudice ordinario, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, in relazione al periodo di lavoro successivo alla data del 30 giugno 1998.

3. Il secondo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per l’intima connessione, sono fondati.

3.1. Il D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325 ha introdotto una particolare ipotesi di passaggio volontario ad altra Amministrazione pubblica, non riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste in materia di trattamento di quiescenza del personale delle Ferrovie dello Stato.

In particolare, l’art. 5, predetto D.P.C.M., nel prevedere, al comma 2, che il dipendente in mobilità conserva, ove più favorevole, il trattamento economico in godimento all’atto del trasferimento mediante l’attribuzione ad personam della differenza, esige un raffronto globale fra il trattamento economico in godimento e quello previsto per la qualifica di inquadramento presso la pubblica amministrazione cui il dipendente è trasferito, poichè non qualsiasi vantaggio economico viene conservato al dipendente trasferito, ma solo le voci retributive certe, predeterminate e di necessaria erogazione (cui corrisponde, ai sensi del D.P.C.M. n. 428 del 1989, l’obbligo dell’ente di provenienza di trasferire 1 relativi fondi all’ente di nuova destinazione) (cfr. Cass. n. 16476 del 2009;

n. 1916 del 1999; n. 9799 del 1998: n. 12286 del 1997). Occorre quindi verificare, in concreto, la posizione giuridico-economica del dipendente, in relazione alle concessioni di viaggio, alla stregua della disciplina applicabile ratione temporis (essendo pacifico che il passaggio al Ministero della Giustizia risale al gennaio 1992).

3.2. La L. 21 novembre 1955, n. 1108, recante disposizioni per le concessioni di viaggio sulle Ferrovie dello Stato, prevedeva che “sono … … concesse carte di libera circolazione: …… 2) per l’intera rete o per determinate percorrenze …… a) al personale della Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, in attività di servizio ed a riposo; ……” (art. 7). La stessa legge prevedeva, inoltre, il conferimento di concessioni (sotto forma di agevolazioni di viaggio di vario genere) ad una lunga serie di soggetti pubblici ed istituzionali.

3.3. La privatizzazione del servizio ferroviario, introdotta dalla L. 17 maggio 1985, n. 210, comportò che l’Ente Ferrovie dello Stato, allora costituito, da un lato, provvedesse alle sue finalità “con criteri di economicità e di efficienza e nel rispetto dei principi della normativa comunitaria” (art. 2) e, dall’altro, gestisse il rapporto con il personale dipendente con criteri privatistici e, in particolare “su base contrattuale collettiva ed individuale” (art. 21). Nell’ambito di un generale quadro di delegificazione (art. 14), dunque, la regolamentazione del rapporto di lavoro, con le modalità previste dall’art. 21, commi 2 e ss., era integralmente rimessa alla contrattazione collettiva.

3.4. Con riferimento specifico alla materia oggetto della presente controversia, deve ritenersi che il nuovo assetto giuridico disegnato con l’entrata in vigore della L. n. 210 del 1985 fosse incompatibile con le disposizioni della L. n. 1108 del 1955. Quest’ultima, infatti, poneva a carico della precedente Azienda delle Ferrovie dello Stato una serie di oneri di concessione, a favore di soggetti istituzionali o chiamati a svolgere un pubblico servizio, che erano compatibili con le allora vigenti modalità di gestione del servizio ferroviario, direttamente finanziato dal bilancio pubblico. La L. n. 210 del 1985 prevedeva, invece, che potessero essere poste a carico della nuova gestione del servizio ferroviario solo gli “obblighi di servizio pubblico” fissati con decreto del Ministro dei Trasporti, per i quali, in ogni caso, l’Ente Ferrovie dello Stato (secondo l’originaria configurazione dell’esercente privato del servizio ferroviario) acquisiva “titolo alla compensazione finanziaria dei relativi oneri in base alle norme di cui al regolamento CEE n. 1191/1969” (art. 18).

Per quanto riguarda, invece, le concessioni in favore dei dipendenti dell’Ente, non si inquadrava nell’ambito della gestione privatistica del personale – e non era compatibile con il criterio della economicità della gestione – l’imposizione per legge di un beneficio a contenuto economico, destinato a pesare sui bilanci di esercizio.

Tale situazione normativa trovò conferma nella L. 28 febbraio 1986, n. 41 (legge finanziaria dell’anno 1986), la quale stabilì che “a decorrere dal 15 gennaio 1986 tutte le concessioni gratuite di viaggio, le riduzioni e le agevolazioni tariffarle, per le quali l’Ente Ferrovie dello Stato ha diritto a compensazione ai sensi del regolamento CEE n. 1191/69, sono abolite, fatta eccezione per le concessioni gratuite di viaggio attualmente in vigore concernenti gli accompagnatori di persone invalide”, prevedendosi che fosse il Ministro dei Trasporti, ai sensi della L. n. 210 del 1985, artt. 16 e 18, a determinare, in base alle effettive esigenze, quali fossero gli oneri che lo Stato avrebbe dovuto assumersi, per esigenze di servizio pubblico (art. 10, comma 15) (cfr. Cass. n. 15293 del 2001).

