Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14896 del 15/06/2017

Cassazione civile, sez. I, 15/06/2017, (ud. 29/05/2017, dep.15/06/2017),  n. 14896

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, al viale G.

Mazzini n. 142, presso lo studio dell’Avv. Vincenzo Alberto Pennisi,

che lo rappresentata e lo difende insieme agli Avv.ti Marco De

Cristofaro e Riccardo Bonsignore Zanghì del Foro di Padova, come da

mandato steso a margine del ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

L.M., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Palmiro Franco

Tosini, del Foro di Rovigo, e Roberto Zazza, ed elettivamente

domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, al viale G. Mazzini n.

73 in Roma, come da mandato steso in calce al controricorso;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di

Venezia;

avverso la sentenza n. 2356 pronunciata dalla Corte d’Appello di

Venezia il 21.9.2015, e depositata il 12 ottobre 2015;

sentita la relazione svolta dal dott. Paolo Di Marzio;

ascoltati gli Avvocati Vincenzo Alberto Pennisi per il ricorrente e

Roberto Zazza per la controricorrente;

udite le conclusioni del P.M., dott. Sorrentino Federico, che ha

domandato rimettersi la decisione alle Sezioni Unite, ed in

subordine ha chiesto rigettarsi il ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Padova è stato adito da L.M., che ha domandato accertarsi la paternità naturale di M.G. nei suoi confronti. Il convenuto replicava che, in materia, aveva avuto a pronunciarsi già il Tribunale di Rovigo, il quale aveva rigettato le richieste di accertamento (incidentale) di paternità e risarcimento del danno proposte da controparte, pronunciando con decisione divenuta definitiva.

Il Tribunale escludeva la sussistenza di un vincolo di improponibilità della domanda, accoglieva la richiesta della L. e dichiarava la paternità naturale del M.. La Corte d’Appello di Venezia, con la ricordata sentenza, confermava la decisione di prime cure. Riteneva, infatti, che, decidendo sull’accertamento della paternità naturale in via incidentale, il Tribunale di Rovigo si fosse limitato ad una pronuncia di natura processuale, pertanto non preclusiva della riproposizione della domanda in via principale. Reputava inoltre infondata la contestazione secondo cui la odierna controricorrente fosse stata destinataria non di un’adozione ordinaria, bensì di un’adozione legittimante. Riteneva infine che, alla luce delle prove raccolte, incluso il rilievo da attribuirsi al rifiuto opposto dal ricorrente a sottoporsi alle prove ematologiche, poteva ritenersi provata la paternità del M. nei confronti della L..

Avverso la decisione della Corte d’Appello di Venezia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, Giampiero M.. Resiste con controricorso L.M..

Il ricorrente ha anche depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento, in conseguenza dell’intervenuta violazione degli art. 70 c.p.c., n. 3, e art. 158 c.p.c., non essendo stata data comunicazione della procedura all’ufficio di Procura nel corso del giudizio di appello, e non essendo stato perciò istaurato il contraddittorio nei confronti del P.M., il cui intervento pur risultava obbligatorio.

1.2. – Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione dell’art. 2909 c.c., per avere i giudici del gravame ritenuto che il rigetto della domanda incidentale di accertamento della paternità naturale, introdotta innanzi al Tribunale di Rovigo dalla odierna controricorrente, avesse natura esclusivamente processuale, e non comportasse pertanto un limite alla riproposizione della medesima domanda, purchè introdotta in via principale.

Il primo motivo di ricorso risulta fondato, e deve pertanto essere accolto. Nelle cause in materia di stato delle persone l’intervento del P.M. è obbligatorio, e la prescrizione di legge si applica con riferimento ad ogni grado del giudizio. Ove non sia possibile dimostrare che il P.M. sia comunque stato al corrente della procedura ed abbia potuto perciò svolgervi le attività di sua competenza, il vizio contestato effettivamente sussiste.

Occorre osservare che dall’esame della sentenza impugnata non risulta che il P.M. sia intervenuto nel giudizio di secondo grado, o che gli atti di causa siano stati comunque trasmessi al suo Ufficio, e neppure che alla Procura Generale territoriale sia stata almeno data comunicazione della pendenza della procedura.

Invero, occorre premettere che la Suprema Corte ha già avuto modo di chiarire, proponendo un indirizzo condivisibile, ed al quale si intende pertanto assicurare continuità, che “al fine dell’osservanza delle norme che prevedono l’intervento obbligatorio del P.M. nel procedimento, non è necessaria la presenza di un rappresentante di tale ufficio nelle udienze, nè la formulazione di conclusioni, essendo sufficiente che il P.M., mediante l’invio degli atti, sia informato del giudizio e quindi posto in condizione di sviluppare l’attività ritenuta opportuna”, Cass. n. 12223 del 2014.

In conseguenza il Collegio ha ritenuto necessario accedere al fascicolo d’ufficio, ma neppure dall’esame di tale incartamento sono emersi elementi atti a provare la conoscenza della presente procedura da parte del P.M., nel corso del secondo grado di giudizio, e neppure risulta dalla descrizione riassuntiva delle attività processuali – redatta dalla cancelleria della Corte veneziana il 6.10.2015, successivamente al deposito della minuta della decisione – che qualsivoglia comunicazione sia stata inviata al P.M., e tanto meno vi è prova che gli sia pervenuta.

In proposito, ed in circostanze invero analoghe, questa Corte ha già avuto modo di precisare, proprio nell’ambito di un giudizio relativo all’accertamento di paternità deciso dalla Corte d’Appello di Venezia, che il P.M. “ha il dovere di intervenire a pena di nullità rilevabile d’ufficio nelle cause relative allo stato delle persone”, e che, ove non vi sia prova che l’Ufficio di Procura sia stato messo in condizione di partecipare al grado di giudizio, la sentenza di secondo grado non può che essere cassata e restituita alla Corte d’Appello perchè provveda, previa trasmissione degli atti al Procuratore Generale, alla nuova trattazione e decisione della causa (Cass. n. 17664 del 2015).Questo principio è stato recentemente condiviso e riaffermato dalle stesse Sezioni Unite della Suprema Corte, con sentenza n. 1093, del 18.1.2017, e si ritiene pertanto di non poter accogliere la richiesta del Pubblico Ministero di udienza, che aveva domandato rimettersi la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione per la decisione alle Sezioni Unite.

Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere accolto, conseguendone l’assorbimento del secondo.

Occorre perciò cassare la decisione impugnata e rimettere gli atti alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione perchè, compiuti gli adempimenti di rito in favore del P.M., proceda al nuovo giudizio, provvedendo anche alla liquidazione delle spese di lite relative al presente grado del giudizio.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso proposto da M.G., cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese processuali relative al presente grado del giudizio.

Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, che, in caso di riproduzione per la diffusione della presente decisione, le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati siano omessi.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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