Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14898 del 13/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 13/07/2020), n.14898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30597-2018 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GHIRZA

13, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA FILIPPUCCI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRA FABRIZIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale-

avverso la sentenza n. 2035/18/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VI F1 ORIO

RAGONESI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Frosinone, con sentenza n. 385/16, sez 2, respingeva il ricorso proposto da C.A. avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) per Irpef, addizionali comunali e provinciali ed altro 2009.

Avverso detta decisione il contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Lazio,sez dist. Latina, che, con sentenza 3334/18/2018, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso il contribuente sulla base di un motivo illustrato con memoria.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso ed ha proposto altresì ricorso incidentale.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso il contribuente deduce il vizio di omessa esame e/o erronea valutazione di un fatto decisivo della controversia in relazione alla prova dei poteri del sottoscrittore dell’avviso di accertamento. Ciò ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ovvero per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42

L’agenzia delle Entrate, con il ricorso incidentale, deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per non avere la sentenza di secondo grado dichiarato inammissibile l’eccezione attinente alla mancanza di validità della delega rilasciata dal titolare dell’Ufficio in quanto proposta per la prima volta in appello.

Il ricorso principale è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata ha dato atto, in primo luogo, che il contribuente aveva dedotto con l’appello che la CTP non aveva esaminata l’eccezione relativa alla sottoscrizione dell’avviso.

Successivamente,è passata ad esaminare il provvedimento di delega, rilevando preliminarmente che nel caso di specie si trattava di delega di firma e non già di delega di funzioni in ciò attenendosi all’ormai consolidato orientamento di questa Corte (vedi Cass. 24492/15;Cass. 8814/19).

E’ poi passata ad esaminare “congiuntamente” l’atto dispositivo n. 35/2014 e “l’ulteriore documentazione depositata dall’Agenzia” rilevando: a) che la destinataria della delega era D.B.G., capo dell’Ufficio controlli e funzionaria della terza area funzionale, qualifica che consentiva ad essa il rilascio della delega; b) che il firmatario di quest’ultima era il direttore provinciale P.V.; c) che i motivi delle deleghe erano menzionati d) che vi era la circoscrizione temporale delle stesse.

E’ di tutta evidenza che nel caso di specie non vi è stato alcun omesso esame sia dell’avviso di accertamento che del provvedimento di delega, avendo la Commissione regionale fatto un esaustivo esame della questione basandosi non solo sull’atto 35/2014 ma su tutta la documentazione prodotta in giudizio, come espressamente precisato.

A tale proposito deve aggiungersi l’inammissibilità della censura relativa alla mancanza di firma autografa dell’atto dispositivo 35/2014 ed al fatto che lo stesso non ha ad oggetto la delega alla sottoscrizione degli avvisi di accertamento..

Il ricorrente riporta parzialmente il contenuto dell’atto in questione ove si legge “Il Direttore provinciale in base alle attribuzioni conferitegli dalle normative vigenti dispone la rettifica e l’integrazione dell’atto dispositivo 33/2014….” Ed in relazione al quale il ricorrente deduce che l’unico potere di delega attribuito ai capi team gestione riguarda ” gli atti giudiziari e controllo annualità successive..”.

La contestazione in questione è priva di ogni rilevanza.

Infatti, è evidente che l’atto 35/2014,così come dianzi trascritto, si pone come integrativo della delega 33/2014 espressamente richiamata, che è quella che contiene il conferimento dei poteri di firma che rilevano nel presente giudizio.

Il testo della delega 33/2014 è riportato nel controricorso dell’Agenzia, che ha indicato anche il luogo di produzione in giudizio (allegato 3), da cui risulta sia il conferimento del potere di firma al capo dell’Ufficio controlli ( D.B.G.) e sia l’indicazione della tipologia di atti delegati in particolare degli atti istruttori aventi rilevanza interna ed esterna nonchè l’adozione dei relativi provvedimenti finali (in particolare per l’Ufficio controlli si prevede:avviso di accertamento maggiore imposta accertata…).

La censura in esame proposta dal ricorrente è quindi del tutto inconferente ai fini del decidere.

Risultano inoltre inammissibili in quanto non risultano in precedenza dedotte nella fase di merito le questioni concernenti il deposito tardivo da parte dell’Agenzia del provvedimento 33/2014 nonchè quella relativa alla mancanza di sottoscrizione del provvedimento 35/2014 da parte del delegante.

Va comunque osservato che l’eccezione di tardività del deposito della delega 33/2014 sollevata in memoria, oltre che inammissibile perchè tardiva, è altresì manifestamente infondata alla luce della costante giurisprudenza di questa corte secondo cui nell’ambito del processo tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti posti dall’art. 345 c.p.c., ma tale attività processuale va esercitata – stante il richiamo operato dall’art. 61 del D.Lgs. cit., alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza, con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria. (da ultimo Cass. 29087/18). Il termine in questione risulta nel caso di specie rispettato essendo l’atto stato depositato in sede di controdeduzioni in appello (come affermato dal ricorrente in memoria) e quindi ben prima dei 20 giorni liberi antecedenti l’udienza

Quanto alla mancanza di sottoscrizione da parte del delegante della delega 35/2014, la sentenza di appello fa esclusivamente riferimento al fatto che il contribuente lamentava l’illegittimità della sottoscrizione dell’avviso di accertamento ma non riporta alcuna contestazione circa la mancanza di firma del provvedimento di delega, onde tale motivo appare nuovo e quindi inammissibile.

Quanto alla seconda questione, la sentenza di appello fa esclusivamente riferimento al fatto che il contribuente lamentava l’illegittimità della sottoscrizione dell’avviso di accertamento ma non riporta alcuna contestazione circa la mancanza di firma del provvedimento di delega, onde anche tale doglianza appare nuova

Il ricorso va dunque respinto con conseguente assorbimento del ricorso incidentale.

Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 8000,00 oltre spese prenotate a debito. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2020

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