3.5. In particolare, per quanto riguarda i dipendenti dell’Ente (e successivamente della Società) Ferrovie dello Stato, il D.M. 15 aprile 1987, ha disposto, all’art. 8, a partire dal 1 gennaio 1988, la soppressione dell’obbligo di rilascio delle concessioni di viaggio al personale delle Ferrovie dello Stato che sia transitato all’amministrazione dello Stato, prevedendo che a tale personale, che abbia maturato il diritto a pensione al momento del passaggio, debba essere praticato il trattamento relativo a tali concessioni riconosciuto al personale rimasto in servizio presso l’Ente, ovvero al personale a riposo della soppressa Azienda autonoma.

3.6. Infine, nell’ambito della effettiva delegificazione della materia, l’art. 69 del C.C.N.L. 1990/1992 ha previsto una nuova disciplina, di carattere esclusivamente pattizio, da attuare entro il 31 dicembre 1990 in base ad accordi fra le parti collettive.

3.7. A questa disciplina deve ascriversi l’accordo sindacale 15 maggio 1991 con cui si è convenuto, a decorrere dal 1 gennaio 1992, di rilasciare ai dipendenti in servizio e a riposo una carta di libera circolazione valida per un numero illimitato di viaggi “finchè permane titolo a godere del beneficio in base alla normativa vigente”.

3.8. Orbene, con riferimento alla controversia in esame, la ricognizione normativa e contrattuale consente di escludere che nel trattamento economico che l’ U. aveva diritto di conservare, ai sensi del D.P.C.M. n. 325 del 1988, fosse compreso il valore economico delle concessioni di viaggio, a prescindere dalla intrinseca natura retributiva del beneficio nell’ambito del rapporto di lavoro con le Ferrovie dello Stato. Invero, la disposizione del richiamato accordo sindacale, attuativa della volontà esplicitata, in generale, nel contratto collettivo, recepisce, specificamente, le limitazioni derivanti dall’intervento normativo inteso alla graduale abolizione di tali concessioni; e fra queste limitazioni è ricompresa, in particolare, quella fissata dal D.M. 15 aprile 1987, che prevede il mantenimento del beneficio, per 1 dipendenti che transitino ad altra amministrazione pubblica, a condizione che abbiano maturato il diritto a pensione al momento del trasferimento.

D’altra parte, in base a tale “razionalizzazione” del sistema delle concessioni, nell’ambito normativo sopra delineato, nonchè in relazione alla generale finalità di contenimento della spesa pubblica, il soggetto obbligato a garantire la erogazione del beneficio, pur dopo il trasferimento, in favore dei dipendenti già in possesso del predetto requisito pensionistico, va individuato, esclusivamente, nelle Ferrovie dello Stato, cosi risultando ragionevole la scelta del Legislatore, come anche delle parti collettive, di non gravare l’amministrazione pubblica di oneri economici che, riguardando benefici comunque connessi alle particolari caratteristiche e modalità della prestazione di lavoro presso le Ferrovie, non trovano invece alcuna corrispondenza nel servizio prestato presso l’ente di destinazione.

3.9. In conclusione, deve affermarsi che in materia di procedure di mobilità nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, il D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, art. 5, nel prevedere, al secondo comma, che il dipendente conserva, ove più favorevole, il trattamento economico in godimento all’atto del trasferimento mediante l’attribuzione ad personam della differenza, non si riferisce a qualsiasi vantaggio economico, ma solo alle voci retributive certe, predeterminate e di necessaria erogazione (cui corrisponde, ai sensi del D.P.C.M. n. 428 del 1989, l’obbligo dell’ente di provenienza di trasferire i relativi fondi all’ente di nuova destinazione); pertanto, in caso di procedure di mobilità riguardanti dipendenti delle Ferrovie dello Stato, non può essere considerato il vantaggio economico derivante dalle concessioni di viaggio, di cui il dipendente abbia fruito anteriormente al trasferimento, trattandosi di benefici, comunque connessi alle particolari caratteristiche e modalità della prestazione svolta presso l’ente di provenienza, la cui conservazione, a carico delle Ferrovie dello Stato (ora società per azioni), è comunque limitata, secondo la disciplina contrattuale successiva al processo di delegificazione introdotto dalla L. n. 210 del 1985 (art. 69 c.c.n.l. 1990-1992; accordo sindacale 15 maggio 1991), ai dipendenti che, al momento del trasferimento, abbiano maturato il diritto a pensione.

3.10. In virtù di tale principio le censure del Ministero si rivelano meritevoli di accoglimento; e la sentenza della Corte d’appello va dunque cassata in parte qua.

4. In conclusione, va respinto il primo motivo di ricorso e va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario per il periodo di lavoro successivo al 30 giugno 1998, mentre vanno accolti il secondo e il terzo motivo con cassazione della sentenza impugnata.

Decidendosi la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, va rigettata la domanda del dipendente, in relazione a tale periodo. La complessità delle questioni esaminate induce a compensare fra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario per il periodo successivo al 30 giungo 1998; accoglie il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda in relazione a tale periodo. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

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